L'indagine

lunedì 3 Luglio, 2023

Bostrico, sotto la lente 60 siti per la rinnovazione naturale del bosco

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Trentasette siti sono in boschi di abete rosso, che sono tra i più colpiti, dieci siti in boschi di abete bianco mentre altri tredici siti sono distribuiti tra pinete, lariceti e faggete

La rinnovazione naturale dei boschi avrà un ruolo fondamentale nella strategia di ripristino delle aree colpite dal bostrico e danneggiate da Vaia. A causa dell’importanza delle superfici coinvolte, enorme a fronte della disponibilità di piantine e delle possibilità operative concrete, la rinnovazione artificiale sarà riservata alle zone dove il bosco svolgeva funzioni prioritarie o dove i tempi di ripristino naturale sono troppo lunghi e non compatibili. In molti casi si tratterà di integrare la rinnovazione artificiale e quella naturale, con quella che si potrebbe definire una strategia mista.
L’integrazione delle dinamiche naturali del bosco, tra cui la rinnovazione, nella gestione è una tradizione della selvicoltura trentina. Ma quali sono le dinamiche della vegetazione a seguito dell’abbattimento forzato di estese superfici di bosco, come è avvenuto con Vaia e come sta avvenendo ora con il bostrico? In quanto tempo il suolo viene ricoperto da una vegetazione di alberi e arbusti? Con quali tempi si insedia il bosco costituito dalle specie definitive? Quale effetto possono avere le densità eccessive di cervi o caprioli sulla ricostruzione dei soprassuoli? Quale è l’effetto sulla biodiversità?

Per rispondere a queste e ad altre domande è stata messa a punto, in collaborazione con le altre regioni colpite da Vaia, una rete di 146 siti di indagine, realizzati secondo un protocollo comune di rilievo, analogo a quello adottato sulle aree schiantatesi in Svizzera con gli uragani Lothar (1999) e Vivian (1990).
In provincia di Trento è stata rilevata, nel corso del 2021 e 2022, la situazione di 60 siti, sui quali verranno ripetuti i rilievi nei prossimi anni per verificare l’evoluzione spontanea senza intervento dell’uomo. Trentasette siti sono in boschi di abete rosso, che sono tra i più colpiti, dieci siti in boschi di abete bianco mentre altri tredici siti sono distribuiti tra pinete, lariceti e faggete.

Ciò che emerge dalle prime analisi è che, nella media, la percentuale di copertura di rinnovazione di specie arboree è ancora molto bassa (intorno al 3%), cosa normale dopo soli pochi anni dalla distruzione del bosco, mentre prevalgono coperture costituite da erbe, da graminacee, da rovi, e in parte da suolo nudo o legno morto. In generale i primi accenni di rinnovazione si verificano nei primi metri di distanza dai margini del bosco rimasto in piedi, mentre il numero di piantine diminuisce drasticamente man mano che ci si allontana dai margini. In generale le nuove piantine sono molto più numerose nelle aree di bassa quota (tra gli 800 e i 1200 metri), mentre alle quote più alte spesso la copertura è data quasi esclusivamente da graminacee. Il substrato di germinazione è ancora prevalentemente il suolo nudo, mentre il legno a terra, che è in genere il substrato preferito soprattutto dall’abete rosso, è ancora in uno stadio di decomposizione troppo poco avanzato per poter servire a tale scopo. Circa il 28% delle piantine presenti sono state brucate da cervi o caprioli. Si tratta tuttavia di un dato medio, che può essere molto variabile localmente, in base alle densità locali di ungulati.

La rinnovazione di specie pioniere come la betulla o il pioppo, le prime che si insediano dopo un disturbo, grazie alla volatilità del seme), è ancora scarsa, fatta eccezione del sorbo degli uccellatori (temolo), che è la specie più diffusa tra le piantine presenti di altezza tra 20 e 150 centimetri. La specie più presente tra le piantine con altezza inferiore ai 20 centimetri, che si sono insediate con ogni probabilità dopo la tempesta Vaia, resta ancora l’abete rosso, seguito dall’abete bianco.

I rilievi che restituiscono questi primi dati rappresentano una fotografia dello stato delle aree distrutte all’anno zero. Con i prossimi rilievi, che verranno effettuati ad intervalli di 3-5 anni, le dinamiche saranno molto più evidenti, e l’analisi consentirà di valutare l’efficacia della strategia mista messa a punto dall’amministrazione forestale.