L'INTERVISTA

sabato 25 Marzo, 2023

Un trentino a Parigi: in piazza contro Macron

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Da un mese i cittadini protestano per la riforma previdenziale. Secondo Michele Berardi, in Francia dal 2020, la situazione rappresenterebbe una deriva che interessa più Paesi, con un’eco transnazionale

Le Le proteste e le tensioni in Francia continuano. Il malcontento cresce giorno per giorno da quando il presidente Emmanuel Macron ha fatto passare l’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni senza il voto del Parlamento, applicando l’articolo 49.3 della Costituzione. Centinaia di migliaia di persone in questo mese stanno protestando contro questa riforma. In tale contesto di rivolta sociale molti sono stati gli scioperi e molte sono state le persone scese in piazza. Tra di loro il trentino Michele Berardi, studente di Scienze Politiche, arrivato in Francia nel 2020, prima per il progetto Erasmus e poi per lavoro e per la ricerca tesi. Anche lui in piazza perché, pur non pensando di restare in Francia a lavorare e quindi non con un interesse diretto alla pensione francese, pensa che queste decisioni facciano parte di logiche che vanno oltre i confini di un unico Stato, che quindi «non sono legate esclusivamente a quello che succede in Francia», ma rappresentano «una deriva che interessa più Paesi, con un’eco transnazionale». Per questo anche Michele ha deciso di unirsi alla protesta in questo clima di fermento che sta animando tutta la Francia, «per vedere quello che succede e vederlo con i propri occhi». Una protesta, racconta, che è da un mese che scuote ininterrottamente Parigi e la Francia con «ogni settimana una o due grosse manifestazioni organizzate, scioperi di sindacati e dei trasporti», non quindi con un solo evento isolato, la manifestazione di giovedì, ma con zun movimento molto grande, su molte giornate con molta partecipazione e un movimento innanzitutto pacifico».
Michele, giovedì è sceso in piazza a Parigi, che cosa sta succedendo in Francia in questi giorni?
«Sono stato alla manifestazione, ma in realtà è da un mese che ci sono proteste in maniera quasi ininterrotta, ogni settimana ci sono una o due grosse manifestazioni organizzate, scioperi di sindacati e dei trasporti, ce ne sono stati due generali. C’è una forte mobilitazione già da un mese».
E com’era la situazione ieri?
«C’era molta gente, sempre difficile capire i numeri, perché la procura dice 100 mila e i sindacati un milione, forse la verità sta nel mezzo. Certo: c’era molta gente, la manifestazione è partita da Place de la Bastille fino ad arrivare a Place de l’Opéra. Un corteo molto pacifico, la manifestazione è stata per la maggior parte del tempo un camminare, un cantare slogan, un farsi sentire insomma. Alla fine ci sono stati un po’ più di scontri, perché la polizia ha interrotto il corteo. Questo è quello che ho visto io, che è ovviamente una visione parziale, è difficile capire davvero come si svolgono le azioni in una manifestazione così grande. Generalmente gli scontri e le violenze sono in cima al corteo. Ieri a un certo punto la manifestazione è stata interrotta da lancio di lacrimogeni, perché la polizia ha separato e troncato in due il corteo. E da quel momento in poi c’è stata una situazione più disordinata con piccole cariche, lancio di lacrimogeni, gente che si disperdeva nelle vie secondarie e un po’ di incendi all’immondizia. Ho visto anche fermate dell’autobus rotte, ma la reputo una parte minore in rapporto alla grandezza della manifestazione. C’è una frangia violenta ma ci sono anche migliaia di persone che sono molto più pacifiche. Anche perché è una manifestazione su un mese e va tenuto presente il quadro generale».
Perché si è unito alle proteste?
«Sicuramente in parte per solidarietà, perché io probabilmente non andrò in pensione in Francia e non ho interessi diretti. Ma penso che siano politiche transnazionali e che non sono legate esclusivamente a quello che succede in Francia, è una deriva che appunto interessa più paesi con un’eco transazionale. Quindi penso sia giusto andare a protestare ed è anche interessante, perché è un mese che si parla molto di questo tema in Francia e a Parigi in particolare con scioperi di trasporto, scioperi dei sindacati, che si fa sentire insomma. C’è un clima di fermento e c’è quindi una componente di interesse e curiosità di vedere quello che succede e vederlo con i propri occhi. Sono poi stato con amici francesi ed è facile quindi lasciarsi coinvolgere.
C’è qualcosa che vorresti aggiungere?
«Mi preme sottolineare il fatto che, come ho già detto, è un movimento molto grande, su molte giornate, con molta partecipazione e un movimento innanzitutto pacifico, anche se molto spesso sulla stampa internazionale, anche italiana, passa solo la parte violenta, che c’è sicuramente ed è innegabile. Ma d’altra parte è evidente che c’è una grossa frangia pacifica, tanto quanto è evidente che ci sono stati lacrimogeni, nasi rotti e cariche da parte della polizia».