Tensione interna

martedì 27 Giugno, 2023

Accordo Fugatti-Fratelli d’Italia, giunta divisa. Alcuni assessori spingono per l’esclusione

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Il dibattito tra «falchi» e «colombe». Ma alla fine deciderà solo il governatore
Maurizio Fugatti

Dopo giorni, settimane, mesi di stallo, anche nel centrodestra si preme per una soluzione sulla leadership. Da quando, alla candidatura «naturale» del governatore uscente Maurizio Fugatti si è contrapposta quella di bandiera di Francesca Gerosa per Fratelli d’Italia, tutto sembra congelato. Tutti, ufficialmente, affermano solennemente che l’unità del centrodestra non è mai stata in discussione. Tutti assicurano che la decisione su chi sarà il leader sarà presa: a Roma o a Trento, sarà presa.

Oltre i tavoli e le merende
Nelle ultime ore, però, i passi avanti fatti ultimamente — merende e tavoli di coalizione — sembrano insufficienti a far quadrare il cerchio. Il commissario di Fratelli d’Italia Alessandro Urzì chiede a questo punto che sia direttamente Fugatti a prendere in mano la questione incontrando il partito che però preferirebbe, almeno ufficialmente, Francesca Gerosa. Ma non passi l’idea che la richiesta sia il solito balletto di chi deve fare il primo passo. La lettura unanime è che Urzì sia pronto a dire sì, consegnandosi a Fugatti e rinunciando alla sua candidatura di bandiera, ma l’ipotesi che la convergenza sul governatore uscente possa arrivare dalla condivisione tra le segreteria di partiti non funziona, perché da parte del commissario della Lega Binelli c’è freddezza, distanza. Atteggiamenti che qualcuno legge come di sufficienza. Serve Fugatti, quindi, per la risoluzione.

FdI, sì o no? Falchi e colombe
E allora, perché lo stallo continua a caricare l’aria di tensione? Fugatti non rilascia dichiarazioni: «Non ora». Perché in questi momenti dovrà riflettere in solitaria, dopo giorni e giorni in cui le pressioni sul da farsi sono arrivate da più parti. E c’è chi dice «dai, fa’ un passo avanti, il centrodestra dev’essere tutto unito», mentre altri dicono: «Siamo sicuri che sia una scelta obbligata l’alleanza con Fratelli d’Italia?». Nella Lega, ma in generale tra le forze che sostengono Fugatti fin dalla prima ora, ci sono idee diverse. Ci sono i falchi e ci sono le colombe.

La giunta divisa sul «che fare»
Si divide anche la giunta sulle strategie. C’è chi insegue l’unità del centrodestra a tutti i costi, che spinge affinché si trovi al più presto una soluzione. Fermi sul punto che solo con Fugatti presidente si può procedere a un’alleanza con Fratelli d’Italia, chiedono allo stesso Fugatti di prendere lui l’iniziativa. Tra i pontieri, ci sono gli assessori non leghisti Mattia Gottardi (La Civica) e Mario Tonina (Progetto trentino). E di assessori leghisti ce n’è solo uno convinto che alternative all’andare tutti assieme non ce ne possano essere: Mirko Bisesti. I dubbi sull’ipotesi dell’alleanza con Fratelli d’Italia viene dalle due assessore leghiste, Giulia Zanotelli e Stefania Segnana, preoccupate per l’eventuale ingresso nella futura compagine di governo di esponenti che potrebbero in qualche modo destabilizzare quell’armonia che, a detta loro, ha caratterizzato questa giunta. A loro si aggiunge l’opinione di Roberto Paccher, fedelissimo di Fugatti, che viene dato tra i falchi, quelli che sarebbero tentati dalla corsa per le provinciali senza l’apporto del partito di Meloni.

La soglia del 40%
Il dibattito è sopratutto interno alla Lega, e sarà Fugatti solo a decidere il da farsi. Da una parte gli si ricorda come uno strappo con Fratelli d’Italia potrebbe avere ripercussioni a livello nazionale e portare in Consiglio due opposizioni — in caso di vittoria — una di destra e una di sinistra. Chi la pensa in modo opposto difende lo status quo, e ricorda gli attacchi, il fuoco amico, la costituzione del gruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio grazie all’apporto di due «fuoriuscite» proprio dalla

Lega, Katia Rossato e Alessia Ambrosi.
Ma oltre alle opinioni, il dilemma è sui conti, sui numeri, sulle percentuali. La legge elettorale prevede che la coalizione che ottiene un voto in più ha la maggioranza. Ma risicata, di un solo seggio (18 su 35) se non ottiene il 40% del suffragio che permette invece di governare con 21 seggi su 35.