Lutto

giovedì 27 Aprile, 2023

A Vilma Perghem l’ultimo «Bella ciao»

di

Ieri il funerale della partigiana morta a 98 anni
Funerale di Vilma Perghem

«Un raro esempio di fedeltà e devozione». Così il parroco di Pomarolo don Enrico Setti ha voluto ricordare Vilma Perghem, scomparsa domenica scorsa all’età di 98 anni, nel giorno del suo funerale. Una cerimonia sobria e umile come lo è stata la sua vita, alla quale hanno partecipato circa 200 persone. Originaria di Nomi, è nota per essere stata attiva tra le staffette partigiane dell’alta Vallagarina. Assieme al marito Adamo, partigiano pure lui, ha sempre tenuto fede ai valori della resistenza. Guido Gasperotti, membro dell’Anpi, la ricorda così: «È stata una persona molto umile, non ha mai cercato la ribalta. Era una persona che parlava poco ma quando lo faceva andava dritta al punto, era capace di farsi rispettare e le sue parole non erano mai banali».

Diverse le autorità locali presenti al funerale. Dal sindaco attuale Arturo Gasperotti a quelli passati Roberto Adami e Massimo Fasanelli. Presente anche il presidente dell’Anpi del Trentino Mario Cossali e il sindaco di Nomi Rinaldo Maffei il quale ha voluto ricordarla con parole molto toccanti, dopo il saluto con il canto “Bella ciao” da parte del gruppo dello Zampognaro lagaro: «Vilma ha avuto un ruolo straordinario – ha spiegato Maffei – nella sua capacità di gestire la situazione quando il marito fu sindaco di Pomarolo durante una legislatura non facile. Da qualche giorno in televisione e sui giornali si dibatte su come si fa a definire il 25 aprile unitario e non divisivo, come sostengono alcuni. Bene, questa donna assieme alle sue due sorelle più grandi, la Mirtis e l’Antonietta, e col loro papà fecero una cosa che, vista ai tempi di oggi, dà l’idea della grandezza e della lungimiranza di questa persona. Loro imposero al paese di Nomi, anche per non tradire i sacrifici che avevano fatto, l’impossibilità della vendetta. Tre giorni dopo quel 3 maggio 1945, quando le morti di Isidoro Paissan, di Carlo Maffei ed Enrico Di Monti bruciavano ancora, hanno affermato che non si sarebbe svolta nessuna azione di vendetta, nessuna rappresaglia nemmeno nei confronti di coloro che 5 anni prima avevano massacrato in carcere Mario Springa. Hanno imposto ai partigiani dell’ultim’ora, quelli più facinorosi, il rispetto con un patto straordinario e rispettato fino alla morte di tutti i protagonisti: chi si era macchiato di quei delitti sarebbe rimasto per sempre fuori da ogni possibilità di rientrare nelle istituzioni. E così è successo. Un patto di grande responsabilità che ha consentito alle istituzioni di lavorare e collaborare. Dobbiamo ringraziare queste donne straordinarie, perché tutte le volte che mi sono confrontato con Vilma le ho sempre chiesto “Perché l’avete fatto? Perché non avete fucilato qualcuno? Perché non avete “ripulito” il paese con le mitragliatrici?”. No – diceva – noi siamo differenti, siamo diversi da loro».