il fenomeno
martedì 8 Novembre, 2022
di Davide Orsato
Da maggio a ottobre se ne sono contati, sui monti del Trentino, almeno cinque. Tutti con le caratteristiche che vengono messe nel mirino dal nuovo decreto firmato dal neoministro dell’Interno, Matteo Piantedosi: non autorizzati, si svolgono su terreni pubblici o privati all’insaputa dell’ente o della persona fisica che ne è proprietario. E, ovviamente, ci sono almeno cinquanta persone. Ecco l’identikit del rave party, anche se quasi nessuno, tra queli che li organizzano, li chiama così. Preferiscono il termine free party, festa «libera», invece che «delirante» (traduzione letterale di rave, ndr). Il Trentino è da anni un luogo «privilegiato» per ragioni geografiche: l’abbondanza di luoghi appartati e la vicinanza ad aree, come quella austriaca, piena di appassionati rave culture. Il primo episodio accertato, quest’anno, risale all’8 maggio, località Piane. Se n’è parlato poco, ma erano in tanti: cinquecento persone secondo le stime dei carabinieri intervenuti. A inizio luglio è toccato alla Marzola, nelle vicinanze del rifugio Maranza, sopra Povo: si erano dati appuntamento un centinaio di persone. Sempre il territorio di Comano, com’è noto dalle cronache, è stato «prescelto» dai raver a luglio, in due occasioni, a quindici giorni di distanza: la prima, il 15 a Piane, la seconda in una malga sopra Vigo Lomaso, il 31 luglio. Ad agosto, il sindaco Fabio Zambotti, pungolato anche dalla minoranza, ha emesso un’ordinanza specifica per vietarli, anticipando il governo Meloni. Ma norme che consentono di contrastare i rave ci sono sempre state: lo dimostra l’ultimo caso, tra Pieve e Castello Tesino, a partire dallo scorso 8 ottobre (nella foto a destra in basso a destra). Un evento che ha anticipato il discusso rave di Modena e che ha visto la presenza di seicento persone (nel capoluogo emiliano erano poco più del doppio: 1.300). Le forze dell’ordine sono intervenute appena ne hanno avuto notizia, bloccando la strada d’accesso, impedendo ad altre persone di accedervi e identificando in seguito trecento persone mentre lasciavano il luogo della «festa». Ma come sono arrivati tutti nei prati attorno a malga Telvagola, una località poco frequentata anche dai locali? «Non ne abbiamo idea — risponde il sindaco di Pieve Tesino — Oscar Nervo — molti venivano da altri Paesi, tra cui Olanda e Germania. Ma c’erano anche veneti e trentini. Qualcuno conosceva la zona, magari c’era venuto a fare le vacanze».
L’episodio è stato seguito dal questore Maurizio Improta (nella foto in alto a destra), insediatosi ad agosto. «Il modus operandi degli organizzatori di questi eventi — spiega — è noto: prima ci sono una serie di comunicazioni sui canali web, che sono sempre più di uno, dai social network ai software di messaggistica. In questa fase si dice solo qual è l’area in cui ci si troverà, senza entrare nel dettaglio. La zona precisa viene comunicata solo all’ultimo momento». Ecco perché diventa fondamentale «prevenire». «Si cerca di agire il prima possibile — prosegue il questore — se si arriva a evento già iniziato, come accaduto a Modena, è fondamentale usare il buonsenso. Lo scopo è quello di anticiparne la fine: ricordo che per gli organizzatori c’è sempre un guadagno, quindi, in questo modo, li si colpisce sul lato economico». Gran parte del lavoro, dunque, si svolge sul fronte dei social, passati al setaccio dagli agenti. Poi si agisce: finora lo strumento più potente era dato dall’articolo 18 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, che impone la comunicazione di ogni evento pubblico alla questura con tre giorni di anticipo. Le denunce sono spesso scattate a seguito dell’articolo 633 del codice penale, che prevede fino a tre anni di carcere per le occupazioni penali. «Il nuovo decreto — conclude Improta — offre qualche possibilità in più sul piano penale per andare a colpire gli organizzatori». Gli stessi che, molto spesso, è quasi impossibile individuare.
L'inchiesta
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L'incidente a San Martino di Castrozza, il padovano di 7 anni è ancora ricoverato all’ospedale Santa Chiara di Trento. Il piccolo era sul mezzo in uso alla Polizia insieme all’amico del papà