val di fiemme
giovedì 13 Luglio, 2023
di Francesco Morandini
Incontro interessante, denso di contenuti e riflessioni sul rudere come concetto e luogo materiale e sulla sua presenza nel paesaggio, quello che sui prati di Bellamonte ha concluso «Danzare a monte» il festival fra danza, natura, spettacoli e passeggiate fra i boschi e i ruderi della valle di Fiemme organizzato da Pluraldanza con il sostegno di tutti i Comuni interessati. Un percorso dalle serenate che Riccardo Buscarini e Pierpaolo Palazzo hanno dedicato alle persone che si sono affacciate alle finestre di Predazzo lungo un tragitto fra ruderi e opere rigenerate (l’edificio del Museo geologico, la stazione del trenino, il comparto di via Dante o la casa dei 100 camini), ai giochi interattivi attorno alla colonia pavese di Daiano, rudere anch’essa dopo aver vissuto grandi opportunità, anche come fabbrica della Ducati dal ’44 al ‘49, al teatro di Cavalese, che il fuoco ha trasformato in rudere da una decina d’anni in attesa di ritrovare la propria funzionalità superando contrasti e visioni diverse. Fino a quelli di Ischiazza, il rione abbandonato dopo l’alluvione del 1966 e che, a differenza degli altri, è assimilabile ad un rudere antico, ormai disfunzionale, segno o memoria non di una civiltà, come ha ricordato Annibale Salsa, ma comunque di una cultura contadina e in quanto tale non recuperabile né rigenerabile nelle sue funzionalità, fino al villaggio di Medìl che con i suoi 11 abitanti si rifiuta di diventarlo, un rudere, e che vive attorno al campanile della chiesetta di S. Anna che Filippo Lilli ha suonato accompagnando Valentina Sansone in un concerto per campanile e corpo.
Partendo da queste esperienze artistiche fra natura e paesaggio, si è aperta una discussione sull’erba, accanto al fieno appena segato, e una baita con il fiene e gli attrezzi della segagione, su come ripensare la valle, come relazionarsi al rudere. Un dibattito alto, condotto dall’associazione culturale RAM Residenza Artistica Montana, di Trento, ma che è sceso anche nella concretezza di una riflessione su cosa sarà rudere in Fiemme e Fassa fra 40-50: forse gli impianti di risalita? Gli alberghi? Ne hanno parlato Annibale Salsa, antropologo e studioso del paesaggio, Sabrina Bortolotti, di «Sedotti e abbandonati», un progetto del Collegio degli ingegneri del Trentino che ha realizzato un censimento e una mappatura partecipati sui luoghi abbandonati del Trentino (con 200 segnalazioni in soli due mesi), e Marti Cigolla, nipote di Rinaldo, noto scultore fassano e ambasciatore dello sci, nonché figlia di Igor atleta della nazionale di discesa libera, che gestisce a Canazei un’originale struttura d’accoglienza, Mia Majon, una casa dove si fa turismo e ospitalità in modo non convenzionale, dove i prezzi sono, caldi o freddi, sono uguali a maggio come ad agosto perché per l’ospite il servizio è sempre uguale. Marti ha parlato di un’identità che resiste e della necessità di una nuova narrazione del turismo, soprattutto quello fassano, non quello «performativista» dell’Apt (così ha giudicato le dichiarazioni sulla necessità di ridurre le presenze in valle).
Se il rudere antico è un segno della civiltà quello attuale trasmette spaesamento – ha spiegato Salsa – i ruderi di oggi sono frutto di una vita breve, di un turismo di massa, della città portata in montagna. Cosa ne sarà fra 50 anni degli impianti di sci e degli alberghi sul modello francese?
Secondo l’antropologo, il territorio montano è ad un bivio fra l’aspetto ludico e quello selvaggio, conseguenza dell’abbandono e dell’inselvatichimento, la rottura di un equilibrio cui si aggiungono i danni enormi dell’overturismo. Quello denunciato anche in casa Apt che Marti Cigolla ritiene una forma di performativisimo dei vertici dell’Apt fassana. E fra i ruderi prossimi venturi la “organizer territoriale” fassana pone anche le strutture che stanno cementificando il territorio trentino, il Bus rapid transit, le Olimpiadi, le piste di skiroll. Futuri ruderi. E con il rischio – ha ricordato Salsa – di trasformare i luoghi in non luoghi. L’alternativa? Fra le altre cose un turismo esperienziale che entri in contatto con la popolazione locale e gli elementi per non far diventare la nostra comunità un rudere sono tradizione e innovazione.
“Questa economia uccide – ha chiosato Carlo Dellasega di Castello di Fiemme, esponente della cooperazione trentina – parlando disuguaglianze e della necessità di un’economia civile e citando l’ecologia integrale di Papa Francesco.
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