L'INTERVISTA

mercoledì 29 Marzo, 2023

Rocco Papaleo a Trento: «Porto sul palco musica e poesia. Un’amica mi iscrisse di nascosto a una scuola di recitazione»

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L'attore arriva a Trento con lo spettacolo «Coast to Coast». Il suo nuovo film, «Scordato», a breve nei cinema: «Recitare nel mio paesino è stato più emozionante che scendere la scalinata dell'Ariston. Giorgia nel film? Brava e coraggiosa»

Attore, autore, regista, showman, ma anche cantante e musicista: Rocco Papaleo coltiva e pratica da 25 anni il teatro-canzone conducendo lo spettacolo tra parole e musica, tra canzoni, racconti poetici e realistici, monologhi e gag surreali. L’artista lucano sta per tornare in regione con la riedizione di «Coast to coast», uno show fatto di pensieri sparsi, brevi annotazioni e rime lasciate in sospeso che si fanno parole in musica, affiancato dalla sua band composta da Arturo Valiante al pianoforte e tasti, Guerino Rondolone ai bassi e contrabbasso, Davide Savarese ai tamburi e suoni e Fabrizio Guarino alle chitarre.
Lo spettacolo sarà presentato nella stagione del Teatro stabile di Bolzano da giovedì a domenica al teatro Comunale (giovedì e sabato alle 20.30, venerdì alle 19 e domenica alle 16), per poi fare tappa all’Auditorium del Centro S. Chiara di Trento martedì e mercoledì prossimi alle 20.30. Dal 13 al 17 aprile, Papaleo e band torneranno in Alto Adige, al Comunale di Vipiteno giovedì 13, al Forum di Bressanone venerdì 14, al Puccini di Merano sabato 15 e alla Casa Michael Pacher di Brunico lunedì 17.
Rocco Papaleo, partiamo dallo spettacolo che sta per portare in scena in regione. C’è qualche rimando al suo storico film «Basilicata coast to coast»?
«Si tratta di uno spettacolo di teatro-canzone. Il titolo racchiude un racconto, l’idea di un viaggio, non solo spaziale, ma anche nella storia di una persona. È strettamente connesso a quel genere di tono che cerco nelle mie proposte, sospeso tra divertimento e poesia. Rispetto al film, ne ricalca le atmosfere musicali, dal jazz al blues, ma è un’altra storia. Il personaggio è una sorta di mio avatar, un mio amico di infanzia con il quale sono cresciuto. Io lo racconto come se fossi lui, ma alla fine si rivela per chi è veramente: non una persona sola, ma un insieme di storie, di viaggi».
Oltre a vederla sul palco in questi giorni in «Coast to coast», tornerà a Bolzano nella prossima stagione con un nuovo spettacolo, tratto da un testo di Gogol’. Ce ne vuole parlare?
«Debutterò, in veste di attore, nella nuova produzione del Teatro stabile di Bolzano, “L’ispettore generale” di Nikolaj Gogol’. Al momento il regista Leo Muscato sta lavorando all’adattamento del testo. Io inizierò in un secondo momento. Ora sto portando a termine la tournée di “Coast to coast” e contemporaneamente promuovendo il mio nuovo film, che uscirà nelle sale il 13 aprile».
Un film, «Scordato», che lei ha diretto e che la vede anche protagonista insieme alla cantautrice Giorgia, per la prima volta sul grande schermo. Come è stato lavorare insieme?
«Il rapporto con lei è stato entusiasmante. Ci conoscevamo da tempo, ma a distanza, e finalmente siamo riusciti a incrociare le nostre specificità. Lei si è prestata al “rischio” di cimentarsi come attrice e io ho avuto il privilegio di lavorare con un’artista che stimo moltissimo e che si è rivelata bravissima, sorprendente. Giorgia ha una grossa carica di umanità, componente fondamentale per recitare, abbinata alla sua grande musicalità. D’altra parte, non è la prima volta che le incursioni musicali entrano nei miei film – ad esempio in “Basilicata coast to coast” c’era Max Gazzé – È una modalità che fa parte di una mia idea di racconto in cui coesiste la dimensione musicale. Mi è congeniale».
Cosa ha voluto raccontare nel film?
«Sono tornato sui miei passi, ovvero in Basilicata nel mio paese di origine, Lauria. “Scordato” è la storia di un accordatore di pianoforti che non riesce ad accordare se stesso. Aiutato da una fisioterapista, interpretata da Giorgia, viene guidato in un’immersione nel suo passato che lo spingerà al cambiamento. Tutto ciò avverrà attraverso un dialogo con un se stesso giovane, in una sorta di atmosfera di realismo magico».
C’è stato un incontro fondamentale che ha segnato la sua vita o la sua carriera artistica?
«Avvengono tanti incontri significativi, non solo artistici, nell’arco di una vita. Penso ai miei genitori, ai compagni di scuola, a maestri e professori, alle persone che ho incontrato, ai film e agli spettacoli che ho visto, ai libri che ho letto. Tutto ha contribuito a formare quello che sono le mie attitudini. Ma se dovessi individuare una “sliding door”, premesso che la vita ne è pervasa, una su tutte si è manifestata quando ero all’università e studiavo con poca convinzione. Una mia amica mi iscrisse a mia insaputa a una scuola di recitazione: quell’evento mi cambiò la vita».
E finì l’università?
«No».
Regista, attore, musicista, doppiatore: c’è un ruolo che predilige tra i tanti che riveste?
«La mia formazione è stata musicale e cantautorale, fin da quando ero ragazzino, poi nel tempo ho accumulato molte esperienze come attore e in altri ruoli. Oggi potrei pensare di essere un mix di tutte queste cose che si alimentano a vicenda. Se però potessi scegliere, farei il teatro canzone e anche il regista cinematografico».
Dal palcoscenico di Sanremo a quello teatrale, ai vari set cinematografici. La sua vita sarà costellata di ricordi da condividere. Ci racconta un aneddoto della sua carriera che le è rimasto particolarmente impresso?
«Direi forse un ricordo recente, ma molto significativo ed emozionante: era l’anno scorso, quando ho girato la prima scena di “Scordato” al mio paese, in una via dove ho abitato per qualche anno oltre quarant’anni fa. Mentre ero lì mi sono ritrovato a pensare proprio alla prima volta che scesi la scalinata del teatro Ariston a Sanremo. Improvvisamente mi sono reso conto che ero molto più emozionato in quel momento, in quella via di Lauria, di quanto lo fossi stato allora al festival».
Perché secondo lei?
«Credo perché mi rivelavo al mio paese nel mio ruolo per la prima volta: c’erano compaesani, ma anche parenti, e io mi sentivo in tensione, mi rivedevo in quel ragazzo che era andato via tanti anni prima, e ora era lì, in quel contesto. Ero il regista. Mi sono emozionato moltissimo, un misto di ansia e timidezza. Timidezza che di solito non ho quando lavoro».
Fa pensare a una scena di «Cinema Paradiso»…
«In un certo senso sì, sono quelle emozioni che ci riguardano tutti, che hanno a che fare con le radici, i ritorni, le identità».