il ricordo
sabato 15 Luglio, 2023
di Gabriella Brugnara
«Una persona che nella mia vita è stata fondamentale dal punto di vista intellettuale. Sono entrata allo Iuav come sua assistente, e con lui ho collaborato a tre libri, rispettivamente su Nietzsche, Bataille e Thomas Mann».
Con queste parole Susanna Mati, filosofa e scrittrice ricorda il suo legame di amicizia con Franco Rella, per poi soffermarsi sulla sua figura intellettuale.
«Franco era innanzitutto un esponente molto importante della generazione che attualmente è tra i settanta e gli ottant’anni, una generazione di filosofi e pensatori che hanno veramente cambiato la cultura italiana. L’hanno sprovincializzata e hanno reso il discorso filosofico molto presente anche in ambito pubblico, seppur senza occuparsi direttamente di politica».
«Era uno di quei piccoli grandi maestri che con la loro personalità e il loro lavoro, un lavoro molto personale, hanno portato grandi mutamenti nella cultura del nostro Paese – riprende -. Un lavoro molto più libero di quello che si riesce a fare oggi, anche in ambito accademico, un lavoro connesso al potersi esprimere attraverso i libri, quindi letterariamente».
Per Mati tutto quanto Rella ha scritto è rilevante soprattutto per la connessione che è riuscito a stabilire tra il sapere filosofico, la letteratura e l’arte, «una sorta di discorso unico che forse aveva come sfondo qualcosa che a lui sarebbe piaciuto molto, e che era il progetto di Walter Benjamin, di un libro fatto interamente di citazioni. Tutti i libri di Franco sono un dialogo tra mille voci, tra mille letture con cui poi intesse un discorso, che è anche teorico. Questa è la cifra importantissima del suo lavoro. Poi sono stati in molti a imitare questo dialogo tra le fonti dell’esperienza umana, nel campo dello spirito, nel senso del Geist tedesco».
Naturalmente tutto questo avviene attraverso i «suoi» autori, da Nietzsche a Freud, da Flaubert a Valery, Kafka, Dostoevskij e molti altri.
«È riuscito a scrivere interi libri di filosofia, facendo magari parlare esclusivamente scrittori, poeti e anche artisti. La sua era dunque una filosofia come letteratura ma anche una letteratura come filosofia».
Sottolinea poi quanto Rella sia stato un lettore onnivoro che «dai gialli alle opere più alte ha veramente letto tutto, con lui si poteva entrare in dialogo su qualunque argomento e questo risalta chiaramente nei suoi testi, da cui traspare la sua conoscenza, assolutamente fuori dall’ordinario. Lontanissimo dalla scrittura di tipo accademico, era uno scrittore che dai lacerti che rimangono, che sono le citazioni che lui utilizza, raccoglieva un pensiero e, cosa non secondaria, questo pensiero lo viveva anche».
Con riferimento all’ultimo libro di Rella, La solitudine del Minotauro, Mati osserva come questo titolo possa in qualche modo «rappresentare un’eredità, cioè la sua posizione totalmente eccentrica, per molti versi, sia per il rifiutarsi alle convenzioni accademiche, sia per non essere un personaggio da festival. La sua dimensione era proprio quella di stare nel suo studio a scrivere, in solitudine. La solitudine, ripeto, come eccentricità da un lato, dall’altro come non appartenenza a niente – specifica -. Il Minotauro come figura ibrida, ambigua, metamorfica, in qualche maniera spiega anche la sua opera, e forse anche lui stesso, La sua non è una scrittura dichiarativa. Come avrebbe detto lui era “un libro vero”, che lasciava aperte interpretazioni, suggestioni ambiguità, come accade ai grandi scrittori» conclude.
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L'altoatesino del ristorante Flurin di Glorenza porta in tavola la sua idea del pranzo del 25 dicembre. «Si possono cucinare ricette buonissime anche senza usare ingredienti costosi. Un grande classico sono le lasagne»