l'intervista

giovedì 1 Giugno, 2023

Dolomiti Pride, Zanella: «Difendere i diritti civili minacciati dalla destra»

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Il consigliere provinciale ed ex presidente di Arcigay: «In Trentino si è ridotto lo spazio per parlare di identità di genere. Retorica reazionaria»

«C’è bisogno del Pride. La comunità Lgbtqia+ è sotto l’attacco della destra, in Trentino e nel Paese» dice Paolo Zanella, consigliere provinciale di Futura e per sette anni presidente di Arcigay di Trento. Zanella, 43 anni, omosessuale («Feci coming out nel 1996, a 16 anni» rivela), sabato sarà tra le migliaia di persone che sfileranno al Dolomiti Pride di Trento.
Zanella, il Pride non ha il patrocinio della Provincia, però la giunta Fugatti di centrodestra non ha mai legiferato in senso discriminatorio…
«Ha tolto i corsi di educazione alla relazione di genere nelle scuole. Certo, più incentrati sulla decostruzione degli stereotipi di genere, che sulla tematica Lgbtqia+. Però, con Bisesti, la giunta ha partecipato alla conferenza stampa sulla proposta di legge del consigliere Cia, che vorrebbe vietare che nelle scuole si parli di identità di genere e identità non binaria. Divieto che vige solo nell’Ungheria di Orban. C’è un evidente ostracismo politico, un’avversione all’inclusione di tutte le diversità, dalla comunità Lgbtqia+ ai migranti. Anche nel Paese il clima non è positivo con la destra al governo».
Vi sentite sotto attacco, diceva…
«La famiglia arcobaleno è sotto attacco e noi giochiamo in difesa. Certo, continuiamo a fare proposte per l’avanzamento dei diritti, ma la priorità adesso è difenderci dal rischio di un arretramento. Il ministro Piantedosi che chiede ai prefetti di mandare le circolari ai sindaci per vietare la registrazione dei figli delle coppie omogenitoriali; il disegno di legge per rendere reato universale la Gpa…».
La cosiddetta maternità surrogata.
«Pratica a cui ricorrono per il 90% le famiglie eterosessuali, ma quelle sono invisibili, tornano in Italia con il figlio e nessuno dice niente. È chiaro, dunque, che quella misura è contro le coppie omogenitoriali. Ci si scaglia persino contro gli ultimi degli ultimi, penso al disegno di legge in Parlamento per togliere ai migranti l’orientamento sessuale come ragione per richiedere la protezione internazionale. E in aula potrebbe approdare anche la richiesta di Pro Vita per obbligare le donne che vogliono abortire ad ascoltare il battito del feto, come nell’Ungheria di Orban. Vedo anche una buona dose di ipocrisia in tutto questo…».
Cioè?
«Quando nelle scorse legislature era il centrosinistra a proporre di allargare i diritti civili, la destra ci rispondeva che le priorità erano altre, ma adesso che governano pensano invece solo ai diritti civili, per restringerli ovviamente. Il benealtrismo non vale per loro, le priorità altre di cui parlavano sono sparite dai radar».
Qual è invece l’atteggiamento della società rispetto ai diritti civili?
«La società è più aperta e più avanti, ci sono però ancora delle sacche di resistenza. Ed è la politica che dovrebbe facilitare il miglioramento culturale della società. Invece gli ambienti di destra creano un costrutto culturale fallace e complottista sull’ideologia gender. Una retorica reazionaria».
Voi a sinistra invece spingete molto sui diritti civili, ma sembrate tralasciare i diritti sociali, che era un vostro storico tema…
«È un falso problema, alimentato da chi vuole indebolire sia i diritti civili che sociali. Che sono strettamente connessi e devono essere portati avanti insieme. Contrapporli è sciocco. Il mancato riconoscimento dei diritti civili crea ancora più discriminazione sociale ed economica. E la diseguaglianza economica alimenta l’emarginazione. Se una persona, oltre che nera e lesbica, è anche povera, verrà esclusa ancora di più. È il messaggio che sta portando avanti anche Elly Schlein, che presentavano come una interessata solo ai diritti civili».
E invece?
«Anche al Festival dell’Economia di Trento ha parlato di contrasto a tutte le diseguaglianze. E, nel mio piccolo, in questa consiliatura credo di essere stato un po’ l’emblema di come tutti i diritti viaggino assieme. Mi sono occupato del tema della casa e del suo accesso primario, dell’accesso alla salute contro la privatizzazione della sanità, del terzo settore, del welfare, del diritto dei lavoratori delle cooperative sociali a vedersi riconosciuto uno stipendio adeguato. Ho contrastato il lavoro povero».
Lei da omosessuale ha trovato ostacoli e discriminazioni nella sua vita?
«A scuola, al liceo Da Vinci, capitava che mi chiamassero frocio. Ho fatto coming out a 16 anni, come gesto di ribellione, per mettere un freno alle discriminazioni. Come dire ‘io sono questo e allora?’. Mi ha aiutato a riappropriarmi della mia identità. Ovviamente c’è chi ce la fa e chi no, è una cosa molto personale. Spero di infondere coraggio a chi oggi è invisibile».
L’impressione però è che i ragazzi di oggi siano più aperti su questi temi…
«Sì. Parlano di queste cose, sono più consapevoli. Oggi chi è più in difficoltà sono i non binari. E su di loro c’è l’accanimento della politica».