Terra madre
venerdì 5 Maggio, 2023
di Veronica Ballotta
Il ritiro dei ghiacciai provocato dal riscaldamento globale sta minacciando la biodiversità fluviale alpina. Le regioni alpine, infatti, si stanno riscaldando ad una velocità superiore alla media globale, e gli alti livelli di endemismo delle specie locali rendono la biodiversità alpina particolarmente vulnerabile al cambiamento climatico. Un team internazionale di ricercatori – tra i quali il Muse, l’unico partner italiano – ha realizzato alcune previsioni sul futuro (fino al 2100) della biodiversità nelle Alpi europee. Nello specifico, le specie di invertebrati per cui sono state realizzate delle previsioni sono 15, tra le quali un verme piatto (Crenobia alpina), e 14 insetti (8 Ditteri Chironomidi, 2 Efemerotteri, 3 Plecotteri e 1 Tricottero). Le proiezioni sulla distribuzione futura di questi invertebrati sono state realizzate per tutti i sottobacini glaciali delle Alpi al di sopra dei 2000 metri di quota, nei bacini del Po/Adige, Danubio, Reno, e Rodano, e i siti indagati dal Muse sono stati distribuiti in 5 torrenti trentini nel gruppo montuoso Adamello-Presanella e (Conca, Niscli e Cornisello) e Ortles Cevedale (Noce Bianco e Careser) e in due torrenti lombardi (Trobio e Gleno). Lo studio – pubblicato sulla rivista Nature, Nature Ecology & Evolution – ha messo a punto un nuovo metodo per fare proiezioni future in tema di biodiversità, utilizzando informazioni raccolte sui torrenti alpini in 25 anni, e mettendo in relazione i modelli di estensione futura dei ghiacciai, di influenza che i ghiacciai hanno sui torrenti che alimentano, e delle nicchie ecologiche delle specie che vivono nelle acque d’alta quota.
Questi elementi sono stati quindi utilizzati dai ricercatori per quantificare l’influenza dei ghiacciai sulla distribuzione di 15 specie di invertebrati sulle Alpi europee dal 2020 al 2100, e per capire dove potrebbero svilupparsi potenziali aree di rifugio umide per le specie di invertebrati che attualmente popolano le acque fredde. La previsione che emerge dallo studio è quella di una costante diminuzione dell’influenza glaciale sui fiumi; i ricercatori stimano, quindi, che le specie analizzate subiranno degli spostamenti di distribuzione a monte – dove persistono i ghiacciai – e, al contrario, si estingueranno dove i ghiacciai scompaiono del tutto.
Valeria Lencioni, idrobiologa e coordinatrice ambito Clima ed Ecologia del Muse, spiega che, secondo le analisi del team di esperti, entro il 2100 la maggior parte delle specie nelle Alpi europee vedrà la propria area di habitat idonei ridursi. Alcune specie subiranno perdite consistenti in tutti i bacini fluviali (come i moscerini chironomidi Diamesa latitarsis, o l’efemerottero Rhithrogena nivata); al contrario, quelle specie che non prediligono le acque di fusione glaciale – come il verme piatto Crenobia alpina e l’efemerottero Rhithrogena loyolaea – risponderanno positivamente. «Le nostre stime – afferma l’idrobiologa – individuano vincitori e perdenti in risposta al ritiro dei ghiacciai». A livello di sottobacino, l’analisi scientifica stima che, alla fine del secolo, gli habitat idonei per tutte le specie oggetto dello studio persisteranno in una serie di località (come il bacino del Reno); di conseguenze, alcune specie adattate al freddo potranno trovare rifugio dal ritiro dei ghiacciai in questi habitat, ma solo a condizione che riescano a stabilire in questi spazi delle popolazioni vitali (ovvero in grado di permettere la sopravvivenza della specie). Anche qui, si parla quindi di vincitori e perdenti: la genetica indica, ad esempio, che la dispersione attuale è possibile per alcuni insetti alati come i plecotteri, ma risulta meno probabile per specie con capacità di volo limitate come i chironomidi.
Anche i fiumi che scaturiscono dai ghiacciai rocciosi e le falde con permafrost potrebbero costituire potenziali aree di rifugio per alcune specie, ma i dati su queste zone sono attualmente insufficienti per essere incorporati nei modelli dello studio di riferimento. L’attuale situazione, quindi, indica la necessità di un cambiamento significativo nelle strategie di conservazione delle Alpi, in modo da permettere l’adattamento ai futuri effetti del riscaldamento globale. L’analisi conclude che, nel 2.100, diverse delle aree attualmente più idonee per gli invertebrati che popolano le acque fredde saranno al di fuori delle reti di aree protette esistenti: uno degli aspetti che più preoccupano i ricercatori, relativamente alla conservazione di queste aree, riguarda il fatto che gli spazi in cui i ghiacciai si manterranno fino al 2.100 potrebbero essere anche utilizzati per attività umane come l’energia idroelettrica, o lo sci.
Risulta quindi urgente anche la realizzazione di un monitoraggio più intensivo della biodiversità fluviale alpina, in modo da poter studiare la distribuzione di una più ampia gamma di specie acquatiche, e da utilizzare questa modellizzazione a sostegno delle decisioni in ambito di conservazione.
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