Sanità

domenica 5 Febbraio, 2023

«Mio figlio non può avere il nostro medico di base»

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Lamentele e disagi delle famiglie vengono condivisi sui social: «Scomodo cercare un professionista diverso, distante dal nostro paese»

Figli ma anche coniugi che non possono avere lo stesso medico di famiglia. Questione di numeri. Di massimali. Un ostacolo, un disagio, che si vuole superare. E a volerlo sono anche gli stessi camici bianchi.
Il problema è stato sollevato anche di recente e in forma pubblica da una mamma, che ha condiviso la sua esperienza sulle pagine social di un gruppo di famiglie trentine. «Da qualche mese i figli che passano da pediatra a medico di base non hanno più diritto ad avere lo stesso medico di base dei genitori. Ora – racconta il genitore su Facebook – mi ritrovo a dover scegliere un medico che non conosco e distante dal nostro paese… molto scomodo. Il mio medico mi consiglia di scrivere all’azienda sanitaria una lettera di lamentela, quindi invitavo anche voi se lo reputate necessario a fare lo stesso» ancora il post.
La questione è presto detta. Il figlio, il coniuge e il convivente dell’assistito già in carico a un medico di medicina generale, che facciano anagraficamente parte dello stesso nucleo familiare, è vero che possono scegliere lo stesso camice bianco. Ma non è detto che venga assegnato loro. Perché queste scelte in deroga non possono superare, in nessun caso, il 5 per cento del massimale individuale del medico. Una volta raggiunta questa soglia, quella cioè di 75 pazienti oltre i 1500 mutuati, il medico non può fare altre scelte. Nessun paziente più. E poco importa che sia, ad esempio, il figlio di una coppia che risulta già tra i suoi assistiti. Ed ecco perché ci sono alcuni familiari che sono costretti a cercare altri medici.
A fare chiarezza sulla questione è Nicola Paoli, commissario straordinario del sindacato Medici Italiani (Smi) per il Trentino. «Sono diversi i medici che chiedono di aumentare il massimale ma la normativa nazionale del 2022 non lo consente» dichiara il referente sindacale. Che fa sapere anche come la questione dovrà essere affrontata nelle dovute sedi. Al più presto. «È già stata posta al tavolo aziendale». Un comitato, questo, chiesto dallo stesso commissario Paoli appunto. Il nodo è tutto in quell’articolo del contratto nazionale vigente che blinda il numero di assistiti di uno stesso nucleo familiare. «In sede di comitato che ho sollecitato – fa sapere Paoli – , chiederò la possibilità di allargare questi numeri». Una partita che va discuta. Trovando evidentemente tecnicismi capaci di allargare le «maglie», per andare incontro alle famiglie, per evitare loro disagi organizzativi e ulteriori spostamenti. «Si possono fare degli accorgimenti se i tecnici che hanno firmato il contratto a Roma trovano il sistema per superare l’impasse – continua Paoli – Noi, come Smi, Medici Italiani, abbiamo chiesto la convocazione del tavolo e attendiamo che venga fissato».