l'ultimo saluto a rella

martedì 18 Luglio, 2023

Il saluto a Rella della figlia Ginevra: «Un uomo libero da servitù intellettuali»

di

La cerimonia ha riunito nella sala del commiato di San Marco un centinaio di persone che hanno omaggiato l’uomo, l’amico, il professore e il filosofo

Aveva appena 10 anni Ginevra quando si inventò un giornale di cui era redattrice, direttrice, finanziatrice e persino “tipografa”; un giorno vi apparve un’intervista a Van Gogh sperso tra la lavanda della Provenza. Era una bimba, ma la figlia di Franco Rella aveva già imparato a pensare al grande olandese, andando “oltre” la superficie opaca del reale per trovare dialoghi profondi, anche impossibili e forse proprio per questo, paradossalmente, vicini alla verità. Sentirla parlare, ieri davanti a una sala traboccante, in occasione del commiato da quel padre affettuoso, che però dedicava all’esercizio del pensiero e della scrittura grande parte di sé e del proprio tempo, ha fatto tornare in mente quel lontano esercizio di scrittura dal grande peso esistenziale. «Scrivere per Franco – ha ricordato – era una passione, ma al contempo una necessità, non un distanziarsi dal mondo, ma il suo modo necessario di starci, intrecciando sempre il vivere quotidiano con una riflessione che affonda al di là della superficie». Poche parole all’insegna della franchezza per ribadire la statura di un padre impegnativo e generoso, vissuto con «infantile gelosia» quando lo vedeva rapito dai propri pensieri, ma col quale la maturità la doveva necessariamente riconciliare «perché credo che per lui non ci potesse essere realmente un privato senza un dialogo con il mondo, e viceversa, e che questa sia una ricchezza che ci ha offerto, giorno dopo giorno». Ginevra ha ricordato il padre come uomo «libero da conformismi e servitù intellettuali, libero da maestri, ma non da legami. Legami profondi, vicini, familiari, con me, con mia madre, con i miei zii e cugini, che molto amava, e legami di condivisioni autentiche anche nella distanza». Particolare quello con gli amati nipoti «con cui si è messo in gioco moltissimo, coinvolgendoli nella passione per le narrazioni». La figlia ha citato «Territori dell’umano»: «Devi sapere che se tu misuri sul tuo pensare e sul tuo sentire, sul tuo penare e sul tuo gioire, sul tuo vivere e il tuo morire, ciò che pensi essere l’umano, allora i bambini sono oltre il territorio che hai delineato. Disegnano la mappa di un territorio che però non è il territorio del post-umano, ma il territorio di un altro umano». I bambini… già: «Parlando di loro – ha concluso Ginevra Rella – ci siamo salutati, l’ultima sera assieme». Commosso il direttore del T, Simone Casalini, amico che il tempo della frequentazione ha reso fraterno. Nel suo saluto ha espresso un desiderio: quello che la cerimonia di commiato potesse essere il principio di una nuova relazione con il filosofo «affinché la parola, a cui lui ha dedicato profonda attenzione e riflessione, rimanga viva, pulsante e continui a creare quegli urti con la realtà che lui ha sempre cercato come fine». Ricordando l’amore del filosofo per il frammento, di barthesiana memoria, per quella scrittura, cioè, che non tende al monopolio della verità, che è lontana dalla tentazione di farsi «falsa e aberrante totalità», come aveva segnalato Benjamin, ha detto che «il frammento per Franco è quello che consente la pluralità delle storie e delle biografie contro l’idea di un’unica storia». Come Adorno e Foucault Rella si è infatti interrogato sulla scrittura come atto di potere: «In un’intervista – ha detto Casalini – mi disse che è necessario accogliere l’alterità senza metabolizzarla». Rella, dunque, «lontano dalla corruzione commerciale della parola», intellettuale responsabile, filosofo della soglia, «archeologo del sapere e del domani» come Foucault, che si nutre della linfa vitale di storici, letterati, artisti, filosofi del passato per traghettare nel futuro; Rella pensatore «irregolare» come lo furono Nietzsche, Bataille, Blanchot… e uomo determinante per la sua città. Rella col «sorriso da bambino. In questo momento preferisco Canetti al tuo amato Bataille – ha concluso – Canetti ha scritto che “la morte è un’ingiustizia estrema”. La morte si presenta come una sottrazione, ma oggi non riesco a non pensare che la presenza differente di Franco rimarrà un’addizione, una somma a crescere».