Il focus
venerdì 24 Marzo, 2023
di Simone Casciano
La crisi della casa è esplosa in tutta la sua drammaticità negli ultimi mesi investendo tanto il mercato della compravendita quanto quello degli affitti. L’aumento dei tassi d’interesse ha messo in difficoltà le famiglie che avevano sottoscritto un mutuo a tasso variabile e ridotto il potere di acquisto di chi volesse sottoscriverne uno, per case che hanno prezzi ormai fuori scala rispetto ai redditi delle persone. Contemporaneamente anche il mercato degli affitti è sempre più complicato: poca offerta, tantissima domanda e prezzi inaccessibili per una parte di lavoratori e studenti fuori sede. In questo contesto che spazio rimane al pubblico? Come rilanciare l’edilizia popolare e come sostenere chi ha la capacità di stare sul mercato, ma è in una situazione di fragilità?
Di tutto questo si è parlato durante «Abitare Stanca», una due giorni di confronto e co-progettazione sul diritto all’abitare, in programma venerdì e sabato scorsi a Trento. Un evento organizzato dal Gruppo consiliare di Futura a Trento e Officina Comune proprio per fare il punto sul tema della casa.
«L’ambizione è quella di scrivere un manifesto dell’abitare – dice Anna Benazzoli di Officina Comune – Vogliamo mettere per iscritto alcuni punti fermi a cui non vogliamo rinunciare e alcune politiche che bisognerebbe implementare. Ci arriviamo insieme a tante realtà e persone che da tempo lavorano sul tema e interverranno».
Il punto di partenza di questo manifesto è stato il confronto su vari tavoli tematici organizzato sabato mattina in vari spazi del quartiere San Martino: la Bookique, la sede dell’Appm e il Cafè de la Paix. L’inaugurazione della due giorni, venerdì sera, alla sede dell’Appm in via Manzoni ha visto protagonista, tra gli altri, Sarah Gainsforth. Giornalista e ricercatrice indipendente il cui libro, «Abitare stanca. La casa un racconto politico», dà il titolo alla manifestazione.
Sarah Gainsforth, innanzitutto cos’è «Abitare Stanca»?
«È un libro a metà tra l’inchiesta e il racconto personale. Ripercorro le vicende della mia famiglia ma collegandole alla storia con la S maiuscola. Attraverso le vicende singole vengono così riflessi gli effetti delle politiche e quindi di quanto i temi della terra e della casa siano importanti per la vita delle persone»
Per lei cos’è la casa?
«La casa per me è una base, un diritto, il prerequisito per avere una vita piena e soddisfacente. Non deve essere un obiettivo da raggiungere, solo nella nostra società capitalistica la casa è diventata un privilegio, una merce. Il libro cerca di mettere in discussione questo sistema perché è proprio questa idea di casa come merce che è alla base dei problemi che stiamo vedendo».
Quali sono questi problemi?
«Ci sono interi settori della società che ormai sono esclusi dal mercato immobiliare. Eravamo abituati a pensare che il problema della casa fosse limitato agli strati più in difficoltà della popolazione, ma ora ha investito anche il ceto medio. Lavoratori, studenti, migranti tutti sono colpiti e questo ha effetti sulla società. Penso per esempio alla grande emigrazione dalle città del nord; sempre più giovani vanno via una volta laureati perché lì è impossibile vivere, mentre altri rinunciano alla carriera universitaria perché non trovano casa».
Insomma, la casa logora chi non ce l’ha?
«Sì, ma anche chi ce l’ha, se c’è un mutuo o un affitto. Questi costi ormai superano il 50% del reddito, anche perché i prezzi degli immobili sono fuori scala rispetto agli stipendi. Una cosa non casuale, dovuta all’aumento della proprietà messa in atto proprio per far crescere i valori immobiliari. Non è vero che è stata una maggiore propensione degli italiani all’acquisto a far aumentare i valori, bensì una politica economica di tante aziende che hanno diversificato investendo nell’immobiliare».
In un mercato sempre più costoso poi è arrivato Airbnb e anche il settore degli affitti è imploso.
«Esatto, ma prima di parlarne bisogna fare una premessa. In Italia c’è un problema legato al lavoro, manca terribilmente. E sempre più persone si affidano quindi alla rendita. Se ci fossero politiche attive del lavoro forse molte persone non sarebbero costrette ad arrotondare o a vivere della rendita turistica degli immobili».
E in questo contesto Airbnb è entrato con una forza prorompente.
«Esatto, attualmente l’Italia è il terzo mercato mondiale del portale online. Gli affitti brevi turistici sono il fenomeno che più di tutti ha trasformato l’abitare nelle nostre città, ma anche nelle periferie. Sempre più case sono state tolte dal mercato degli affitti, a discapito di lavoratori e studenti, e immessi in quello turistico. Un cambiamento che non mette in difficoltà solo le persone ma anche gli ecosistemi delle città, dei paesi e dei quartieri, sempre più vuoti e meno vivi. In Italia siamo colpevolmente indietro sul normare questa situazione. In altri paesi è stato messo un limite, per esempio, qui l’unica cosa che è stata fatta è un intervento fiscale, tra l’altro con cedolare secca, che tassa meno della prima aliquota sul lavoro (21% vs 23% ndr). Il differenziale di redditività è altissimo (bastano 120 giorni di Airbnb per guadagnare quanto un anno di affitto) e monopolizza il mercato».
Manca il pubblico?
«Si, dobbiamo ripartire. Siamo al grado 0 sulle politiche della casa, dobbiamo ricostruire un sistema intero. Dobbiamo pretendere un ritorno del primato del pubblico. Quindi rimettere sul mercato case che ora non ci sono, aiutare le famiglie nel pagamento degli affitti, un’edilizia pubblica che crei nuove case ma senza consumare nuovo suolo e limitare il costo degli affitti».
Insomma, propone un vero e proprio cambio di paradigma?
«Sì per troppo tempo abbiamo lasciato alla proprietà privata il primato in questa questione. Ma la casa è un diritto, non una merce. Sono concetti ben evidenti nelle politiche di altri paesi europei e dovrebbe esserlo anche da noi».
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