Il video
martedì 22 Agosto, 2023
di Redazione
In queste giornate in cui lo zero termico infrange i precedenti record di altitudine raggiungendo gli oltre 5300 metri, l’effetto dell’ondata di calore si sente in modo prepotente dal fondovalle fin sulla cima delle montagne.
I ghiacciai come spesso accade reagiscono velocemente a questi eventi anche se di breve durata.
La SAT continua l’azione di monitoraggio di alcuni corpi glaciali del Trentino, attraverso l’azione dei volontari della propria Commissione Glaciologica. Proprio in questi giorni in cui le temperature in quota sono elevate fin dalle prime ore del mattino, sono stati visitati i ghiacciai della Presanella, Lobbia, Fradusta, Lares, Agola e l’Adamello – Mandron.
L’attuale situazione va osservata alla luce di un recente inverno avaro di precipitazioni rispetto alle medie dell’ultimo decennio, una tarda primavera-inizio estate piovosa ha mantenuto più basse le temperature consentendo al ridotto manto nevoso di permanere più tempo sul ghiacciaio.
Dalle recenti osservazioni delle Commissione, anche attraverso le analisi con immagini satellitari o rilevamento con drone, la copertura nevosa è pressoché quasi scomparsa alle quote più alte e su alcuni ghiacciai, fino a quota di quasi 3500 metri risulta assente su ghiacciai esposti.
Molti ghiacciai durante il ritiro vedono inoltre l’emersione di isole rocciose che durante il giorno accumulano il calore circostante e lo rilasciano al ghiacciaio durante la notte.
L’azione combinata del calore diurno e notturno alla luce della mancanza di copertura nevosa, provoca la rapida fusione del ghiaccio superficiale che può arrivare anche a perdite di spessore di 4-5 cm al giorno.
L’elevata fusione rilascia inoltre grandi quantità di acqua che penetrando nella superficie del ghiacciaio contribuiscono alla fusione anche nella parte di ghiaccio a contatto con il substrato roccioso; come osservato in alcuni ghiacciai, il bordo risulta essere molto sottile e sospeso a causa della fusione dall’interno; in queste condizioni aumenta il rischio di fratture della superficie su cui può avventurarsi l’alpinista a cui si raccomanda la massima attenzione.
Il forte calore in atmosfera e quello trasmesso alle rocce in generale incidono anche sulla tenuta del permafrost che nelle alte quote contribuisce alla tenuta di alcuni accumuli di detrito, la mancata coesione tra questi, in seguito alla fusione del ghiaccio del permafrost può provocare quindi anche crolli e scariche di materiale.
La società degli Alpinisti Tridentini raccomanda quindi sempre la massima prudenza negli ambienti d’alta quota, soprattutto in questi giorni, dove gli effetti del gran calore non interessano solo i ghiacciai, ma l’ambiente montano in genere e dove l’alpinista in prima battuta deve essere sempre consapevole dell’importanza di essere attrezzato e preparato per attività fisica con alte temperature.
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