Archivio T
venerdì 10 Febbraio, 2023
di Paolo Ghezzi
«Melchiori ha lasciato buon ricordo di sé. Sulle tele, sulle malte, sulle vetrate. Si è espresso con chiarezza ed onestà di linguaggio, si è rivolto al popolo e il popolo lo ha capito». Parola di Riccardo Maroni. A Trento, nel 1951, moriva a 60 anni Vittorio Melchiori. Pittore di nature morte, paesaggi e soggetti sacri. Pittore per il popolo. E oggi non sappiamo più dov’è, il popolo. Ne parliamo solo per i migranti (“il popolo dei barconi”). È sparito, il popolo, dai programmi e dai nomi dei partiti. Non c’è più un partito popolare (solo la Volkspartei resiste), è sparito perfino da ciò che resta degli autonomisti trentini (e il mitico condottiero del popolo pipititino Enrico Pruner non ne sarà felice). Un altro condottiero brilla, nella bella mostra di Melchiori curata da Domizio Cattoi al Museo diocesano.
È Davide di Betlemme, che Samuele scelse tra il popolo (ultimo dei figli di Iesse, o Yishai) per guidare un popolo inquieto, Israele. Melchiori lo dipinse cent’anni fa e – pur essendosi tenuto alla larga dal fascismo e dalla prima guerra – ce lo mostra vincitore statuario sul Golia di cui regge il testone mozzato. Il titolo è “L’eroe”. Un ventennio presunto eroico si era aperto un anno prima. In un meraviglioso romanzo del 1976, “Davide”, Carlo Coccioli ci racconta un futuro re meno eroico, già stanco del sangue che comincia a versare, cantore e poeta, guerriero riluttante: «Avevo camminato verso di lui” (Golia) con “l’efficace formula di protezione che, bambino, mia madre mi faceva recitare prima di addormentarmi: In nome dell’Eterno, Dio d’Israele, che Michele sia alla mia destra, Gabriele alla mia sinistra, Uriele davanti a me, Raffaele dietro di me, sopra di me Divina-Presenza. Questa formula divenne scudo sovrano. Fu così che vinsi Golia». Un’amica dal Brasile l’altro giorno ci ha “inviato” i quattro arcangeli, ospiti invisibili in casa. Strani percorsi alati tra Giudea, America latina, Trento. Il biondo, eroico, Davide di Melchiori di angeli non pare aver bisogno.
Paolo Ghezzi, giornalista e scrittore, propone «Archivio T». Un testo corsaro che ripercorre una foto del passato cercando possibili legami con il presente