capoluogo
sabato 20 Maggio, 2023
di Redazione
«È necessario che la nostra attenzione non si concentri troppo sul tema della casa. Il progetto di cui stiamo parlando non è un’ipotesi di costruzione edile, quello che conquisterete a Trento sarà una grande piattaforma di spazio pubblico che potrebbe essere in parte riempito, in parte trasformato e in parte libero, ma comunque capace di costruire connessioni».
Così Gabriele Rabaiotti, docente di analisi della città e del territorio al Politecnico di Milano e già assessore comunale ai lavori pubblici e alla casa e alle politiche sociali e abitative, ospite della seconda giornata organizzata nell’ambito del progetto partecipato Supertrento.
Obiettivo dell’incontro, introdotto dal sindaco Franco Ianeselli che ha sottolineato l’importanza del percorso svolto e della scelta di confrontarsi con realtà diverse evitando di adottare quanto fatto da altri senza prima aver considerato il contesto di riferimento, è stato quello di esplorare le nuove forme dell’abitare e le modalità migliori per pianificare quartieri in grado di possedere al loro interno servizi diversi e integrati, con cui migliorare la qualità della vita e le relazioni interpersonali.
Fenomeni sociali e demografici, denatalità e invecchiamento della popolazione sono stati i punti cardinali con cui comprendere le prospettive future di una strategia basata sulla mescolanza tra generazioni e funzionalità, oltre che su un nuovo abitare sociale. Temi cui si affianca la messa in atto di politiche di decentramento pensate per aumentare la qualità di vita nei quartieri, sviluppando lavoro e servizi in favore di piccole imprese e attività commerciali, ma anche la rigenerazione degli immobili sottoutilizzati per creare luoghi di prossimità e aggregazione.
Come affermato da Rabaiotti, «la città deve avere una struttura dinamica, “porosa”, votata alla locazione. Quando gli immobili diventano un limite al dinamismo, allora le città si spengono. Per fare parte di un network, contrariamente al trend che caratterizza l’Italia, bisogna muovere gli immobili e promuovere la locazione. Una città senza affitto fatica ad ospitare la nuova domanda e, in alcuni casi, espelle quella popolazione che è già presente».
Interrogandosi su cosa significhi abitare lo spazio, il docente ha proseguito con una riflessione sul rapporto tra denatalità e dinamismo delle città, evidenziando la necessità di aprirsi all’esterno. Famiglie piccole o piccolissime porteranno altrimenti a città con una popolazione sempre più frammentata e composta perlopiù da persone anziane. Per uscire da questa traiettoria, bisogna che la città diventi attrattiva, imparando a effettuare scambi con la popolazione giovane che si colloca al suo esterno.
Per Rabaiotti, i nuovi spazi devono diventare aperti, connessi, ricchi di funzionalità urbane ma di scala sovraurbana – come università, ospedali, super impianti sportivi e piastre commerciali – votati a combinare più finalità, come potrebbe essere un multisala concepito con la palestra o un ostello che ha al suo interno uno spazio di co-working e molti altri servizi. «La popolazione di domani, quella giovane, arriverà in uno spazio così. L’alternativa sarà la città delle mura, chiusa verso l’esterno e pacificata al suo interno. Le città non sono spazi pacificati, ma luoghi in tensione, pieni di vita».
In riferimento allo spazio destinato all’abitare, l’esperto ha poi riflettuto sull’importanza di trovare una nuova forma di intreccio tra la domanda e l’offerta che contraddistingue le città oggi, tra la necessità che molte persone hanno di trovare una casa e gli spazi vuoti che possono essere reinventati, sfruttando le loro molteplici potenzialità. Rispondendo alla suggestione del pubblico, Rabaiotti ha inoltre affermato che «anche lo spazio vuoto può essere pieno di valore e significato», aggiungendo che «gli spazi possono essere gestiti immaginando modalità nuove e straordinarie, adatte alla straordinarietà del momento storico che contraddistingue il processo dell’interramento».
La domanda cui rispondere per dare un significato allo spazio, conclude Rabaiotti, non è cosa fare dello spazio, ma chi vogliamo essere per trasformarlo di conseguenza.
Il pomeriggio è proseguito con un approfondimento su “Pratiche, progetti e testimonianze da altri contesti” che ha visto ospiti Stefano Guidarini, docente di Progettazione architettonica al Politecnico di Milano ed esperto di architettura pubblica, Gianluca Nardone, commercialista e revisore dei conti esperto in progetti immobiliari, e Francesco Pizzorni dell’italian chamber of commerce di Toronto.
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