Canova

mercoledì 1 Marzo, 2023

Storia di Migola, il forno che fa comunità: «Uniamo le due anime del quartiere»

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Quaranta volontari animano il panificio sociale di Canova che organizza eventi per aiutare a integrare trentini e stranieri. Caratù: «Qui si diventa ciò che si è». Boselli: «Costruiamo condivisione»

Esiste un luogo a Canova di Gardolo dove il profumo del pane si mescola con l’incontro tra persone di diverse nazionalità. «Il Forno Sociale Migola, nato nel 2015, mira a creare comunità, a partire dal pane, un oggetto comune e che sanno fare tutti, a prescindere dal luogo di provenienza», racconta Davide Boselli, giovane operatore dell’Associazione di Promozione Sociale Carpe Diem. L’associazione opera sul territorio di Gardolo e Canova dal 2003 e grazie alla collaborazione con Germogli, gruppo che realizza progetti di volontariato internazionale, è riuscita ad imbarcarsi nell’avventura del forno sociale otto anni fa. «Tutto è nato da un sogno», aggiunge Beatrice Caratù, operatrice a cui si deve l’ideazione del progetto. «A partire dal concetto tradizionale del forno come luogo di ritrovo abbiamo costruito un’iniziativa aperta a tutti coloro che abbiano voglia di ritrovarsi per impastare e scambiare due chiacchiere».
Il forno, aperto al pubblico due volte in settimana, il mercoledì e il sabato dalle 9 alle 12, è così diventato un luogo di scambio e abbattimento del pregiudizio. «Collaboriamo con diverse realtà sul territorio, tra cui Ama, la cooperativa La Rete, la Fondazione di Comunità Solidale e la Caritas», prosegue Caratù. Ai laboratori del forno sociale possono partecipare tutti. «Tra i partecipanti ci sono tante donne in pensione, stranieri, ma anche persone che stanno vivendo un momento difficile e che quindi hanno bisogno di socializzare. Si portano lievito e farina da casa, impastano il necessario per il consumo personale e mentre aspettano che lieviti si scambiano ricette e consigli. Di sabato invece ospitiamo tante famiglie con bambini piccoli», spiega Boselli. Canova è il luogo perfetto per un’iniziativa di questo tipo: il quartiere è un crocevia di persone e culture. «Si stima che gli abitanti della zona provengano da circa 55 nazioni diverse. Il forno è quindi un’occasione unica per avvicinare le due anime del quartiere, quella trentina e quella internazionale. Diventa così – ha ribadito Beatrice Caratù – un luogo di conoscenza reciproca per superare i pregiudizi. In questo modo i partecipanti perdono l’etichetta di ucraino o marocchino, ma vengono riconosciuti per chi sono, in un contesto basato su fratellanza e sorellanza universale». Per favorire ulteriormente l’integrazione a Canova, l’Aps Carpe Diem ha creato lo sportello Sponda. «È un servizio di aiuto ricerca lavoro e di assistenza nel trovare un’abitazione. Lo sportello funge da ponte tra il forno e le realtà sul territorio: a volte durante il laboratorio del pane individuiamo delle fragilità e accompagniamo le persone allo sportello. Viceversa se incontriamo a Sponda delle persone che potrebbero aver bisogno di socializzare consigliamo loro il Forno Sociale», spiega Debora Corradini, operatrice responsabile dello sportello.
Un punto di forza del Forno Sociale Migola è quindi il focus sulle persone. «È questo che vogliamo tenere a mente, anche quando vendiamo i nostri prodotti per finanziare le attività del forno», prosegue Boselli. Il progetto, sprovvisto di finanziamenti pubblici, sopravvive grazie a bandi: «Quest’anno siamo supportati dalla Fondazione Gino Lunelli». Per poter andare avanti, il Forno Migola ha anche iniziato a ideare delle strategie for profit. «Il venerdì vendiamo la pizza su ordinazione. Poi in primavera partecipiamo al mercato di S. Martino e durante il periodo natalizio abbiamo una casetta ai mercatini», continua Boselli. Parte del pane sfornato viene poi anche venduto alla Cooperativa Samuele. «Nei prossimi mesi ci piacerebbe partecipare al mercato coperto. Però, non avrebbe senso mettersi a fare pizza su pizza senza guardare chi abbiamo di fronte. Non è questo ciò che avevamo in mente quando è nato Migola otto anni fa. Il focus – sottolinea Boselli – deve restare sulla crescita della persona e della comunità». Il forno sociale, inoltre, poggia le proprie fondamenta sul lavoro di volontarie e volontarie. Migola conta ora una quarantina di volontari. «Senza di loro tutto quello che facciamo non sarebbe possibile», spiega Caratù.