L'intervista
venerdì 11 Agosto, 2023
di Marcello Oberosler
C’è tanto trentino nella nazionale italiana di deltaplano, che già da un paio di giorni sta affrontando la 23esima edizione del Campionato del Mondo: a Krushevo, in Macedonia, Christian Ciech, classe ’71 di Folgaria, è tra i massimi esponenti dell’ambiziosa formazione azzurra. L’obiettivo dell’Italia che vola senza motore e del suo leader trentino è chiaro: confermare il titolo iridato conquistato nel 2019 in Friuli, il decimo nella storia della FIVL (la Federazione Italiana Volo Libero), addirittura il sesto consecutivo. Quattro anni fa Ciech fu secondo a livello individuale, alle spalle di Alex Ploner, bolzanino di San Cassiano.
Christian, il 9 agosto si è aperta la rassegna: con quali sensazioni e con quali primi verdetti?
«Siamo arrivati a Krushevo tre giorni prima dell’inizio delle gare, ieri (mercoledì, ndr) si è disputata la prima manche mentre la seconda è stata annullata a causa di un inconveniente e la terza è a forte rischio per maltempo. In ogni caso per noi azzurri la prima giornata è andata bene: siamo in testa grazie soprattutto alle prestazioni dei miei compagni Laurenzi e Ploner».
Ci racconti meglio come funzionano le gare.
«Nella Classe 1, i deltaplani ad ala flessibile, si gareggia in prove di velocità su un percorso la cui lunghezza può variare tra i 60 e i 300 chilometri. È una gara a tempo, in caso non si riesca a completare la prova si valutano chilometri percorsi e velocità: il risultato di squadra viene considerato calcolando i tempi dei migliori tre atleti per nazione. Noi schieriamo 6 atleti, c’è chi ne ha 7 e chi invece ne ha proprio 3 “giusti giusti”. È anche da questo che si determinano un po’ i valori delle squadre».
A dare battaglia all’Italia quali nazioni sono più accreditate?
«Al momento al secondo posto c’è il Brasile: qui in Macedonia il percorso si sposa alla perfezione con le loro caratteristiche tecniche, perché qui si decolla dal pendio ma si vola in pianura in condizioni a cui sono più abituati. Niente a che vedere con le gare in contesto alpino, per capirsi. Anche la Germania ha una formazione di ottimo livello, l’Austria in questi ultimi anni è un po’ calata ma ha grande tradizione. E gli australiani possono essere la sorpresa».
E gli azzurri?
«Noi puntiamo a confermarci i migliori al Mondo. Sarebbe una grandissima soddisfazione».
Lei ha cominciato col deltaplano nel 1988 e ha un palmares di assoluto prestigio: in oltre 30 anni di successi in campo nazionale ed internazionale tra Classe 1 e Classe 5, qual è il momento che ricorda con maggiore emozione?
«Forse la sorprenderò: il momento che scelgo è il prolungato volo assieme a un’aquila che mi capitò nel 2001 sui cieli intorno a Belluno, sul Nevegal. Per qualche minuto abbiamo volato assieme, affiancati, e il rapace si è avvicinato a un paio di metri di distanza. È stata un’emozione unica, un istante che ancora mi porto dentro e che rivivo con i brividi: in quel momento c’è tutto ciò che amo del volo e del deltaplano. Altro motivo di grande gioia, aver trasmesso la mia passione ai miei figli, Sofia e Michele, due gemelli che oggi hanno 18 anni. È bello sapere di aver trasmesso loro la passione per questo sport bellissimo».
Come si è avvicinato lei al deltaplano?
«Fu anche allora un passaggio di consegne generazionale: mio padre aveva iniziato a volare nel ’75, il deltaplano era arrivato da pochi anni in Italia. Io “debuttai”, per così dire nel 1988».
E ancora ha voglia ed energia per essere tra i migliori al mondo.
«Mi aiuta il fatto che questo è uno sport longevo, che si può praticare per anni: chiaro, a livello competitivo magari si perde qualcosa ma è sempre un piacere lanciarsi in volo. Non ho nessuna intenzione di smettere a breve o di ritirarmi dalle gare per il momento, se la domanda è quella».
Da anni risiede, per lavoro, in Lombardia. Le manca il Trentino?
«Sì, io nonostante viva vicino a Varese da oltre 20 anni mi sento sempre e solo trentino. Quando posso sono qui a godermi le bellezze della mia terra: abbiamo radici molto forti qui».