L'INTERVISTA
venerdì 5 Maggio, 2023
di Federica Braito, Sebastian Cavada, Elisa Sieff e Nicolò Zanon
Dorothea Wierer è il simbolo del biathlon italiano, nonché una delle biatlete più titolate del mondo, tre volte campionessa mondiale a livello individuale, due volte vincitrice della coppa del mondo; nel 2020 è salita sul gradino più alto del podio proprio nel suo paese natale, Anterselva, e nel 2022 si è aggiudicata la medaglia di bronzo alle Olimpiadi invernali di Pechino, la terza della sua incredibile carriera.
Una grande sportiva, che, nonostante la lontananza dovuta alle lunghe e numerose competizioni, è rimasta legata all’Alto Adige, anche se da tempo ha eletto Cavalese a dimora. Dorothea, che il 3 aprile ha festeggiato 32 anni, è già entrata a far parte della storia del biathlon italiano e mondiale, diventando un vero e proprio punto di riferimento per tutti coloro che praticano questa disciplina. Nel 2026 potrà disputare le Olimpiadi sulle nevi di casa, un obiettivo che l’atleta non ritiene scontato.
Dorothea, quali sono stati i risultati che più le hanno dato soddisfazione nella sua straordinaria carriera?
«È da ormai nove stagioni che sono tra le prime atlete della coppa del mondo. Percepisco ogni stagione come una nuova sfida e tutto questo mi dà sicuramente nuovi stimoli, obiettivi e aspettative, ma anche numerose pressioni. La medaglia olimpica della stagione passata ha costituito un grande traguardo per la mia carriera personale. A questo si aggiunge l’inaspettata vittoria alla Coppa del Mondo nella staffetta femminile 2023 (6 km per 4 atlete)»
Come si è approcciata per la prima volta al biathlon e cosa l’ha colpita maggiormente di questo sport?
«Pur avendo provato anche altri sport nella mia vita, il biathlon è stato l’unico a regalarmi delle emozioni uniche, tra le quali l’adrenalina. Essa infatti predomina nel momento del tiro. Quest’ultimo riequilibra la disparità che tra uomo e donna si crea nella parte sugli sci. Con la carabina puntata infatti siamo tutti allo stesso livello. E detto tra noi, mi piaceva molto battere i maschi!».
Com’è stato crescere sotto continue pressioni e come ha imparato a gestirle?
«Non è stato facile, in quanto sono stata l’unica a portare risultati in questo sport per l’Italia. Come di consueto, la gente si abitua subito più alle vittorie pretendendo da me la perfezione, giudicandomi appena mancavo il podio. Ciò è peggiorato con la diffusione dei social. Il mio consiglio di fronte a commenti poco piacevoli è questo: concentrarsi esclusivamente sulla propria vita e sugli obiettivi prefissati, lasciando perdere chi cerca solo di demotivarti».
Ha oppure hai mai pensato di affidarsi alla figura del mental coach?
«Non ho mai lavorato con un mental coach; forse in alcuni momenti ne avrei avuto bisogno, ma ho sempre cercato di uscirne da sola, prendendomi anche del tempo per me stessa. Ora, riguardando indietro, riconosco che la mia tenacia e mia testardaggine mi hanno permesso di rialzarmi sempre più forte e di imparare molte cose».
Dopo la fine della sua carriera, le piacerebbe continuare a lavorare nell’ambito sportivo o crede di seguire altre strade?
«Per ora ho fatto il corso maestri e il corso allenatori di fondo. A maggio farò il corso allenatori di biathlon. Ciò che mi piacerebbe davvero molto sarebbe poter trasmettere a bambini e ragazzi la mia passione per il mondo dello sport. L’attività sportiva, secondo me, è davvero importante, ti fa crescere e imparare un sacco di cose».
Parteciperà alle olimpiadi di Milano Cortina del 2026?
«Mi piacerebbe tantissimo. Non tutti gli atleti hanno la possibilità di fare le Olimpiadi a casa propria (le prove di biathlon si terranno ad Anterselva, paese Natale di Dorotea ndr), dove tutto è cominciato . D’altra parte però mancano ancora tre anni, che non sono pochi. Per ora mi limito a guardare il presente, ho scelto di valutare stagione per stagione le sorti del mio futuro».
Qual era il suo sogno da bambina?
«Avevo tre sogni: diventare contadina, cameriera e biatleta. Contadina perché ero innamorata di un ragazzo che aveva il Maso, cameriera perché mio papà aveva un ristorante, biatleta perché vedevo i miei fratelli praticare questo sport e volevo farlo a tutti i costi anch’io. Grazie a loro mi sono avvicinata a questa disciplina e sono potuta arrivare dove sono ora».
L'INTERVISTA
di Anna Maria Eccli
Violoncellista, sposata con un principe africano, gira il mondo per lavoro. Nella città della Quercia ha deciso di comperare un rifugio dalla vita frenetica parigina. Proprio accanto alla residenza per cui i suoi avi si indebitarono