Le recensioni dal Festival
martedì 2 Maggio, 2023
di Simone Casciano
La sala esaurita raccontava a sufficienza l’interesse e l’entusiasmo che Wild Life è riuscito a generare nel pubblico del Trento Film Festival. Nonostante sia stato uno degli ultimi film inseriti nel programma sono bastati i nomi dei protagonisti a richiamare un’affluenza da sold out, non banale per una replica delle 14.30 di domenica. Non poteva essere altrimenti quando i nomi in campo sono questi. Il film, distribuito da National Geographic, è stato diretto dalla premiata coppia Jimmy Chin e Elizabeth Chai Vasarhely. I registi del documentario premio oscar Free Solo, sull’impresa di Alex Honnold sulla parete El Capitàn, e dell’altrettanto fortunato Rescue, sono ormai i Re Mida dell’industria documentaristica e se questo non bastasse il film ruota attorno a due figure magnetiche, alla loro storia d’amore e al loro impegno ambientalista: Doug e Kris Tompkins. Lui è stato uno dei fondatori dell’alpinismo americano, sia con le sue imprese in montagna, tra cui si segnala una delle prime ascese sul Fitz Roy in Patagonia, che con le sue attività imprenditoriali, avendo fondato prima The North Face e in seguito Esprit. Grande amico di Yvon Chouinard, fondatore di Patagonia (a sua volta presente nel film), proprio attraverso lui conoscerà Kris Mcdivitt la donna che diventerà la sua seconda moglie quando lui, avendo già venduto la sua quota in Esprit per 150 milioni di dollari, inizia a dedicarsi al suo grande progetto conservazionista: comprare grandi fette di terreni tra Cile e Argentina per proteggerli dall’attività estrattiva e restituirli in seguito ai governi sotto forma di pachi nazionali. Durante i 93 minuti del film la vicenda personale dei due protagonisti si alterna al racconto del loro impegno ambientalista e delle resistenze riscontrate negli anni. Nell’arco narrativo tutto si muove e arriva ad un punto critico, la morte dello stesso Doug Tompkins nel 2015, momento che segna per Kris un passaggio importante e che nella seconda parte del film la vede fare i conti con il suo dolore, mentre porta avanti l’eredità della visione del marito scomparso. La maestria di Chin e Chai Vasarhely restituisce pienamente l’incanto delle terre della Patagonia e costruisce un climax funzionale ai punti di svolta dell’arco narrativo. Il risultato è una bella pellicola, che alterna sapientemente materiale di archivio a scatti attuali, non esagera con il flashback e mantiene il ritmo del racconto. Il problema forse è che alla fine dei 90 minuti sembra mancare qualcosa alla storia che viene raccontata. L’unico punto di vista che ci viene offerto è quello di Kris e Doug Tompkins. Non è presente invece alcuna critica al metodo utilizzato. Pur riconoscendo come nobile il fine, è possibile ignorare l’azione di comprare migliaia di ettari di terra e disporne a proprio piacimento? Se nel caso dei Tompkins questo è stato fatto per una giusta causa, cosa impedisce ad un’altra persona, con intenzioni ben diverse, di agire nello stesso modo? I registi non si pongono mai questa domanda, non escono dalla «bolla» degli amici e dei dipendenti della coppia nel raccontare il loro film. Non affrontano le contraddizioni, ma le danno come risolte in partenza dalla giustizia del fine che viene perseguito. Il risultato è sicuramente una bella storia, ma anche una che sembra raccontata a metà.
Voto: 6
Con la recensione di Wild Life inauguriamo il racconto dei film più interessanti del Trento Film Festival secondo la redazione de il T, nelle prossime ore e nei prossimi giorni pubblicheremo le pellicole che hanno catturato la nostra attenzione. Il nostro speciale dedicato al festival invece è disponibile qui gratuitamente