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mercoledì 19 Luglio, 2023

Processo Perfido, la difesa di Nania: «Io il capo mafioso? Sono solo un operaio»

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Battute finali per il processo sulle infiltrazioni 'ndranghetiste. Iniziate ieri le arringhe dei legali degli imputati

Ultimi atti davanti alla corte d’Assise di Trento per il processo Perfido, sulle presunte infiltrazioni dell’ndrangheta in Trentino, nel mondo del porfido, su quanto accaduto in val di Cembra, in particolare a Lona Lases. Ieri, in aula, gli avvocati Luca Pontalti ed Emanuele Maria Genovese hanno aperto questa ultima fase che vede i legali degli imputati impegnati nelle arringhe. Sono otto sul banco degli imputati che hanno chiesto e ottenuto di essere processati con rito abbreviato. Questa formula concede loro, in caso di condanna, lo sconto di un terzo della pena. Le condanne, secondo la Procura, dovrebbero ammontare a 88 anni totali. La pena più alta ammonta a 14 anni ed è stata chiesta per Giuseppe Battaglia, ex assessore del Comune di Lona Lases, imprenditore del porfido considerato ai vertici della presunta organizzazione legata alla «cosca» dei Serraino. A processo ci sono anche il fratello Giuseppe, la moglie Giovanna Casagranda, Federico Cipolloni, Giuseppe Mario Nania, ritenuto uno dei bracci armati, Demetrio Costantino, anche lui presunto punto di riferimento, e ancora Antonio Quattrone e Domenico Ambrogio.
Ieri era il turno di Giuseppe Mario Nania, l’uomo accusato di essere il «braccio armato» della ‘ndrangheta tra le cave di porfido di Lona Lases. Già a maggio Nania aveva negato ogni addebito, affermando che molte delle frasi «shock» dette nelle intercettazioni («Possiamo ucciderne dieci, siamo pronti», una di quelle più forti, alla luce anche dell’accusa di riduzione e mantenimento in schiavitù) erano delle espressioni largamente esagerate in un contesto tra amici e compaesani e che nel dialetto calabrese hanno un’altra accezione. Il processo è a porte chiuse, gli avvocati di Nania ieri, nella loro arringa, hanno contestato diversi aspetti delle accuse. «Riteniamo che, tutto sommato, in questo processo il fenomeno ’ndragheta è sovrastimato nel senso che gli elementi strutturali di un’associazione mafiosa radicata su un territorio, considerato quali sono le metodologie tipiche dell’agire mafioso e qua non ci sono – sostiene l’avvocato Genovese – Ci sono delle intercettazioni dai contenuti anche sgradevoli sicuramente, che è cosa diversa al dire che da quelle si possa ricavare un contenuto intimidatorio che sottostà ai requisiti che prevede la norma. La differenza che c’è tra un’associazione semplice e una mafiosa è la caratteristica dell’estricazione del metodo, che in questo caso riteniamo non si sia esaurito e completato in una società civile che avrebbe dovuto essere permeata proprio da condotte intimidatrici che dovevano essere radicate anche nel tempo». E ancora, l’avvocato Genovese: «Io ritengo che non ci siano gli elementi strutturali di un’associazione mafiosa, così come prevede la norma». Le intercettazioni dovrebbero contenere una carica dimostrativa che all’esterno si sono verificate questo genere di condotte. «Noi riteniamo che siano dialoghi che si esaudiscano all’interno di soggetti, di natura sicuramente sgradevole, indicative di un certo modo di immaginare la vita» secondo l’avvocato Genovese. L’avvocato Pilati, invece, ha parlato di Nania come persona: «Non era sicuramente un capo e non era assolutamente un braccio armato. Di questo si è accorta la Procura, tanto a dire che da capo l’ha derubrica a semplice partecipe. I reati dovranno essere contestati ai veri capi. Lui era un operaio come gli altri e come loro, in condizioni di grave sudditanza». L’avvocato Genovese ha poi precisato che: «L’assoggettamento mafioso è una cosa, la dipendenza economica è un’altra cosa» riferendosi ai rapporti tra le parti. «Il primo sfruttato dai “padroni veri” è stato lui, che non era nessuno» ha concluso l’avvocato Pilati. L’imputato stesso, si è difeso autodefinendosi un operaio come gli altri e comunque una figura tutt’altro che apicale. Nei prossimi giorni toccherà agli avvocati degli altri imputati. La sentenza è attesa per il 26 luglio.