Economia

giovedì 27 Aprile, 2023

Così cambia il Patto di Stabilità

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L’Ue ricomincia il pressing sui bilanci: più gradualità ma tagliola a chi sgarra
Paolo Gentiloni

Più gradualità e titolarità del rientro del debito per gli Stati nazionali, ma anche infrazioni automatiche per chi sfora il debito. Il “nuovo” Patto di Stabilità presentato dalla Commissione Ue segna un «capitolo» nella governance economica, perché introduce il concetto di declinare alle specificità del Paese i percorsi di rientro del debito, con piani quadriennali che ogni governo stilerà assieme a Bruxelles, proprio come i Piani di ripresa e resilienza. I valori di riferimento del 3% e del 60% del Pil per il disavanzo e il debito, stabiliti dai trattati di Maastricht, rimarranno invariati. Verrà però applicato un aggiustamento di bilancio minimo dello 0,5% del Pil all’anno come parametro di riferimento fintanto che il disavanzo rimane al di sopra del 3% del Pil.
Più flessibilità, realismo e gradualità, ma anche più severità se non si rispettano gli impegni di correzione presi. Infatti, la procedura per i disavanzi eccessivi per le violazioni del debito pubblico del valore di riferimento del 60% del Pil viene rafforzata e verrà attivata automaticamente. «Niente scuse, zero rinvii: gli Stati membri non saranno autorizzati a posticipare gli aggiustamenti di bilancio. Ciò vale anche per l’attuazione delle riforme e degli investimenti necessari», ha rimarcato il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis. C’è una possibilità per un’estensione della traiettoria fiscale di altri 3 anni «ma il piano deve contenere un insieme di riforme e investimenti che rispettino i criteri delineati». Non si tratta di un’estensione del piano, che rimane di 4 anni, ma della «traiettoria tecnica» di rientro della spesa netta. Per l’Italia si tratta dello 0,85% del Pil su 4 anni (circa 14-15 miliardi con il Pil attuale) ma è dello 0,45% su 7 anni, un’opzione, quest’ultima, che certamente conviene al nostro Paese. L’aggiustamento annuale che sarebbe richiesto all’Italia con le regole attuali è dello 0,6% per un periodo più lungo, finché l’Italia non raggiunge l’obiettivo di medio termine (0,25 surplus, non primario). Anche considerando i criteri fissati da Maastricht, nella realtà mai attuati, l’attuale regola del rientro di un 20esimo del debito vedrebbe uno sforzo del 4,5 del Pil all’anno per essere soddisfatta. Insomma, in ogni caso il nuovo Patto conviene all’Italia. E poi la traiettoria tecnica che la Commissione Ue elaborerà per ogni stato sarà il punto di partenza per le discussioni con i singoli Paesi. «Sicuramente l’Italia dovrà ridurre il livello del proprio debito, credo che non ci sia nessuno italiano che non sia consapevole, perché un debito elevato ha le difficoltà che tutti noi conosciamo – ha affermato il commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni -. Quello che possiamo dire è che quando questa riforma sarà approvata l’Italia potrà farlo in modo più graduale e in un modo che avrà deciso l’Italia, che è molto importante».
I piani daranno spazio anche agli investimenti, ma non come scorporo della spesa. Ovvero, non ci saranno “golden rule” per contabilizzare certi tipi di investimenti – come nel verde e nel digitale – in modo diverso. E per il governo italiano si tratta «certamente di un passo avanti ma noi avevamo chiesto con forza l’esclusione delle spese d’investimento, comprese quelle tipiche del Pnrr sul digitale e il Green deal, dal calcolo delle spese obiettivo su cui si misura il rispetto dei parametri», ha affermato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Storcono il naso i “falchi”, con il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, che chiarisce che le proposte Ue «non soddisfano ancora i requisiti della Germania». Il nuovo Patto è un obiettivo prioritario per l’Ue: l’intenzione è approvarlo entro dicembre, ma la strada è ancora lunga. E’ possibile immaginare che ci saranno dei primi scambi informali alla riunione dell’Ecofin di questo fine settimana a Stoccolma, ma ufficialmente potrà essere calendarizzato solo a partire dall’Ecofin del 16 giugno, per raggiungere una posizione negoziale a dicembre. Insomma, difficile che venga approvato per il 2024.