Cronaca

sabato 11 Marzo, 2023

Morte di Vinitha, «è stato un incidente». La Procura vuole archiviare

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Sul caso della barista ritrovata morta nella forra del rio di Ton, gli investigatori escludono responsabilità altrui

Solo un maledetto incidente nel bosco. Una caduta da un dirupo, da un’altezza di una trentina di metri, proseguendo anche per un ulteriore tratto ruzzolando. Un volo che gli è stato fatale. Così sarebbe morta, in base agli accertamenti delegati dalla Procura, Vinitha Nicolò, la barista di 39 anni di Lavis che lo scorso 29 settembre è stata rinvenuta cadavere in fondo alla forra del Rio Pongaiola a Ton, in val di Non. L’esito dell’autopsia, che ha confermato come i traumi siano compatibili con la caduta, gli accertamenti dei carabinieri e dei colleghi del Ris di Parma, ma anche la consulenza tecnica delegata, che ha permesso di ricostruire con precisione – di tempi e luoghi – gli spostamenti delle ultime ore di vita della donna, portano infatti in un’unica direzione. Quella della caduta accidentale. Per gli inquirenti non c’è quindi alcuna responsabilità altrui nella morte della barista e mamma, che si era trasferita da poco nel comune di Predaia. Di qui la richiesta, da parte del sostituto procuratore Maria Colpani, di archiviare il fascicolo che era stato aperto all’epoca della tragedia ipotizzando l’omicidio volontario. L’ultima parola, però, spetta al giudice. Quanto alla famiglia, al momento non intende commentare.
La litigata e l’allontanamento
L’ultimo a vedere in vita la vittima, il 28 settembre scorso, è stato il compagno Claudio Piras. E proprio partendo da lui sono scaturite le indagini, poi ampliate a 360 gradi. I due, lasciato il bar di Vervò (in cui lavorava la donna), si erano spostati in un locale di Vigo di Ton, per un aperitivo con degli amici. E lì avrebbero avuto una discussione. Mentre rientravano a casa, quando era già sera, il fuoriprogramma. Lei, nervosa, tesa, avrebbe tirato il freno a mano della vettura e sarebbe scesa dall’abitacolo, incamminandosi per il sentiero e quindi addentrandosi nel bosco. Nulla di strano: era abituata a passeggiare nei boschi, anche con il calare del sole, assieme al suo cane. Ma era sola e sarebbe stata alterata, da qualche bicchiere di troppo ed emotivamente, dalla discussione avuta. Sarebbe bastato un piede in fallo ed è volata di sotto, per almeno una trentina di metri. E poi ancora oltre. Abbastanza per procurarle traumi fatali, per ucciderla sul colpo. Quando era rimasta sola, attorno alle 20.30, aveva telefonato a un amico per chiedergli aiuto. «Non sto bene, per favore vieni a prendermi» sarebbero state le sue parole. In quel momento il compagno si trovava al bar, come attestato dalle immagini delle telecamere del locale. Poco prima delle 22 Piras aveva provato a chiamare la 39enne ma il suo cellulare risultava staccato. In seguito all’allarme lanciato dai familiari erano scattate le ricerche, effettuate anche con unità cinofile e droni. Ventiquattro ore dopo la segnalazione il ritrovamento del corpo, alla forra del torrente Pongaiola. Gli accertamenti (anche tecnici e scientifici) delegati dalla Procura su auto, telefoni, abiti e luoghi, l’acquisizione di testimonianze, immagini delle telecamere posizionate lungo le strade e nei locali, assieme all’analisi delle celle agganciate dal cellulare e all’esito dell’autopsia, hanno permesso di chiarire che si è trattato solo di un incidente. Importante, in tal senso, anche la consulenza tecnica dell’ingegnere Igor Gonnella che ha ricostruito, in base a tutti gli elementi raccolti, i tragitti e gli spostamenti, con relativi orari, della barista. Le sue ultime ore di vita prima di essere tradita dal bosco che tanto amava.