Overtourism
giovedì 29 Giugno, 2023
di Gianfranco Piccoli
Un tetto di 14mila sciatori giornalieri nella ski area di Campiglio, Pinzolo e Folgarida-Marilleva. «Oltre questi dati, lo dicono le analisi, la soddisfazione dei nostri ospiti crolla», le parole di Bruno Felicetti, direttore generale delle Funivie. Una svolta epocale, visto che per la prima volta viene fissato un limite oltre il quale la vendita degli skipass giornalieri viene di fatto bloccata.
Non è un’ipotesi, ma un provvedimento che con ogni probabilità – spiega ancora Felicetti – verrà ratificato dal consiglio di amministrazione delle Funivie già a luglio, in tempo per far partire la campagna in vista della prossima stagione invernale.
Una decisione che si innesta sul dibattito attorno all’overtourism, lanciato nei giorni scorsi in un’intervista a «Il T» dal sindaco di Pinzolo, Michele Cereghini.
Felicetti, da dove nasce questa volontà di fissare un limite agli sciatori?
«Devo fare una premessa importante, che parte dal tema della soddisfazione del cliente, ovvero da ciò che deve guidarci. Un cliente soddisfatto genera un passaparola positivo e quindi una reputazione che porta altra gente a sceglierci. Da 12 anni facciamo parte di un progetto dell’Università di Innsbruck che si chiama Best Ski Resort Top 55: quattro volte all’anno (a dicembre, gennaio, febbraio e marzo) vengono i ricercatori ad intervistare un migliaio di ospiti. Questa analisi ci permette di confrontarci con le migliori 55 località dell’arco alpino. Le domande, uguali per tutte le località, spaziano dalle piste agli impianti, dalla sicurezza ai parcheggi, dalla ristorazione all’accomodation. Noi abbiamo messo in relazione il tasso di soddisfazione con il numero di persone in pista, perché la nostra ipotesi è che all’aumentare delle persone in pista la soddisfazione possa diminuire».
E quale è stato il risultato?
«Ci siamo accorti che fino a 12mila persone in pista, ovvero le presenze medie di marzo e gennaio, la soddisfazione è altissima. Poi, andando a febbraio, quando si arriva nella fascia 12-14 mila presenze in pista, abbiamo un calo di soddisfazione, non così vistoso, ma c’è: alcuni servizi vanno in difficoltà. Oltre le 14mila presenze, in altissima stagione, dal 30 dicembre al 2-3 gennaio in particolare, abbiamo un crollo verticale della soddisfazione. La scala è 0-10: noi siamo sull’8,20, in questi giorni scendiamo a sei. E ci sono alcuni elementi preoccupanti».
Ad esempio?
«La percezione della sicurezza, la paura, l’affollamento, i parcheggi. Siamo andati così a vedere cosa succede in quelle giornate e abbiamo visto che abbiamo dei flussi enormi di turisti “mordi e fuggi”, che acquistano il giornaliero o lo skipass ad ore. Stiamo quindi lavorando per disincentivare questo tipo di turista per garantire una qualità maggiore a chi vive la località, chi qui dorme, in albergo, seconda casa o perché residente».
Si può parlare quindi di numero chiuso?
«No, il numero chiuso presuppone un’esclusione. Noi parliamo di numeri ideali per mantenere la soddisfazione. E per noi è, al massimo, 14mila persone in pista. Noi sappiamo quindi che il 30 dicembre non possiamo vendere 2.500 giornalieri, ma al massimo 800, 500. L’impegno che noi dobbiamo avere è una grande campagna di comunicazione verso chi viene dalle zone vicine, dalla provincia o dalle regioni limitrofe per far capire che venire a sciare è come andare ad un concerto di Bruce Springsteen: prima di partire, in queste giornate, accertati di avere a disposizione il biglietto. Una volta raggiunto il numero ideale, non verranno più venduti giornalieri. Vogliamo anche evitare di creare false aspettative a chi viene in giornata».
Cosa intende con «false aspettative»?
«Se attiro persone che vengono in giornata e poi non sono soddisfatte, non vanno via contente. Hanno la sensazione di aver pagato un prezzo alto e di non aver avuto un servizio. È un impegno nei confronti di chi vive nella località ma anche di chi viene in giornata».
Si va dunque verso uno sci di giornata che non può che essere programmato?
«È così. Non ci può più essere quello che si sveglia la mattina guardando il tempo e dice: “Vado a sciare” avendo la certezza di poter acquistare lo skipass. Non sarà più così».
Concretamente, quando verrà attuata questa nuova politica?
«Se tutto viene condiviso dal nostro cda, penso che nel corso dell’estate daremo seguito a questa cosa. Certo non sarà facile cambiare il paradigma».
Di fatto una svolta epocale.
«Certo. Una scelta coraggiosa, ma siamo determinati. Quando metto troppa gente in pista, non è che alloggia male solo l’ultimo arrivato: alloggiano male tutti. In certe giornate rischiamo di generare una forte immagine negativa, dobbiamo mantenere alta la reputazione della località».
Quando avete avuto i primi sentori dell’overtourism?
«I primi segnali ci sono stati prima del Covid. Dopo la pandemia, abbiamo avuto numeri record e il fenomeno è sotto gli occhi di tutti. Potevamo voltare gli occhi dall’altra parte e scoprire fra dieci anni che Campiglio non è più gradita, oppure fare un patto con i nostri clienti: rinunciamo ad una clientela che paga di più, perché chi viene in giornata spende di più, a favore di chi magari si ferma una settimana. Ma per noi il gioco vale di più della perdita dell’immediato, perché ci giochiamo la reputazione».
Quante sono le giornate da bollino rosso?
«Sono 5 giornate oltre i 14mila sciatori su 145 giorni complessivi di apertura delle piste. Ne abbiamo altre 15 tra i 12 e i 14 mila. Anche quelle sono oggetto di attenzione, anche perché ci sono tante variabili in gioco che non possiamo controllare, il meteo su tutto».
Parlando di capacità di accoglienza, non si può non parlare di parcheggi. Il sindaco di Pinzolo, Michele Cereghini, ha annunciato che verrà fatto un monitoraggio digitale dei posti auto. Il presidente dell’Apt, Tullio Serafini, lamenta una carenza di almeno 500 stalli.
«Confermo: a Campiglio mancano 500 posti. E abbiamo già individuato delle soluzioni, per altro con costi impegnativi. Non può essere Funivie a farsi carico dell’investimento, perché si tratta di opere di località, non dedicate solo allo sci. A Trento non è il Muse ad occuparsi della viabilità. Noi possiamo fare la nostra parte, ma serve un impegno di tutta la destinazione».
C’è però un tema generale legato alla mobilità.
«Non c’è dubbio, perché questi parcheggi strategici individuati impediscono al turista di entrare nella località. Serve poi una mobilità dell’ultimo miglio elettrica per poter avere una destinazione, non dico come Zermatt, ma a quei livelli lì. Questo è il futuro della destinazione di montagna oggi: convincere il cliente a lasciare l’auto nel posteggio e poi muoversi in altro modo, liberamente».