Consiglio

giovedì 22 Giugno, 2023

Maxi assegni ai politici. A tre di loro 5 milioni

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Un emendamento di Lega e Svp abbassa la cifra. Risparmio di 3,5 milioni. Non vota il centrosinistra

Un emendamento dell’ultimo minuto, approvato ieri dal Consiglio regionale, ha scongiurato il peggio. Sono otto i consiglieri provinciali, quasi tutti ex, trentini e altoatesini, che devono incassare, al compimento del sessantesimo anno di età, un assegno stratosferico frutto della cosiddetta attualizzazione dei vitalizi prevista dalla vecchia legge 14 del 2012. Tra loro c’è anche chi avrebbe ricevuto più di tre milioni di euro. Oltre, ovviamente, al vitalizio di poco meno di 5 mila euro. Otto consiglieri che sedevano in Consiglio già prima della modifica della legge sui vitalizi, di cui tre che compiono i 60 anni proprio nel 2023. Per evitare che l’assegno destinato a questi ultimi assumesse proporzioni difficilmente giustificabili, la maggioranza è corsa ai ripari, con l’iniziativa dell’Ufficio di presidenza — Lega e Svp — che ha modificato i criteri dell’attualizzazione in modo tale che ha permesso un risparmio di oltre tre milioni. Infatti i tre (si tratta di Mauro Minniti, Sabine Kasslatter Mur e Marta Dalmaso) avrebbero incassato in tutto oltre 8 milioni di euro, mentre con la nuova norma si fermeranno a poco più di 5 milioni, con Dalmaso che dovrebbe avere poco più di 1,2 milioni e i due ex consiglieri altoatesini che dovrebbero avere più di 2 milioni a testa.

Emendamento dell’ultimo minuto
Nella scorsa seduta il consigliere Filippo Degasperi aveva ritirato il suo disegno di legge, proprio perché la maggioranza voleva sostituirne l’unico articolo con un emendamento. Disegno di legge fatto poi proprio dalla stessa maggioranza. Un solo articolo, dunque, sostituito in toto da un emendamento. Emendamento a sua volta modificato ieri, all’improvviso, tra lo stupore di tutti i presenti, anche molti della stessa maggioranza. Si capisce poi che gli uffici hanno lanciato l’allarme: «Se non si interviene qui ci sbancano», questo il senso della preoccupazione. Rimangono otto consiglieri provinciali da liquidare, di cui tre entro poche settimane con assegni milionari che sono aumentati in modo esponenziale perché il calcolo dell’indicizzazione è sull’inflazione programmata, che è oggi altissima.

Nuovo indice di riferimento
La soluzione arriva dalla presidenza. Per i restanti vitalizi non ci sarà più l’indicizzazione sull’inflazione programmata, che è ora oltre il 10%, ma sulla base del tasso medio di mercato, che è ora dell’1,8%. Il presidente Josef Noggler (Svp) ha detto che «la legge avrà come effetto un risparmio di denaro pubblico e se non si è a favore di questo non so di che cosa si possa essere a favore». E così il suo vice, il trentino Roberto Paccher (Lega): «Qui non c’è solo un dato tecnico ma c’è anche e soprattutto un dato politico. Il nocciolo della questione è che c’era un centrosinistra quando è stata approvata una legge che prevedeva di dare cifre di un milione e passa di euro agli ex consiglieri, oltre ad un vitalizio di 4.800 euro al mese. Noi togliamo quel meccanismo dell’inflazione programmata che avete messo in legge voi», ha affermato verso i banchi dell’opposizione. «Qui si parla di giustizia sociale — ha affermato — e chi oggi dal centrosinistra si indigna o mette paletti sembra non sapere che c’è chi avrebbe incassato oltre tre milioni di euro». Per affermare, a margine dei lavori: «Mi meraviglio che ci siano consiglieri del Pd come Luca Zeni che difendono i privilegi».
L’opposizione non vota
La legge è stata definitivamente approvata con 25 sì, 7 astenuti e 18 non partecipanti al voto. L’opposizione, sopratutto di centrosinistra, ha avanzato perplessità di merito e di metodo. Zeni, contro cui si è scagliato Paccher, è stato tra i primi a intervenire: «Abbiamo usato un criterio di calcolo per più di cento ex consiglieri e ora che mancano solo otto consiglieri che raggiungeranno i 60 anni nel prossimo periodo decidiamo di cambiare criterio perché le cifre sembrano alte. Dal punto di vista della linearità e dell’equità — ha concluso — questa legge è alquanto discutibile e credo che possano aprirsi anche dei contenziosi».
Anche il collega di gruppo Giorgio Tonini è scettico, ma prima risponde a Paccher: Rispondo al suo duro attacco — afferma — invitandolo a rivolgersi ai suoi alleati dell’Svp, che ha voluto lei questa legge. Vedetevela tra voi». Poi, nel merito della questione: «Ammetto che a occhio si tratta di una norma virtuosa, ma a occhio e non è una buona cosa affidarsi alle apparenze quando si mettono le mani su questioni previdenziali. Serve una relazione tecnica che non c’è, che ci dica da qui a trent’anni cosa può succedere. In mancanza di questo non possiamo votare questa proposta».
Ieri è intervenuto anche l’ex governatore Rossi: «Io questa norma la condivido, perché tenta di mettere mano a un effetto distorsivo della norma precedente. Ma ricordo che noi, quando eravamo al governo, abbiamo cercato di rimediare a quanto fatto nel 2012 alla legge voluta dalla Svp. E in quell’ufficio di presidenza c’erano tutti quando, nel tentativo di abbassare un privilegio ingiustificato, si produssero effetti ancora peggiori, non si sa se voluti o non voluti».

La nuova norma
La norma approvata ieri ha anche riformato l’adeguamento delle indennità dei consiglieri che non sarà più aumentata in base all’indice Istat, che in questi momenti è superiore al 10 per cento, ma sarà agganciata al contratto dei dipendenti non dirigenti del Consiglio regionale. In altre parole non ci sarà più alcun automatismo con percentuali a due cifre, come sarebbe accaduto dopo gennaio con lo sblocco degli aumenti, ma tali aumenti saranno molto più contenuti e rinnovati ogni quattro anni allo scatto contrattuale.