La rubrica

lunedì 26 Giugno, 2023

Marsicano, malese, bruno, polare, con occhiali: le quattordici specie di orso nel mondo

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Le risposte di Alessandro de Guelmi alle domande delle lettrici e dei lettori sui plantigradi

Dalla loro reintroduzione in Trentino si è parlato molto poco dell’orso, delle sue abitudini e delle sue attitudini. Le sarei grato se ci potesse spiegare, per esempio, cosa mangia l’orso e di che tipo di fabbisogno giornaliero ha. Abbiamo spesso visto le foto di bestiame ucciso dall’orso: ma realmente mangia questo tipo di prede o le uccide solo per manifestare la propria superiorità? (Anna Cuel, Trento)

«L’orso è l’animale onnivoro per eccellenza; possiamo pertanto affermare che è in grado di mangiare qualsiasi cosa: è riuscito persino a bere dell’olio per la lubrificazione delle motoseghe che i boscaioli avevano lasciato nel bosco. L’orso, come l’uomo, è un plantigrado e quando cammina o corre appoggia tutta la pianta del piede, consumando quindi nel movimento molte energie. Il suo bilancio energetico dovrà comunque essere sempre positivo: non potrà consumare più di quanto sia in grado di procurarsi con l’alimentazione e di questo è esso stesso perfettamente conscio. Per questo motivo evita normalmente di rincorrere le sue prede ed il suo opportunismo lo porta a prediligere alimenti fermi. Se non si comportasse in questo modo non riuscirebbe ad accumulare tutte le sue riserve di grasso che gli consentono di andare in ibernazione per quasi sei mesi e di superare in tal modo l’inverno, stagione che invece non gli permette di trovare cibo sufficiente per sfamarsi. Possiamo considerare l’orso un predatore occasionale e solo pochi esemplari si abituano a predare animali domestici. Può accadere, specialmente nei giovani maschi, che questi facciano delle predazioni per il solo scopo di mettere a prova e manifestare la propria forza. Il proprio fabbisogno giornaliero varia moltissimo a seconda della stagione. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, appena usciti dal letargo invernale (che nelle femmine che hanno partorito può durare fino a 6 mesi e durante il quale possono perdere più del 40% del proprio peso), il loro appetito risulta molto scarso ed in questo periodo si nutrono prevalentemente di germogli o di carcasse di animali morti durante l’inverno. Solamente verso la fine dell’estate gli orsi iniziano ad alimentarsi con impegno ed in autunno, periodo dell’iperfagia, la loro vita è dedicata alla continua ricerca di cibo al fine di costituirsi uno spesso strato di grasso sottocutaneo che consentirà loro di andare tranquillamente in letargo. I genitori di Andrea Papi hanno dato al mondo un grande esempio di umanità e intelligenza. Hanno saputo elaborare il loro immenso dolore andando a chiedere giustizia, responsabilità e non certo la morte dell’orsa. Questa tragedia deve segnare una svolta decisiva nella gestione della popolazione degli orsi, non solo in Trentino, ma su tutto l’arco alpino. Ognuno dovrebbe soffermarsi a riflettere prendendosi le proprie responsabilità, io per primo. Evitiamo proclami inutili ed inattuabili, cerchiamo invece attraverso il dialogo ed il confronto con tutti i portatori di interesse, di trovare delle regole efficaci ed efficienti che possano consentire la convivenza uomo-orso, al fine di evitare il ripetersi di una simile tragedia».

Mi unisco a chi, come me, crede che la tutela dell’ambiente, la biodiversità, gli ecosistemi e la protezione degli animali siano un principio fondamentale e prezioso della nostra Repubblica, da preservare anche per le generazioni future. Nessuno vuole minimizzare la morte di Andrea Papi, ma uccidere Gaia (anche se non c’è la certezza che sia colpevole) non è la soluzione come è stato affermato anche dai genitori del ragazzo e non toglierà la responsabilità a chi non ha messo in atto tutti i protocolli atti a prevenire incidenti. (Antonella Jambice)

«Concordo sul fatto che l’ambiente, la biodiversità, gli ecosistemi e gli animali siano dei beni da preservare per noi stessi e per le generazioni future. Aggiungo che l’uomo non dovrebbe sentirsi padrone dell’ambiente in cui vive, ma ospite in equilibrio con tutto ciò che lo circonda. La logica antropocentrica, che vede l’uomo al centro dell’universo e lo spinge a togliere dall’ambiente qualsiasi cosa possa dare a lui fastidio, ci sta portando sempre più velocemente verso la nostra estinzione. La presenza dell’orso potrebbe insegnarci a rispettare la natura accettando anche i rischi ed i pericoli che naturalmente fanno parte del mondo che ci circonda. Se entriamo in un bosco dove non c’è l’orso ci entriamo da padroni, se invece sappiamo che ci potrebbe essere anche l’orso, non ci entriamo più da padroni, ma da ospiti, in punta di piedi con prudenza e circospezione: lo stesso dovremmo fare ogni qual volta abbiamo da fare con la natura in generale.

JJ4 è stata catturata e rinchiusa in un recinto, ormai è stata resa inoffensiva e a questo punto non potrà più nuocere a nessuno; non ha più senso doverla uccidere.

L’orso è molto adattabile e si trova, distribuito nelle sue otto specie, nei più svariati ambienti: dalle foreste pluviali dell’Asia fino ai ghiacci della calotta polare. Il colore del mantello varia dal bianco dell’orso polare al nero dell’orso nero ed il peso, nei soggetti adulti, può variare dagli 800kg dell’orso polare ai 60kg dell’orso malese. Le otto specie sono:

Orso bruno. Vive in Europa, Asia e nord America, ha un’ampia varietà di sottospecie ed è presente al mondo con circa 200.000 esemplari. In nord America una sua sottospecie, chiamata  Grizzly, ha dimensioni maggiori.

Orso polare. Vive sulle coste Artiche al di sopra dei 70° nord. La sua esistenza è messa in pericolo dallo scioglimento della calotta Artica.

Orso dal collare. Abita le foreste d’alta quota dell’Asia centro-orientale.

Orso Nero. Vive in Nord America, si calcola che ne esistano circa 900.000 esemplari e risulta molto confidente con l’uomo.

Orso Malese. Vive in poche migliaia di individui nelle foreste dell’Asia sud-orientale.

Orso labiato. Vive nelle foreste dell’India e del Sri Lanka, possiede labbra grosse e molto mobili; pur essendo di ridotte dimensioni si ritiene che sia il più aggressivo.

Orso dagli occhiali. Vive nelle foreste della catena delle Ande ed è fortemente minacciato di estinzione.

Panda gigante. Vive in circa 1000 esemplari in alcune zone remote della Cina e si nutre prevalentemente di germogli di Bambù.

L’orso bruno marsicano è considerato una sottospecie dell’orso bruno europeo. Vive, geneticamente isolato, nel Parco Nazionale d’Abruzzo con una popolazione di circa 40 capi e la sua esistenza è fortemente minacciata. Le sue dimensioni sono più piccole dell’orso bruno.

Per quanto riguarda l’introduzione di altre specie di orso, la normativa vigente prevede la liberazione solamente di specie autoctone (specie storicamente presenti sul nostro territorio). Lo stesso progetto Life Ursus prevedeva principalmente il risanguamento della esigua e residua popolazione degli orsi autoctoni trentini salvaguardando il loro patrimonio genetico. Questo poteva avvenire solamente attraverso la reintroduzione di animali della stessa specie e dello stesso ceppo genetico quale quello posseduto dalla popolazione ursina Slovena».

A suo avviso quanti esemplari di orsi è in grado di sostenere il Trentino? Perché a suo avviso si sono concentrati tutti nel Trentino occidentale? Può essere una barriera invalicabile l’AutoBrennero? (Fabio De Maio, Bolzano)

«Il progetto Life Ursus prevedeva la diffusione dell’orso su tutto l’arco alpino e non solo nello spazio del Parco Adamello Brenta o del Trentino occidentale. I fattori che principalmente hanno impedito questa espansione sono la filopatria delle femmine: le femmine giovani rimangono nei pressi del territorio che ben conoscono anche per ricevere ancora dalla madre una certa protezione. Infatti in circa 20 anni l’home range delle femmine si è allargato solamente di circa 20 km. Il territorio trentino, dal punto di vista trofico alimentare è ottimo e di conseguenza gli orsi non abbandonano un territorio ottimale alla ricerca di un altro con caratteristiche peggiori. Nonostante ciò i giovani maschi in dispersione hanno, nel tempo, frequentato uno spazio che va dal Piemonte fino alla Carinzia e a nord hanno raggiunto la Svizzera, l’Austria e la Germania. La val d’Adige, con la sua componente antropica costituita da ferrovia, autostrada, strade, centri abitati, luci, treni, autocarri e autoveicoli in movimento e continui rumori forma una barriera che scoraggia l’attraversamento. Per questo motivo solo pochi esemplari, principalmente maschi, sono riusciti ad attraversarla ed il Trentino orientale è perciò frequentato solo occasionalmente da qualche esemplare di orso. La capacità portante di tutto il territorio trentino potrebbe essere potenzialmente di alcune centinaia di capi, ma per una corretta convivenza, essendo l’orso un animale estremamente individualista e con comportamenti differenti da soggetto a soggetto, ritengo che sia più corretto gestire i singoli animali attraverso un monitoraggio continuo e costante della popolazione partendo dai soggetti più confidenti o problematici. Certamente in questo momento, a seguito della tragedia di Caldes e di una politica imperniata sulla disinformazione e sulla paura, l’accettazione sociale della popolazione degli orsi è nettamente inferiore alla capacità portante del territorio».

Dopo la morte di Andrea Papi la Provincia autonoma di Trento ha chiesto la possibilità di trasferire 60 orsi in altri luoghi. La mia domanda è semplice: come dovrebbe avvenire tecnicamente? Come verrebbero selezionati? Quanto tempo richiederebbe la loro cattura? (Christian Piersanti, Rovereto)

«Per catturare orsi in Trentino si possono usare tre metodiche. La principale e la più sicura, nonché quella strettamente consigliata dall’ ISPRA, risulta essere l’utilizzo della gabbia-trappola: un tubo di acciaio lungo circa 3 metri per un’altezza di circa 1,2 metri nella quale si pone un’esca per attrarre l’orso che si chiude con una ghigliottina quando questi entra e afferra l’esca. La seconda è l’utilizzo di un laccio d’acciaio che scatta ed imprigiona la zampa dell’orso qualora lo stesso ve la infili dentro. La terza è la libera caccia con un fucile munito di dardo contenente il narcotico, ma la distanza massima per l’utilizzo è 40 metri. Detto questo ritengo che la metodica più idonea possa essere l’utilizzo della gabbia-trappola, ma per catturare i 60 orsi richiesti dal presidente Fugatti, si dovrebbero acquistare altre gabbie-trappola, posizionarle in varie località del Trentino, attivarle, avere a disposizione alcune squadre di cattura composte da forestali e veterinari, (al momento esiste personale formato per allestire solo una squadra). Selezionare gli orsi in base ai vari comportamenti individuali dovrebbe essere la soluzione migliore, ma sfortunatamente risulta molto difficile individuare e differenziare gli animali che si dovrebbero prioritariamente catturare. Tale selezione sarebbe solo casuale. Trovare e formare il personale forestale e veterinario che possa assicurare le giuste garanzie di sicurezza al personale stesso e agli animali durante le fasi di cattura e dello spostamento, richiederebbe certamente parecchio tempo e parecchie energie. La cattura dei 60 orsi, come richiesti dal presidente, richiederebbe uno sforzo continuo per diversi anni. Inoltre sarebbe comunque difficile individuare il posto adeguato dove trasferire questi 60 esemplari».

Secondo lei quale è stata la dinamica che ha portato l’orsa Jj4 ad aggredire il povero Andrea Papi? Era evitabile rispettando le regole che abbiamo letto più volte come rannicchiarsi? (Maria De Giovanni, Rovereto)

«Gentile signora De Giovanni, mi dispiace non poter rispondere alle sue appropriate domande, ma avendo avuto, da parte della Procura della Repubblica del tribunale di Trento, l’incarico di partecipare alle indagini e all’autopsia di Andrea Papi, ho il dovere di mantenere il massimo riserbo. Certamente il rannicchiarsi a pancia in giù, con le mani dietro al collo è l’ultima chance che abbiamo a disposizione per evitare l’attacco dell’orso. Molto meglio mettere prima in atto tutte le metodiche consigliate per mantenere l’orso a distanza di sicurezza».