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martedì 6 Giugno, 2023
di Paolo Ghezzi
Papa anomalo, il Luciani. Il primo di una serie di anomali: il polacco, il bavarese (che si dimette!!!) l’argentino che arriva dalla fine del mondo…
Il Luciani veniva dalla montagna bellunese. E fin qui nulla di speciale. Scriveva sui giornali, prima d’esser papa. E fin qui, niente di eccezionale. Anche il terzultimo vescovo di Trento, Giovanni Maria Sartori, aveva diretto il settimanale diocesano di Vicenza, prima di diventare vescovo di Adria-Rovigo. Con uno scoop ecclesiastico regalatomi da un amico geniale, sull’Alto Adige titolai pressappoco: «Dalla nebbia arriva un vescovo giornalista».
Peccato che il Sartori, sebbene giornalista, ossessionato dalla difesa dell’ortodossia, avesse la anche la vocazione del censore.
Invece il Luciani era piuttosto un recensore, un lettore e uno scrittore pieno di humor, la qualità che purtroppo mancava integralmente al Sartori.
Curioso e gustoso è dunque il volume che pubblica le sue lettere a scrittori sante e persone famosi, tutte molto trapassate, che tra il 1971 e il 1975 (allora era patriarca di Venezia) scrisse sul mensile Messaggero di S. Antonio, pubblicate poi in volume dalle Edizioni Messaggero nel ’76 con il titolo «Illustrissimi».
Sono testi che dimostrano una solida cultura senza esser mai saccenti. Anzi, spesso sono divertenti e sempre sorridenti, come l’immagine che ci resta di quel cardinale eletto papa, quel 26 agosto 1978 al balcone di piazza San Pietro, primo di quei suoi 33 giorni biancovestiti, fino alla morte improvvisa (stroncato dal peso dei pensieri?) che aprì la strada al lungo pontificato di Wojtyla.
Curioso, ma significativo, che la penultima lettera, prima di quella conclusiva a Gesù, sia un’appassionata dichiarazione d’amore al campione della libertà sudtirolese, Andreas Hofer.
Il futuro papa non lo esalta solo come cattolico tutto d’un pezzo, ma come scaltro guerriero in nome di Dio.
«Caro Hofer, un mese fa, passando per Innsbruck…» è l’attacco della lettera, che racconta la visita alla tomba nella Hofkirche, accanto al cappuccino Haspinger, compagno di battaglie. «Voi, l’albergatore di S. Leonardo in Val Passiria — scrive rispettosamente Luciani a Hofer — siete stato il capo e l’anima dell’insurrezione popolare tirolesi contro i bavaresi e i francesi del 1809». Il cardinale esalta «la confusione incredibilmente abile e coraggiosa di questa guerriglia» fatta con la falce, le forche, i vecchi fucili, contro il decreto del 1809 che sopprimeva tutte le cerimonie del culto cattolico.
«Imperatore a parte, dentro e fuori il Tirolo, vorrei che il vostro eroismo, gentile e cristiano insieme, ispirasse qualcuno».
La violenza della giusta resistenza è dunque giustificata, perfino benedetta.
Un veneto di montagna dà così, tra l’altro, una bella lezione ai nazionalisti e ai patrioti dei sacri confini italiani. Non a caso per tradurre Vaterland usa la parola Paese, il più bel nome che possiamo dare alla patria, perché il Paese significa Heimat, casa. Cioè famiglia, terra, affetti. Matria.
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