l'evento
giovedì 1 Giugno, 2023
di Emanuele Pastorino
Da cinque anni, a Trento, alcuni studenti e alcune studentesse delle scuole superiori realizzano un percorso di attivazione che si chiama OTIUM. Il progetto coinvolge diverse scuole, il Comune di Trento, il MUSE, il Forum trentino per la pace e i diritti umani e le associazioni universitarie. Hadia ed Elisa hanno 16 e 17 anni e sono tra le 60 persone che organizzano l’edizione di quest’anno, il cui evento finale andrà in scena giovedì 1° giugno, al Teatro Sanbapolis.
Il testimone, negli anni, è passato da centinaia di ragazze e ragazzi con temi sempre più precisi, quest’anno è Emozioni senza spazio. Un percorso chiaro, un messaggio diretto e urgente.
Come siete arrivate al titolo quest’anno? Cosa significa per ciascuna di voi?
Hadia: «La ricerca del titolo ha coinvolto tutte le persone che organizzano OTIUM. Emozioni senza spazio ha un significato letterale, per me: molte volte, soprattutto a scuola, non si lascia tanto spazio alle emozioni degli studenti, li si vede come persone che hanno come fine ultimo quello di studiare e prendere voti alti. Il messaggio che, spesso, passa è: “Non mi interessa niente se avete dei problemi, il vostro compito è studiare: pensate solo a quello”».
Elisa: «Per me il ragionamento è simile: sono una persona che non esprime molto le proprie emozioni. Crescendo e diventando sempre più consapevole di questa cosa mi sono resa conto che “emozioni senza spazio” è un po’ anche un mio limite. Sicuramente anche nei contesti che frequento è evidente che noi proviamo emozioni ma spesso incontriamo un muro oltre cui non vanno, non possono andare e non sono neanche ben accettate».
In che senso «non sono bene accettate»?
Elisa: «Spesso i professori, quando il tema del benessere di noi giovani viene fuori, lo riconoscono: quando però presenti loro alcuni fatti (come, ad esempio, che fare cinque prove nel giro di due settimane è parte del problema, che impatta sul benessere psicologico), allora lì si alza il muro. Ci dicono che non è colpa loro, che è “colpa” nostra, che dobbiamo crescere. Ci dicono che il mondo è difficile o che il futuro è nostro: queste frasi le senti una volta, le senti due ma la terza volta o ti arrabbi, inizi a rispondere, o riconosci che non c’è uno spazio di comunicazione. A quel punto, io mi faccio il mio percorso, me ne sto sulle mie, e chissà se prima o poi qualcuno gli farà capire che non è così che si affronta questo tema».
Oltre al rapporto con gli e le insegnanti, non ci sono altri spazi per le emozioni dentro la scuola?
Hadia: «Nella nostra scuola – facciamo entrambe lo stesso liceo – è presente uno psicologo che è disponibile 3 ore la settimana. Siamo mille studenti, però, divisi in due sedi: abbiamo 3 ore per 500 persone, 3 ore per altre 500».
Elisa: «Credo molto nello strumento dello spazio di ascolto nelle scuole, però deve essere fatto in modo diverso: i numeri li ha detti Hadia. Quello che ci capita di raccogliere, pensando alle risposte, è minimo: tu vai, ti sfoghi, ma finisce lì. Non c’è modo di avere continuità, di andare avanti.
Tra gli studenti c’è un gran bel clima e questo aiuta molto. Il collettivo che facciamo il venerdì pomeriggio credo che sia il momento che rispecchia di più il clima che c’è nella scuola: la gente viene, parla se ha voglia, non parla se non ha voglia. Se vuole condividere una cosa solo con una persona lo fa tranquillamente, se vuole farlo con tutti anche. È una cosa molto molto bella».
Oltre la scuola, com’è il rapporto con le altre generazioni?
Hadia: «Fuori dalla scuola, la persona con cui mi rapporto maggiormente è mia mamma. Vivendo un’adolescenza diversa da quella che ha vissuto lei, in un contesto diverso, alcuni argomenti diventano difficili da condividere perché sono molto distanti.
Le altre persone più grandi con cui interagisco, fuori dalla scuola, spesso sono legate a progetti o altre attività: penso che si riesca sicuramente a comunicare ma non abbiamo mai parlato di tematiche personali o slegate dal motivo per cui eravamo insieme».
E questo è un dato positivo, negativo o neutro?
Hadia: «Per me è un elemento neutro. Però penso anche che avere qualcuno di diverso, di più grande, con cui poter parlare e affrontare i discorsi che non affronto con i miei sarebbe un valore aggiunto».
Elisa: «Io ho tre fratelli più grandi e questo mi ha dato la possibilità di affrontare argomenti diversissimi. Quando ho affrontato il passaggio tra medie e superiori, lì è stato diverso: passi da un mondo in cui sei ancora un po’ bambina (e gli adulti ti trattano di conseguenza) ad uno in cui è un po’ diversa la relazione che ti viene richiesta. Il tuo modo di porti deve cambiare.
Devo dire che, tendenzialmente, penso di essere abbastanza brava a relazionarmi con gli adulti: a volte, provo un po’ di rabbia, perché sono molto diretta e questo può influenzare la relazione con il mondo adulto. Non è proprio il top».
Perché?
Elisa: «Eh perché sono un po’ fatta così…»
No, no: non perché dici le cose in faccia. Perché non è il top?
Elisa: «[ride] Forse dovrei stare al mio posto e “il mio posto” non è quello di dire le cose in faccia. “Il mio posto” è quello di imparare, sono in una fase in cui devo crescere e, quindi, quando magari mi esprimo in modo troppo chiaro la reazione degli adulti è di irrigidimento: “prima ci sono io che ti spiego, che ti parlo”».
Ed è corretto? Non c’è possibilità di avere una qualche reciprocità tra questi rapporti?
Elisa: «Dipende. Ci sono adulti che, più cresci, più portano il rapporto su un livello di parità. Altri che, invece, tendono a vedere la tua crescita come “competitiva” e, allora, fanno pesare il fatto di essere più grandi, che “io vengo prima, ho fatto più esperienze”. Che è vero, ma influenza il modo in cui si sta in quella relazione».
Torno ai titoli di OTIUM: quella reciprocità nel bisogno di cambiare il rapporto tra generazioni passa anche da quanto venga (o non venga) raccolto il messaggio che mandate.
Hadia: «Gli adulti riescono a capire letteralmente lo slogan. Quanto al ragionamento che ci sta dietro, alla denuncia che viene fatta, il discorso è diverso: credo che non la vogliano affrontare».
Elisa: «Condivido. Oltre che una certa rabbia, che fa da sfondo, credo che la nostra generazione sia fondamentalmente stufa: siamo consapevoli che c’è un futuro incerto, molto di più rispetto a quello dei nostri genitori, ma la nostra rabbia è molto passiva. Siamo stufi di spiegarvi cento volte le stesse cose. Ormai chi le voleva capire le ha capite: queste persone si sono interessate, si sono attivate e il messaggio, a loro, è arrivato. Chi non lo voleva capire o non aveva interesse a capirlo, o non lo capirà mai: non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire».
Come è strutturata la giornata finale?
Hadia: «La mattina è pensata per rappresentanti di istituto, rappresentanti della Consulta Provinciale e per i presidenti e vicepresidenti delle Consulte interne. Sarà organizzato proprio da G300 allo scopo di far ragionare tutte le persone che parteciperanno su tematiche importanti per i giovani».
G300 è la grande novità di quest’anno. Di che si tratta?
Elisa: «Quest’anno si è deciso di collaborare con la Consulta Provinciale degli Studenti per costruire una grande assemblea con rappresentanti da tutta la Provincia. Ci ha permesso di evitare di “chiudere” OTIUM a Trento per “aprirlo” a tutti quei giovani che abitano magari nella valle più sperduta ma che non per questo sono meno attivi. Anzi: probabilmente, proprio perché vivono nella valle sono più attivi dei cittadini che conosciamo».
Poi arriva il pomeriggio: come proseguirà la giornata?
Hadia: «Dopo G300 ci sarà un pranzo collettivo per chi vuole. Nel pomeriggio faremo varie attività: ce ne sarà una con al centro la poesia, uno spettacolo comico, una mostra che si potrà vedere durante tutta la giornata. Dopo ci sarà, organizzato dalla nostra direzione artistica, un contest musicale per dare possibilità agli artisti di Trento di farsi un po’ conoscere e provare l’emozione di stare su un palco. Dopo quest’ultimo momento ci sarà un concertone gratuito e per tutti. Tutto al Teatro Sanbapolis. Vi aspettiamo!»
istruzione
di Redazione
Quattro i progetti che mettono al centro i ragazzi e affrontano i temi della reciprocità e della non violenza con attività da ottobre a giugno 2025. Tra le proposte la proiezione del film «C’è ancora domani», laboratori, teatro e corsi di aggiornamento per insegnanti