Vedretta di Lares
domenica 27 Agosto, 2023
di Benedetta Centin
Un’escursione in altura, respirando a pieni polmoni il panorama mozzafiato, con le gambe che spingono a salire ancora. E poi quella «macchia scura» nel ghiaccio, lì dove la lastra bianca si raggrinza a fianco di un crepaccio. La curiosità di andare a vedere più da vicino e la scoperta: le spoglie di un soldato. Ossa ben distinguibili tra alcuni resti e dei pezzi di legno, delle travi, probabilmente quello che rimane di una delle postazioni, delle «ridottine» allestite sul ghiacciaio durante la Prima Guerra mondiale. Testimonianza di una pagina di storia di oltre un secolo fa che continua a rimanere aperta, ad essere scritta. Il caldo record che sta sciogliendo metri di fronte del ghiacciaio dell’Adamello continua infatti a far riemergere i resti della guerra. L’ultimo rinvenimento risale a mercoledì. Opera di Francesco Boaria, 59 anni, sommozzatore capo squadra esperto dei vigili del fuoco di Vicenza, all’attivo centinaia di interventi, anche particolarmente complessi, e del suo amico Nicolò Bellen, 20 anni di Treviso, studente universitario iscritto alla Facoltà di Conservazione e gestione dei Beni Culturali a Venezia. I due veneti stavano effettuando un’escursione sul gruppo dell’Adamello quando, a quota 2950 metri circa, sulla Vedretta di Lares, sono stati attirati da «macchie nere che risaltavano sulla lastra bianca ghiacciata a fianco di una crepa». è bastato loro avvicinarsi per capire di cosa si trattava. «Abbiamo individuato subito delle ossa, erano ben distinguibili. Tra queste una costola, parte di un bacino rotto, vertebre, femore: insomma, sotto i nostri occhi c’era uno scheletro disarticolato, parte deve essere stato ancora sotto il ghiaccio, in una sorta di crepaccio — spiega il vigile del fuoco del Nucleo Sommozzatori di Vicenza — Pensavamo di incappare in ossa animali, più facile visto che allora facevano parte delle derrate alimentari, e invece è stato subito chiaro che quelli erano i resti di un soldato, forse un austriaco, forse un italiano, non c’erano elementi per riuscire a distinguerlo. Di certo appena abbiamo raggiunto il rifugio Carè Alto abbiamo avvisato i carabinieri di Carisolo che ora stanno organizzando il recupero dei resti, che avverrà nei prossimi giorni». Una scoperta, questa, che i due veneti in trasferta non si aspettavano affatto di fare. «Sono trent’anni che salgo sull’Adamello e mai avrei pensato a un simile rinvenimento, per quanto sono al corrente che uno è avvenuto anche a inizio mese e che c’è una bonifica in corso» spiega Boaria. «A me e a Nicolò ha molto colpito trovare i resti: pensare alla storia di quel soldato, che probabilmente doveva presidiare le postazioni in condizioni meteo critiche, anche a meno trenta gradi. Chissà cosa gli sarà capitato. Forse la sua è stata una sepoltura veloce. Abbiamo cercato qualcosa che potesse identificarlo ma non c’erano scarponi, piastrine. Solo un elmetto austriaco a pezzi, a qualche metro da lui, ma non è detto che fosse austriaco: quella è stata zona di combattimento per conquistare il Corno di Cavento, da parte italiana, quindi chi può dire se fosse austriaco o italiano se non gli esperti della Sovrintendenza?». Un’esperienza del tutto nuova per Boaria che, con il suo lavoro, di vittime ne ha recuperate. Ma mai così datate. Una vita in acqua, la sua, a soccorrere e recuperare persone e corpi. Interventi spesso complicati, a decine di metri di profondità, muovendosi anche in cunicoli di roccia. Tra questi missioni senza precedenti, come è stato a gennaio 2012, a cercare superstiti nel relitto della Costa Concordia in parte inabissata e in bilico sugli scogli. Boaria era infatti tra «gli eroi» del Giglio. Ma da sempre il vicentino è anche un amante della montagna, passione che gli ha trasmesso il padre. «Sono un palombaro alpino» scherza il vigile del fuoco mentre racconta di come ha visto l’Adamello spogliarsi gradatamente del manto bianco, di come il ghiaccio abbia scoperto strati di roccioni instabili. «Mai però avrei pensato di poter fare un simile rinvenimento: un’emozione».