Il rogo

mercoledì 23 Agosto, 2023

Incendiato il Drago di Vaia. A Lavarone un rogo doloso distrugge l’opera di Martalar

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L’opera è stata divorata dalle fiamme nel giro di mezzora. Lo scultore Martalar: «Era unica, molto difficile rifarla»

Il suo destino era scritto fin dalla nascita: tornare a essere «natura pura», deteriorandosi anno dopo anno, lentamente. Ma è stato il fuoco, ironia della sorte, l’elemento a cui è legato da un vincolo simbolico a distruggerlo. Un fuoco appiccato da mano sconosciuta. Ha bruciato in un attimo il Drago di Vaia, la prima della serie di opere lignee realizzate da Marco Martalar, lo scultore asiaghese autore anche della Lupa del Lagorai e della «nuovissima» Aquila della Marcesina. L’allarme è arrivato poco prima delle dieci: a darlo un residente di Magré, l’abitato di Lavarone più vicino alla scultura. Ma in breve tempo le fiamme sono diventate visibili anche da Gionghi, il principale centro del comune. È scattata una corsa contro il tempo, i vigili del fuoco volontari si sono recati sul posto immediatamente, chiedendo rinforzi anche agli altri corpi della zona. Tutto inutile: il drago era già andato distrutto. Ha bruciato in meno di mezzora. La notizia si è sparsa con una velocità analoga e ha raggiunto anche il sindaco di Lavarone, Isacco Corradi, impegnato in una riunione politica a Trento. Si è recato immediatamente sul post e, come tutti gli altri, non ha potuto fare altro che constatare quanto avvenuto. «Non posso crederci – le sue prime parole –sii deve fare una raccolta per ricostruirlo. Dobbiamo essere più forti della cattiveria di qualcuno». Qualcuno non è detto a caso. Perché ieri sera tutti si dicevano certi che l’incendio fosse stato causato da mano umana, non si sa se con volontà o con un’incidente. È convinto di questa tesi anche l’autore, Marco Martalar. «È sicuramente opera di qualcuno. Purtroppo sapevo che il fuoco sarebbe stato il punto debole delle mie opere: ho pensato di ricorrere anche a del materiale ignifugo, ma non è possibile». Immediata l’indignazione sui social. E in tanti, a partire dal primo cittadino, chiedono di rifarlo. Ma non è facile: sono stati usati duemila pezzi di legno sradicato dalla tempesta Vaia, tremila viti. E mesi e mesi di lavoro. Il suo creatore è chiaro: «Difficilissimo replicarla».