Sport
venerdì 11 Agosto, 2023
di Francesco Barana
Incollato alla tv c’era anche lui, l’altra sera, per vedere Sinner-Berrettini a Toronto (6-4 6-3 per l’altoatesino il risultato finale). Filippo Volandri, 42 anni, ex numero 25 del mondo, dal 2021 capitano della nazionale di Coppa Davis, aveva lo sguardo interessato. Dal 13 al 17 settembre, a Bologna, l’Italia è impegnata nei gironi di Coppa Davis contro i campioni in carica del Canada, Svezia e Cile. Solo due otterranno il pass per le finali di Malaga del 21-26 novembre.
Jannik Sinner, numero del 8 mondo, è il leader azzurro, ma Volandri ha voluto saggiare anche i progressi di Matteo Berrettini, sceso a numero 38 del ranking (e numero 3 d’Italia dietro anche a Musetti) dopo la lunga crisi. Volandri a «il T Quotidiano» racconta le sue impressioni: partendo dal derby italiano vinto agevolmente da Sinner (che stanotte ha giocato gli ottavi di finale contro l’ex numero 1 del mondo Murray), il capitano azzurro scivola sofficemente sulla nazionale. Senza nascondersi: «Vogliamo riportare la Coppa Davis in Italia dopo tantissimi anni».
Volandri, quali impressioni ha tratto dal match Sinner-Berrettini?
«Non mi soffermo sul risultato, forse un tantino severo con Matteo, giudico la prestazione ed entrambi mi hanno convinto. Berrettini è in progresso, ma ha ancora poche partite sulle gambe e gli serve un po’ di tempo; questo spiega il passaggio a vuoto che ha avuto dal 5-4 per Sinner nel primo set in poi. Ma fino a quel momento Matteo aveva giocato bene. Jannik invece si è confermato solido, continuo, che poi è la sua migliore attitudine tra le tante qualità che ha».
In effetti Sinner, se sta bene, perde poche partite, quasi mai con chi gli è inferiore…
«Perde di rado anche quando non sta bene, per la verità. Lo si è visto l’anno scorso, quando nonostante i guai fisici che lo hanno tormentato, ha fatto comunque ottimi risultati. Jannik migliora di continuo, è impressionante come nell’ultimo anno abbia innalzato la qualità e la varietà dei suoi colpi. E non era mica facile buttare dentro cose che non hai in natura, quindi le volée, le discese a rete o le palle corte. E parliamo di un giocatore che ha ancora margini di miglioramento in tutto: il servizio, per esempio, non è ancora alla sua ultima versione».
Vagnozzi a febbraio ci ha detto: tra due-tre anni vedrete il Sinner migliore…
«Jannik è già otto al mondo, da due anni è stabile tra i primi 10-15 e soprattutto impara alla velocità della luce. Secondo me potrebbe anche bastare un anno, perché è predisposto e ha intorno persone di valore. Nello stesso tempo serve avere pazienza e, per esempio, non paragonarlo ad Alcaraz. Ognuno ha il suo percorso e la sua storia».
Nel gennaio 2021, quando diventò capitano dell’Italia, lei dichiarò che il suo obiettivo era vincere la Coppa Davis nel giro di qualche anno. Sente la responsabilità?
«La sento perché so di avere una squadra forte. Il percorso finora è stato un po’ accidentato, ho avuto la squadra al completo sono in due incontri su nove. L’anno scorso ci siamo presentati alla fase finale senza Sinner e Berrettini, eppure siamo arrivati in semifinale. Il mio solo auspicio e avere tutti i ragazzi a disposizione».
Tradotto: la sfiga stia distante che al resto ci pensiamo noi…
«In Coppa Davis conta tantissimo arrivare con i giocatori in condizione ottimale a settembre e novembre, nelle ultime due fasi. L’anno scorso il Canada, eliminata a febbraio, è stata ripescata, poi a settembre è stata trascinata da Auger-Aliassime che se non fosse stato eliminato al secondo turno degli Us Open non ci sarebbe nemmeno stato; infine a novembre ha affrontato noi in semifinale privi di Sinner e Berrettini».
Sinner, prima che arrivasse lei, non aveva mai risposto alle convocazioni in nazionale. Le va riconosciuto l’enorme merito di averlo recuperato alla causa azzurra, non crede?
«Ma no… semmai è un merito che divido con tanti altri. Comunque parliamo di un Sinner che tre-quattro anni fa era giovanissimo, nel frattempo ha fatto esperienze e ha capito sia in campo che fuori tante cose del mondo tennis. Ma l’attaccamento ai colori azzurri ce l’ha sempre avuto e ce l’ha chi gli è vicino».
Nel novembre 2019, a Ortisei, nei giorni in cui infuriavano le polemiche per il suo no alla Nazionale (di cui allora era riserva) impegnata in Davis nelle Finals di Madrid, Sinner mi rivelò: «Da italiano il mio sogno è alzare un giorno la Coppa Davis».
«Sinner ai colori italiani ci tiene tantissimo, più di quanto si possa immaginare da fuori. L’anno scorso era con noi a Bologna nonostante non stesse bene e fosse reduce da cinque ore di partita nei quarti di finale con Alcaraz agli Us Open. Rimase fuori la prima partita, ma giocò le altre due. Pochi mesi prima, sempre non al meglio, a Bratislava soffrì ma sconfisse Gombos».
Il tennis è sport individuale, contano gli Slam e i titoli Atp, ma la Coppa Davis crea epica. Non a caso Panatta, Bertolucci, Barazzutti e Zugarelli, con Pietrangeli, che hanno vinto l’Insalatiera nel 1976, dopo 47 anni sono ancora nel mito. Giocate anche per la storia?
«La suggestione c’è. Quando si scende in campo per l’Italia, per i colori azzurri è tutta un’altra musica, non c’è solo l’obiettivo della vittoria, senti l’emozione, la voglia di essere parte di qualcosa. È così per me, è così per i miei giocatori. Da giocatore sognavo di vincere gli Internazionali d’Italia e la Coppa Davis, non ce l’ho fatta. Spero di conquistare l’Insalatiera da capitano».
l'intervista
di Davide Orsato
L’analisi del giornalista che ha di recente pubblicato un manuale per spin doctors dal titolo «Non difenderti, attacca» e contiene 50 regole per una comunicazione politica (imprevedibile e quindi efficace)