L'esperto
domenica 19 Marzo, 2023
di Sofia Farina
Domani, nel corso della quinta edizione del festival Agri Risk Management, si svolgerà «Non c’era una volta», un convegno focalizzato sul rapporto tra uomo, scienza e tecnologia e sulle sfide comuni da affrontare in un futuro caratterizzato dagli effetti dei cambiamenti climatici. I temi della scienza come filtro con cui interpretare la realtà, e delle sue scoperte come strumenti per l’indirizzamento dell’azione umana saranno approfonditi nel corso di due tavole rotonde, la prima delle quali vedrà come relatore Michele Lanzinger, direttore del Muse.
Il tema della tavola rotonda ruota intorno al panorama che ci aspetta. Ma oggi cosa sta accadendo?
«Il rapporto tra ambiente montano e clima è in analisi in maniera molto rigorosa da parte di numerosi istituti di ricerca. Per quanto riguarda la situazione invernale, è notizia recente il lavoro svolto da Eurac che ci fa capire come il tempo della neve si stia riducendo e in che termini questo si traduca in scenari concreti, passando dalla dimensione ambientale e climatica a quella antropica. Ci dobbiamo chiedere quanto durerà, in futuro, la stagione degli sport invernali, e quando si arriverà ad un punto di rottura in cui i costi per l’innevamento programmato supereranno la soglia dell’economicità dell’esercizio. Un altro grande tema, che è quello che si tratterà nel convegno, è quello del rischio climatico nel contesto della produzione agricola, in particolare in termini di eventi estremi che si esprimono in modalità più intense rispetto a qualche tempo fa per via delle energie che il sistema mette a disposizione. Sicuramente, un elemento fondamentale è quello della consapevolezza della necessità di ridurre, da parte di tutti, i comportamenti e atteggiamenti con un impatto sul clima».
Come il Muse si impegna nella ricerca e in particolare su quali fronti?
«Il Muse ha due principali fronti di ricerca climatologica. Il primo riguarda le misurazioni dei bilanci di massa dei ghiacciai e il monitoraggio dei trend di scioglimento e di riduzione delle masse glaciali alpine. Il secondo è quello della comprensione degli adattamenti biologici alle alte quote. Questo filone include lo studio della composizione biologica dei microrganismi e degli insetti che vivono nelle zone di confine con il ghiacciaio e del loro progressivo spostamento verso l’alto. Questo è un esempio di osservazione alla scala locale delle conseguenze di un surriscaldamento alla scala globale».
Qual è il ruolo della ricerca nella definizione delle politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici?
«La scienza mette a disposizione dei fatti sui quali vanno costruite una interpretazione, una narrazione ed una politica».
Qual è l’importanza della divulgazione scientifica, per diffondere buone pratiche?
«Ci sono due elementi che danno grande importanza alla divulgazione scientifica. Il primo è di tipo informativo, e consiste nel mettere a disposizione dei dati a cui i cittadini possano fare riferimento. Il secondo è quello della diffusione di uno spirito critico, affinché la società, in tutte le sue declinazioni, decida quali atteggiamenti intraprendere. Sono diverse le soluzioni proposte dalla scienza che vanno nella direzione di una riduzione dei consumi, di atteggiamenti consapevoli del limite, di una maggiore efficienza energetica».
Come è cambiato l’impegno del museo – in termini di attenzione ai cambiamenti climatici – negli ultimi anni?
«Il Muse sta percorrendo ora il suo decimo anno di attività, e si tratta quindi di un momento anche di bilancio e di riflessione. L’intero progetto espositivo del museo nasce nella piena consapevolezza dei problemi ambientali, di sviluppo sostenibile e di crisi climatica, che erano già conosciuti nei primi anni 2000 e che fanno parte della nostra missione. Fin dalla costituzione del museo, nell’offerta di spazi espositivi, progetti e programmi per il pubblico ed educativi per le scuole si trovano temi legati alla crisi climatica. Ad esempio, c’è attualmente un intero settore dedicato allo sviluppo sostenibile e alla riflessione sui limiti planetari, che stiamo pericolosamente sorpassando. Un aspetto che teniamo a sottolineare è quello di aver introdotto nella conversazione il tema dell’antropocene, ovvero la critica verso l’era geologica che caratterizza la nostra presenza sul pianeta terra, e che si focalizza sul rischio che stiamo correndo nel non ricorrere ad azioni di forte mitigazione dei nostri impatti ed a strategie di adattamento».
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L'intesa è stata siglata alla conferenza di Baku (Azerbaigian). Le risorse serviranno a limitare o ridurre le emissioni di gas a effetto serra
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“Tieni il tempo!” è il titolo scelto per la decima edizione del Festival, che animerà Rovereto fino a domenica. Ospite della prima giornata il famoso climatologo