Bambini

lunedì 6 Febbraio, 2023

La vita che verrà è negli «esercizi di futuro»

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Per «allenarsi» a un’esistenza flessibile, vengono proposti dei laboratori nelle scuole, strutturati in tre momenti: nel primo si ritorna al passato, poi si fa un salto nel domani, per finire con un focus sul presente

Sapete che secondo l’Institute for the Future circa l’85% dei bambini e dei ragazzi di oggi, nel 2030 svolgerà una professione che ancora non esiste? Sarà quindi sempre più necessario aggiornare continuamente le proprie competenze ed essere flessibili. Ma come «allenarsi» a questa flessibilità?
«Io faccio parte di quella generazione, la Z, che è tristemente famosa per la sua incertezza», ha detto Michela Grasso nel suo speech al Tedx Salon di Trento di giovedì scorso, dedicato proprio al tema dei giovani e del futuro. I giovani vedono catastrofi ogni giorno; i social media e tutta la società impongo modelli irreali e irraggiungibili che fanno nascere in loro un senso di inadeguatezza; vivono in un mondo complesso che cambia continuamente. «Ma — continua la studentessa influencer — cresciamo anche in una società dove le nostre tappe sono distinte molto bene fino ai 18 anni: ogni anno sai cosa ti aspetta a settembre, ma poi arriva la quinta superiore che è un po’ un trauma: non sai cosa succederà l’anno dopo, ma sei consapevole che quella scelta ti cambierà la vita». Incertezza, instabilità, complessità generano ansia nei ragazzi e nelle ragazze anche per la mancanza di strumenti adeguati per affrontarle. Per questo è fondamentale aiutarli a esplorare gli scenari futuri, prevedendo possibili cambiamenti per prendere le migliori decisioni. Nel suo intervento al Tedx, Roberto Poli, professore ordinario a Trento, direttore di un master in previsione sociale e detentore di una cattedra Unesco sui sistemi anticipanti, ha portato un esempio concreto: i laboratori di futuro. «I laboratori sul futuro proposti nelle classi di scuole medie e superiori sono strutturati su tre momenti specifici. Il primo momento è un ritorno al passato. Proponiamo agli studenti e alle studentesse di farsi raccontare dai genitori com’era la vita quando loro avevano la loro età; i problemi che incontravano, le situazioni che dovevano affrontare e cosa hanno fatto per provare a superarli. È un modo per far capire ai ragazzi che i cambiamenti sono normali, ci sono sempre stati e molto presumibilmente continueranno ad esserci. E se le generazioni precedenti, in maniera più o meno adeguata, sono riuscite ad affrontarli perché non dovrebbero riuscirci loro? L’obiettivo fondamentale di questa prima fase è quello abbassare il livello di ansia. Poi si passa alla fase due: salto nel futuro. Chiediamo per prima cosa di preparare un poster che descriva i loro obiettivi futuri; successivamente di immaginare che per un qualunque motivo l’obiettivo non si possa realizzare e sia necessario prepararne uno “B”. Il “piano B” non va vissuto come fallimento; nella realtà succedono sempre tante cose che nessuno poteva prevedere, l’importante è avere quell’elemento di flessibilità che aiuta a guardarsi attorno, a capire come è fatto l’ambiente in cui si è inseriti e a trovare le opportunità che offre. Se si impara questa lezione a 11 anni ce la si porta dietro tutta la vita. Il terzo passaggio è un ritorno al presente: adesso cosa si fa? Quali decisioni si prendono? Questo passaggio è fondamentale: gli esercizi di futuro devono e sono fatti per portare a prendere decisioni, è esattamente l’obiettivo del lavoro. La capacità di prendere decisioni è importantissima soprattutto in fase di passaggio da medie a superiori e da superiori ad università o altro».