L'intervista

domenica 2 Luglio, 2023

Crespi, Academy Aquila: «Sogno un luogo per umani per studiare dopo lo sport»

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Per il direttore il focus non dev’essere solo il basket giocato: «Cerchiamo di far crescere a 360 gradi i nostri giovani». Il "marchio” Aquila Basket? «Fortemente attrattivo»

Ha prima scelto Trento per viverci insieme alla sua compagna Valeria De Pretto (ex giocatrice professionista). Poi la sua strada e quella dell’Aquila Basket si sono intrecciate. Marco Crespi, dallo scorso giugno direttore dell’Academy bianconera, non ha certo bisogno di particolari presentazioni avendo ricoperto il ruolo di head coach in realtà di primissimo piano come Olimpia Milano, Biella, Siviglia, Vl Pesaro, Casale, Mens Sana Siena, Saski Baskonia e Verona in rigoroso ordine cronologico. E come se non bastasse commissario tecnico della nazionale italiana femminile e di quella svedese. Finito? Macché, dal 2016 è commentatore tecnico e analista per Sky.
Crespi, quantomeno curiosa la coincidenza che l’ha porta a Trento e poi in Aquila. Ci racconta come è andata?
«Ho avuto modo di conoscere la città durante la prima serie scudetto tra Dolomiti Energia e Venezia. Ho apprezzato immediatamente tutto, mi sono confrontato con Valeria dato che stavamo proprio pensando a dove trasferisci insieme ed eccoci qui. Nel 2021 abbiamo acquistato casa e l’1 febbraio 2022 è stato il nostro primo giorno diciamo da trentini. Solo in un secondo momento è nata la possibilità di lavorare con il club che però mi aveva sempre trasmesso vibrazioni davvero molto positive».
E come è nato il rapporto?
«Direi in maniera molto semplice, conoscevo in modo non certo approfondito l’ormai ex general manager Salvatore Trainotti, l’ho chiamato e gli ho detto “io sono qui a Trento, se credi ci possano essere dei margini per collaborare ne sarei lieto”. A maggio 2022 ho presentato un progetto all’attuale gm Andrea Nardelli ed eccomi qui».
Ci fa una fotografia del settore giovanile bianconero in termini meramente numerici?
«Al momento sono tesserati direttamente con noi 115 ragazzi mentre possiamo contare su 45 club di tutta Italia – in costante crescita – che gravitano nell’orbita dell’Academy. Noi non vogliamo la prelazione su nessuno, ci consideriamo una comunità culturale. Ci tengo particolarmente a questo passaggio».
In effetti il concetto di società satellite spesso viene interpretato come: se c’è qualcuno che brilla deve venire da me…
«È vero ma a noi non interessa. Vogliamo essere scelti perché offriamo un qualcosa di diverso, un valore aggiunto che da altre parti non si trova. Per questo non ci limitiamo a quello che avviene dentro al campo ma cerchiamo di far crescere a 360 gradi i nostri giovani. Il concetto espresso nella sua domanda è vecchio e lo sarà ancora di più a partire dal primo luglio 2024 con l’entrata in vigore della riforma dello sport».
E come si fa a risultare particolarmente attraenti e attrattivi?
«Bisogna innanzitutto evitare la routine che è la principale nemica di ogni forma di allenamento. Ai tecnici dico sempre che sentire dai ragazzi frasi del tipo “abbiamo fatto la stessa cosa dell’ultima volta” o rendersi conto che prima di cambiarsi sanno già che programma li aspetta è una sconfitta. Per questo puntiamo molto sulle sedute individuali o meglio personalizzate, poi è chiaro che ci sarà il momento del cinque contro cinque ma non sempre e solo quello».
Dal punto di vista organizzativo come si sviluppa il vostro settore giovanile?
«Da quando si entra a far parte del nostro mondo e sino all’under 15, under 17 si gioca sostanzialmente per divertirsi e si è definiti Eagle Chicks. Poi iniziano i campionati diciamo più competitivi e si deve cominciare a fare selezione, fa parte dello sport di un certo livello inutile girarci attorno».
Quindi aumentano impegni e responsabilità?
«Sì ma il focus non dev’essere solo sul basket giocato, non avrebbe senso. Ecco perché con Nardelli stiamo pensando a come, e dove, concretizzare l’idea di un “luogo per umani” come lo chiamo io mentre per il gm è un “oratorio 4.0”. Un ambiente dove i ragazzi possano studiare e rilassarsi prima e dopo gli allenamenti, le loro mamme staccare e tirare il fiato facendo magari yoga mentre il fratellino o la sorellina si divertono giocando. Un esempio da seguire è quello dell’Alqueria del basket del Valencia».
Bel paragone, qui però al momento mancano addirittura le palestre dove potersi allenare…
«Questo è indubbiamente un tema centrale che però non credo spetti a me approfondire. Mi limito a dire che il problema c’è, eccome se c’è, dev’essere affrontato così da poter trovare delle valide soluzioni».
A proposito della foresteria invece cosa ci dice?
«Ora sono otto i ragazzi che ne beneficiano ma la volontà è quella di incrementare il numero. Con la preziosa collaborazione del tutor education Roberto Cialdella anche in questo ambito diversifichiamo: due volte a settimana ad esempio tutti hanno collaborato attivamente con Trentino Solidale nella raccolta e consegna pasti. I percorsi scolastici che cerchiamo sono di qualità non certo facilitati perché si è impegnati con lo sport. Il nostro motto è “io non gioco a Trento, io vivo a Trento”».
Come si potrà nel futuro prossimo alzare ulteriormente la qualità della vostra proposta senza andare ad incidere troppo sul budget del club?
«Dobbiamo essere consapevoli del fatto che “il marchio” Aquila Basket è fortemente attrattivo. Recentemente avevamo l’esigenza di trovare nuove figure, per la precisione un tecnico e un preparatore atletico offrendo loro vitto e alloggio. Niente di più. Ci sono arrivate più di 40 domande da diversi paesi europei e non abbiamo certo spinto troppo sulla comunicazione. Quindi tra qualche settimana potremo contare su due profili portoghesi di valore assoluto».
Qual è il suo personale bilancio dopo un anno in questa nuova veste?
«Vi rispondo facendo un nome, quello di Matteo Guerrini. Si tratta di un ragazzo del 2007 di Siena arrivato lo scorso giugno. Un giocatore sì interessante ma in modo naturale. Beh Matteo ha chiuso l’anno scolastico al liceo scientifico “Da Vinci” con la media dell’8.25 ed è stato chiamato nella nazionale under 16 che sta preparando i prossimi campionati europei. Avrei potuto menzionare anche Cesare Placinschi che è invece in Aquila da più tempo, comunque esempi concreti di un modus operandi in cui crediamo e continueremo a credere fortemente».
Un’ultima domanda: un curriculum come il suo non può essere ingombrante sul fronte prima squadra?
«No, siete proprio sulla cattiva strada. Magari non piacerò a tutti ma sulla coerenza non accetto discussioni. Il rispetto delle aree operative, l’autonomia e la responsabilità sono concetti per me sacri».

Foto di Federico Nardelli