Il commento

martedì 14 Marzo, 2023

Salari bassi, i sindacati: «Serve un intervento politico e integrativi per alzare le retribuzioni»

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I sindacati preoccupati da quanto emerge dal report sulle paghe in Trentino: «serve rinnovare nei tempi giusti i contratti e incentivare la contrattazione integrativa. E se la Provincia per prima non dà l’esempio, come sta succedendo con i contratti pubblici, non possiamo aspettarci che i privati facciano meglio»

Tra il 2018 e il 2020, le paghe in Trentino sono rimaste sostanzialmente immutate, i giovani sono molto più esposti di altre fasce di età a contratti precari e le donne restano ancora troppo ai margini del mercato del lavoro. Elementi che incidono sulla crescita dell’economia provinciale, oltre a influenzare l’attrattività del territorio e la sua competitività. I riverberi si notano nella crescita delle disuguaglianze, nell’inverno demografico, nella fuga di cervelli all’estero ma anche nella sostenibilità del sistema pensionistico. Lo studio «Redditi e rischi nel mercato del lavoro trentino» svolto dal Centro per gli studi sulle diseguaglianze sociali dell’Università di Trento, ha aperto il dibattito nel corso della tavola rotonda organizzata da Cgil, Cisl e Uil del Trentino – e moderata da Margherita Montanari, responsabile delle pagine di economia de «il T» – in Camera di Commercio. A confrontarsi Michele Bezzi (segretario di Cisl del Trentino), Fausto Manzana (presidente di Confindustria Trento), Luisa Gnecchi, vicepresidente Inps e Roberto Ghiselli, presidente del comitato di vigilanza dell’Inps.
I dati, secondo i sindacati, confermano l’urgenza di affrontare la questione salariale in Trentino. Rafforzamento del welfare locale, misure di sostegno alle famiglie oltre la logica dei bonus, ma anche contrattazione integrativa e utilizzo della leva pubblica per rilanciare gli investimenti delle aziende — solo quelle che rispettano i contratti sindacali maggiormente rappresentativi — le proposte lanciate. «Serve una politica dei redditi che tuteli e innalzi il potere d’acquisto del ceto medio e delle fasce meno abbienti. Per alzare le retribuzioni serve rinnovare nei tempi giusti i contratti e incentivare la contrattazione integrativa», dicono i tre segretari generali, Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti. Anche le politiche industriali dovrebbero essere orientate alla protezione del potere d’acquisto. «Per alzare le retribuzioni serve rinnovare nei tempi giusti i contratti e incentivare la contrattazione integrativa. E se la Provincia per prima non dà l’esempio, come sta succedendo con i contratti pubblici, non possiamo aspettarci che i privati facciano meglio», il commento di Michele Bezzi, segretario generale della Cisl.
A gettare ombre sull’economia trentina, oltre al valore assoluto del reddito medio annuo, rimasto pressoché bloccato ai livelli del 2018, è il confronto con l’Alto Adige. Un mercato del lavoro affine, quello bolzanino, con simili livelli di precarietà legati al lavoro stagionale, in cui però i salari sono più alti da 300 fino a 700 euro in ogni settore produttivo nell’impiego privato. «Purtroppo abbiamo perso la differenza con il resto d’Italia. Ormai il paragone con Bolzano non è più attuale, dobbiamo superare il sistema delle nano imprese e costruire realtà più grandi e innovative per competere con il Paese. Se solo un migliaio di aziende su 46 mila occupano oltre il 50% è difficile pensare di crescere», ha commentato il presidente di Confindustria Fausto Manzana. La vicepresidente dell’Inps Luisa Gnecchi ha affrontato anche il tema del divario tra uomini e donne nella partecipazione nel mercato del lavoro e nelle retribuzioni.