Accusato

venerdì 30 Giugno, 2023

Arrestato a Milano Alessandro Bertolini di Rovereto. Da 7 anni combatteva con le truppe filo-russe nel Donbass

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Dal 2016 è un foreing fighter che combatte nel Donbass tra i filorussi ed è indagato dalla direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo di Genova. Bloccato a Malpensa, si è avvalso della facoltà di non parlare

È stato arrestato non appena ha messo piede sul suolo italiano, all’aeroporto di Malpensa nella giornata di giovedì. Alessandro Bertolini, grestano di 29 anni, da almeno sette anni combatte nel Donbass sotto le insegne russe: è uno dei foreign fighters italiani, ricercato dalla procura di Genova per portarlo a processo. È indagato dalla direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo di Genova, accusato di aver «partecipato ad azioni violente e dirette a mutare l’ordine costituzionale o a violare l’integrità territoriale dell’Ucraina, Stato estero di cui non era cittadino nè stabilmente residente, senza far parte delle forze armate di alcuna delle parti in conflitto». Latitante da anni, ora con il suo rientro in Italia è stato arrestato. Per il momento si è avvalso della facoltà di non rispondere alle domande degli inquirenti.
Alessandro Bertolini era stato intervistato alcuni anni fa dalla trasmissione Nemo di RaiDue. Alla giornalista aveva raccontato delle sue motivazioni, del perché un ragazzo ancora giovanissimo potesse scegliere una strada di questo tipo. Praticamente ventenne, Bertolini si trovava in Austrialia per lavoro. Era stato lì che aveva avuto l’occasione di conoscere il mondo dei combattenti stranieri, dei “mercenari” e aveva saputo che altri italiani avevano fatto la sua stessa scelta. E così era finito nel Donbas a sparare per conto della Russia. Perché proprio per la Russia? Una domanda che aveva trovato prontissimo Bertolini: perchè la Russia è un paese forte, a differenza dell’Italia «che io amo con tutto il cuore – aveva detto – ma è serva e debole». Soprattutto perché minata da un’immigrazione incontrollata. Le sue idee? Vicine a quelle di Casapound, dice, come quelle dei russi. «Avevo provato ad arruolarmi in Italia, ma non mi hanno mai chiamato, le selezioni sono limitate. Qui invece non ho avuto problemi, mi chiamano fratello». Da quest’intervista sono passati diversi anni, di cui probabilmente gli inquirenti genovesi vorranno chiedere conto a Bertolini, della sua attività militare su un territorio straniero e probabilmente anche dei suoi rapporti con gli altri foreign fighters: pare che siano poco meno di un centinaio gli italiani che combattono nella zona ucraina e su fronti diversi.