L'intervista

domenica 13 Agosto, 2023

Chiara Gamberale, una vita dentro ai libri: «Scrivere dà senso alla mia esistenza»

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La scrittrice presenterà a «Levico Incontra» i libri «Per dieci minuti» e «I fratelli Mezzaluna»
Chiara Gamberale

Lo diceva anche Ovidio quando durante l’esilio, per mantenentesi sano e salvarsi dalla malinconia, scriveva le epistole dal Ponto: la scrittura è terapeutica. È uno strumento che consente di attraversarti, conoscerti, esplorarti. Quando ci raccontiamo, scaviamo in profondità e incontriamo il nostro sé, con tutte le sue autenticità, con tutte le sue paure. Ma anche la lettura ci aiuta a sciogliere i nostri dilemmi, a creare narrazioni altre del nostro sé, a osservarci come prima mai avevamo fatto. Ed è proprio questo ciò che accade quando si leggono i libri di Chiara Gamberale, scrittrice, conduttrice radiofonica e televisiva e autrice televisiva italiana.

In occasione di «Levico Incontra» giovedì prossimo alle 18 presso l’installazione Sequoia del Parco di Levico Gamberale presenterà «Per dieci minuti» e «I fratelli Mezzaluna» in dialogo con Ilenia Caito, attivista letteraria. A dieci anni dall’uscita, «Per dieci minuti» (Feltrinelli, 2013 – 2023) torna in una nuova edizione arricchita dalle storie dei lettori e delle lettrici cui ha cambiato l’esistenza e da una nuova prefazione di Chiara Gamberale, che debutta anche nella narrativa per ragazzi con il libro «I fratelli Mezzaluna» (Salani, 2023), un invito anche per gli adulti a usare meno la testa e di più il cuore.

Chiara Gamberale, come nasce il suo incontro con la scrittura e come si sviluppa?
«Ho cominciato a scrivere da bambina. E posso proprio parlare di vocazione perché i miei genitori facevano tutt’altro nella vita. Sì, è veramente stata quella cosa misteriosa che si chiama “vocazione” nel mio caso. Da piccolina cercavo le storie; prima me le facevo leggere, poi mi sono addentrata nella scrittura, nel vero e proprio mondo dei libri tanto che a otto anni chiamavo “romanzo” la composizione di una storia scritta in terza elementare. E difatti, ogni volta che mi veniva chiesto “che cosa vuoi fare da grande?” rispondevo “la scrittrice”. In questo senso direi che lo scrivere è per me qualcosa con cui sono cresciuta: non posso pensare alla mia vita senza la scrittura e la lettura, che sono un po’ la stessa cosa per me. Non a caso ho esordito giovanissima come scrittrice: avevo 20 anni e dopo 25 anni ancora quello che mi rende più felice è avere il desiderio, l’urgenza di raccontare una precisa storia e di essere io a farlo, a compiere questo atto creativo e narrativo. Scrivere dà un senso alla mia esistenza».

La scrittura, lo sappiamo, consente di creare immaginari, di rendere pensabile ciò che non lo è, quindi di praticare azioni trasformative che sovvertono il pensiero unico in cui siamo spesso intrappolati. I desideri diventano in questo senso possibili…
«Certamente. Penso ad esempio a uno dei due libri che andremo a presentare. Mi riferisco a “Per dieci minuti”, un testo che in questo senso è stato alchemico per me fin dal principio. Lo considero un libro amuleto. Questo testo racconta la storia di una donna privata dei suoi punti di riferimento (perché si trova senza matrimonio e lavoro). Una donna che, su suggerimento della sua terapeuta, inizia a praticare un esercizio spirituale quotidiano: ogni giorno, per dieci minuti, il suo compito consiste nel fare qualche cosa che mai aveva fatto prima. E piano piano prende confidenza con il fatto che non si deve avere paura del cambiamento. Potrei dire che questo romanzo è uscito dalle pareti della libreria: è entrato nella psicanalisi, nelle terapie psicanalitiche tant’è che questa nuova edizione è arricchita da testimonianze di lettori e lettrici per cui questo testo è stato prezioso, importante. Senza ombra di dubbio i miei personaggi e il loro smarrimento aiutano me e gli altri a ritrovare il filo. Non potrei pensarmi senza questa comunicazione costante fra quello che vivo e quello che scrivo. In “Per dieci minuti” la protagonista si chiama come me: quando l’ho scritto era proprio un momento in cui vivevo una situazione molto simile a lei, dovendo far fronte a una grande trasformazione. Sono convinta che se qualcosa non è necessario per te, non può diventarlo per chi lo legge».

E invece «I fratelli Mezzaluna» di che cosa tratta?
«È un libro, questo, che nasce da un’altra mia urgenza. Io ho sempre adorato i libri che sanno essere sia per grandi che per bambini: vi ho sempre visto una perfezione nella capacità di trovare le parole giuste per dei fruitori apparentemente così distanti e diversi. Ragione per cui ho spesso cercato di confrontarmi con quel modello. Così nasce “I fratelli Mezzaluna”, un testo che è anche per ragazzi e ragazze. In questa storia si trovano di mondi: in uno tutto va bene ma hanno congelato le emozioni, nell’altro invece – che è un mondo sottopelle – vivono solo le emozioni, ma allo stato brado. È così che questi due mondi devono comunicare e saranno proprio i fratelli Mezzaluna creare un ponte tra loro. Questo è un tema che vale sia per noi adulti, che non dobbiamo scordarci del sottopelle, delle emozioni forti (parlando di questi temi non posso fare a meno di pensare a una scrittrice scomparsa qualche giorno fa, Michela Murgia, che ha dedicato la sua vita a parlare tali questioni) che per i bambini, che temo perdano il desiderio di entrare in connessione e contatto con l’altro, a causa delle nuove modalità della comunicazione. L’incontro con l’alterità arricchisce la nostra vita, ma fa paura. Se non affrontiamo quella paura, se non compiamo quel viaggio nel nostro sottopelle e tutto ciò che questo comporta, perdiamo l’occasione di essere umani nel mondo».

Un’ultima domanda. Perché sono «da leggere» i suoi libri?
«Ogni volta che arriva il momento del firmacopie nelle presentazioni dei miei libri c’è sempre qualcuno che mi dice “c’è un tuo libro che mi ha salvato la vita”. E io so che sta parlando di “Per dieci minuti”. Un libro che non avrebbe potuto salvare le vite degli altri se prima non avesse salvato la mia. Mentre per quanto riguarda “I fratelli Mezzaluna” il mio sogno è che venga letto dai genitori assieme ai figli. Penso che sia fondamentale invitare le persone a leggere non perché è giusto, ma perché è bello. La lettura non può essere collocata sul senso del dovere».