Faccia a faccia
mercoledì 10 Maggio, 2023
di Francesca Dalrì
Una vita passata nel sociale e un’esperienza politica iniziata proprio in Comunità di valle, da presidente, nel 2010, subito dopo la creazione di quest’ente intermedio. A fine agosto Luca Sommadossi, che è anche capogruppo di maggioranza in Comune a Vallelaghi, è tornato a presiedere la Comunità della Valle dei Laghi. In agenda ha inserito i temi che gli stanno più a cuore: la partecipazione dal basso, la collaborazione tra i diversi attori del territorio, l’attenzione ai più fragili e lo sviluppo sostenibile. A disposizione ci sono solo due anni, ma i progetti non mancano, come la rinascita del Teatro Valle dei Laghi a Vezzano, in località Lusan. Tra manutenzione straordinaria prima e Covid poi, la struttura è rimasta chiusa per quasi cinque anni ed è ora interessata da lavori di efficientamento energetico (1,2 milioni di euro anche grazie al Pnrr). L’obiettivo è ripartire al 100 per cento a ottobre con la nuova stagione teatrale.
Presidente, chi gestirà in futuro il teatro?
«Non andremo più a gara come avvenuto in passato. Su mandato del Consiglio dei sindaci, abbiamo deciso di sperimentare un modello di gestione teatrale nuovo in Trentino: alle competenze specifiche del Coordinamento teatrale trentino (Ctt) – rispetto al quale stiamo valutando un affidamento diretto – affiancheremo un’associazione culturale locale che faccia da cerniera con il territorio e promuova tutte le forme di espressione artistica già presenti in valle e non solo».
Un’associazione che esiste già?
«No, un’associazione che verrà costituita ad hoc entro l’estate e di cui faranno parte enti pubblici, associazioni locali, ma anche privati cittadini interessati al promuovere la cultura in valle. Abbiamo avuto degli incontri ristretti con gli assessori locali alla cultura e i referenti delle associazioni e abbiamo già una base di una ventina di persone. Lunedì 15 alle 20.30 a Cavedine nella sala della biblioteca e mercoledì 17 alla stessa ora a Covelo nella sala comunale presenteremo il progetto alla comunità. Chiunque volesse unirsi è il benvenuto».
Avete delle risorse a disposizione?
«Dell’associazione faranno parte sia volontari sia dipendenti. Il primo anno ci servirà per capire quali risorse riusciremo a catalizzare. In autunno promuoveremo un crowdfunding e stiamo già studiando altre iniziative. Il teatro potrà essere anche concesso a realtà private per convegni ed eventi a pagamento: le richieste c’erano già quest’anno e non abbiamo potuto soddisfarle tutte. L’obiettivo è diversificare le fonti di finanziamento».
Si aspetta una risposta positiva dal territorio?
«Sì, visti i numeri di questa stagione: alle rappresentazioni teatrali abbiamo registrato in media 230 partecipanti, mentre per i film siamo sugli 80, che pensavamo fosse un risultato mediocre, ma che di questi tempi ci dicono essere ottimo. Non solo: tutte le iniziative organizzate dalle realtà della valle hanno registrato il tutto esaurito. Se tutta la valle lo sentirà suo e saprà prendersene cura, questo teatro potrà diventare un luogo di promozione della cultura a 360 gradi, un polo attrattivo non solo per il nostro territorio, ma anche per realtà come Trento e l’Alto Garda».
A proposito di Alto Garda, come sta andando la collaborazione della Valle dei Laghi con l’Apt Garda Dolomiti?
«L’adesione all’Apt Garda Dolomiti ha dato un impulso notevole allo sviluppo turistico della valle. In questo primo anno, con l’Apt, il Consorzio turistico Valle dei Laghi, le amministrazioni, i produttori e le associazioni, abbiamo lavorato all’individuazione di quattro assi strategici per lo sviluppo locale: i borghi, gli specchi d’acqua, la mobilità lenta e la valorizzazione dei prodotti tipici. L’interesse del Garda non è ampliare il loro modello turistico, ma avere una valvola di sfogo, uno sbocco diverso per chi comunque sceglie il Garda ma ci vuole arrivare a piedi o in bici, vivendo un territorio non congestionato. Se riusciremo a fare rete tra Comuni, Consorzio e Comunità di valle rispetto all’Apt avremo buone possibilità di diventare un ulteriore ambito economico di sviluppo».
E il cementificio di Sarche di Madruzzo? Non rischia di essere un ostacolo allo sviluppo turistico della valle?
«Siamo tutti d’accordo che quell’impianto stona in un territorio che sta andando in tutt’altra direzione. Non è però semplice pensare di fermarlo, perché ha tutte le autorizzazioni necessarie per operare. Penso che l’obiettivo strategico debba essere quello di adottare tutte le azioni possibili per attenuarne l’impatto».
Per esempio?
«Penso alle più classiche forme di compensazione, ma anche a forme di attenuazione visiva».
Trovare un modo per nascondere l’impianto?
«Anche: l’impatto visivo di quella struttura è notevole, soprattutto in ottica turistica».
Vede altri ostacoli allo sviluppo turistico della valle?
«Se vogliamo promuovere lo sviluppo della valle mantenendo le nostre peculiarità di territorio per certi versi ancora selvaggio, abbiamo bisogno di garantire un’ospitalità diffusa. Ecco perché stiamo lavorando a un monitoraggio degli alloggi sfitti dei privati, ma anche delle parrocchie e dell’ente pubblico. L’obiettivo è duplice: da un lato permettere lo sviluppo di un turismo leggero e sostenibile, dall’altro offrire più opportunità abitative. Non penso tanto alle persone fragili per cui ci sono già altri servizi: in questo momento trovare un appartamento in valle è un problema anche per un insegnante perché c’è poca offerta e i costi sono alle stelle. In accordo con i Comuni abbiamo deciso di portare avanti una gestione comune di entrambi gli obiettivi per evitare che lo sviluppo turistico diventi un boomerang per i residenti».
Concluso il monitoraggio come interverrete?
«Con azioni di sensibilizzazione, ma anche di supporto diretto ai proprietari nella valorizzazione dei loro immobili».
Sul fronte sociale, invece, quali sono i temi caldi?
«La priorità è da un lato trovare le risorse per riaffidare tutti i servizi in scadenza e dare continuità ai progetti, dall’altro ampliare l’attività sociale su fronti ancora scoperti, tra tutti gli adolescenti. Tra progetti che hanno chiuso e servizi che si rivolgono solo ai bambini, per i ragazzi delle medie e delle superiori rimangono poche proposte. Bisogna lavorare di più su possibilità di aggregazione anche per la loro fascia d’età».
Senta, com’è stato tornare a presiedere la Comunità di valle quasi dieci anni dopo?
«C’è un abisso con la prima esperienza. Rispetto all’investimento che era stato fatto inizialmente, sia in termini di risorse economiche che di competenze trasferite dalla Provincia, di fatto oggi le Comunità di valle sono state svuotate. L’unica vera competenza che ci rimane è sul sociale. Ci sarebbe anche la pianificazione territoriale, ma nessuno ha più lavorato sul piano territoriale. Eppure la logica che ha istituito le comunità di valle era corretta: si sente la mancanza di un livello intermedio tra il Piano urbanistico provinciale (Pup) e quello comunale».
Colpa della recente riforma voluta dall’assessore agli Enti locali Mattia Gottardi?
«Il grosso cambiamento non è legato a quest’ultima Giunta provinciale. Il passaggio da un organo di decentramento dei ruoli e delle funzioni della Provincia a un organismo delle amministrazioni locali è stato graduale. Di fatto, però, da luoghi di pensiero in cui si lavorava a pieno ritmo, oggi le Comunità di valle sono luoghi di confronto tra i sindaci. Che, sia chiaro, sono assolutamente autorevoli, ma giustamente guardano ognuno al proprio territorio».
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