Basket e associazionismo

martedì 4 Aprile, 2023

La nuova primavera della Cestistica Rivana: «Rinate dopo il covid»

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Il club storico sta vivendo una seconda giovinezza, facendo da vivaio per le atlete della serie A: «Il nostro segreto? Le giocatrici arrivano prima del risultato»

Niente cellulare: una volta in palestra si mette in una cesta e bisogna dimenticarselo per un po’. Meglio anche niente genitori sugli spalti (e comunque, se vengono, devono stare buoni e rispettare la figura dell’allenatore). Poche semplici regole per il benessere delle giovani atlete. Da qui riparte la Cestistica Rivana, storico club di pallacanestro femminile che ha cresciuto generazioni di ragazze di tutto l’Alto Garda, arrivando, nel periodo d’oro, ad essere un vivaio per la Serie A del basket rosa. E se invece il periodo d’oro fosse questo, oggi?

Star bene, prima cosa
«Certo che ci importa di vincere – dice il presidente della Cestistica Majcol D’Antuoni, eletto nel 2020, genitore di una giovane atleta («Io non sapevo nulla di basket, e tutt’ora non so niente, ma sono bravo a riempire le borracce» scherza prendendosi in giro) – ma non a tutti i costi. Dietro ognuna delle nostre atlete c’è una storia, e noi siamo qui per rispettare questa loro storia e aiutarle a viverla al meglio. Dentro e fuori dal campo». Ecco perché il presidente e il direttivo hanno introdotto la figura di una mental coach – su base gratuita e volontaria – che non vuole dare una motivazione a fare più canestri, piuttosto strumenti per vivere meglio le ansie e le paure dell’adolescenza. «Ci siamo accorti – continua D’Antuoni – che gli adolescenti oggi hanno molte difficoltà, nel quotidiano. E quindi ci siamo chiesti cosa potessimo fare, oltre al basket. Così siamo andati a cercare una figura che potesse aiutarci. Abbiamo trovato la professoressa Simonetta Chiozzini, che ci fa da mental coach. E lei è disponibile non tanto per dare degli strumenti per giocare meglio, ma diciamo per vivere meglio l’adolescenza, in particolare per fare crescere l’autostima. Non è finalizzato ai risultati sportivi, è una cosa a parte di cui ci si può servire su base volontaria».

I fondamentali dentro e fuori dal campo
«Ho girato tante società, ma solo qui ho visto questa grande attenzione alla persona e non solo all’atleta, e mi sto trovando così bene che penso a trasferirmi qui in pianta stabile». Alice Pol ha 28 anni, è di Pordenone, e ha giocato a livello professionistico (nel 2014 nella Cestistica di allora) e ora lavora come allenatrice. Lo scorso anno era da sola ad allenare l’under 13, u14 e la prima squadra. «Siamo ripartiti da zero – dice Pol, che oggi si dedica alla prima squadra e ha due colleghi, Renzo Gottoli (ex Gs Riva) ed Elena “Elenina” Omezzolli – ora il lavoro fatto paga, siamo prime nella prima fase di campionato under 15, ad esempio». Renzo Gottoli, allenatore delle «piccole» under 13 e vice in prima squadra, viene dal maschile. «Ero preoccupato per il passaggio al basket femminile – racconta – e invece…le ragazze hanno una marcia in più, e mi diverto tantissimo». E poi, dicono all’unanimità, si cerca di dare altri strumenti oltre ai fondamentali della pallacanestro. «Il rispetto, avere degli obiettivi, la correttezza verso le avversarie».

«Il basket femminile deve restare nell’Alto Garda»
La capitana della prima squadra, in Promozione, Elisa Grottolo, è tornata a giocare a basket l’anno scorso, dopo un passato da giovane talento nella Cestistica dei vecchi tempi. Ha 30 anni, e in origine il ritorno sul parquet non era motivato da un vero bisogno di coltivare la passione giovanile. Piuttosto, Grottolo tornava a giocare perché la prima squadra rischiava di sparire. Non c’erano atlete dopo due anni di covid. «La società era nuova – racconta Elisa – e serviva una mano per portare avanti la prima squadra. Così sono tornata. Non potevamo permettere che il basket femminile sparisse, nell’Alto Garda. Se manca, poi, bisogna andare fino a Rovereto». Una decisione che però ha premiato. «Qui viene prima la giocatrice rispetto al risultato della partita – spiega – e la prima squadra è fatta di ragazze dai 15 ai 30 anni. Le ragazze si sentono libere di sbagliare, che è importante. Possiamo giocare in serenità, e questo fa sì che in campo succedano cose che valgono più di una vittoria». Come, ad esempio, ragazzine che si affidano alle «colonne» più grandi, e queste ultime che le prendono sotto la propria ala in campo. Oppure, come l’anno scorso, lo spettacolo di una partita in cui, a ranghi ridottissimi, si doveva giocare senza darsi il cambio per 40 minuti, con la dirigenza che voleva ritirare la squadra per l’alto rischio di infortuni. Ma le ragazze hanno detto no, vogliamo giocare. E così la squadra avversaria chiamava i time out per far prendere fiato alle atlete dell’altra squadra. E la Cestistica ha ricambiato il favore l’anno dopo, quando la necessità è stata dell’altra squadra. Una lezione di vita prima che di sport. E alla fine, tutti a mangiare la pizza sugli spalti. Perché vincere è importante, dicono dalla Cestistica, ma di certo non è tutto.