L'intervista
mercoledì 9 Novembre, 2022
di Alberto Folgheraiter
A fine maggio è stato brutalmente rimosso da dirigente del servizio di Polizia amministrativa della Provincia autonoma di Trento. Il motivo: aver osato dire «no» alla Giunta provinciale, perché non c’erano garanzie di sicurezza sufficienti e vie di fuga degne di tal nome nell’area di San Vincenzo, a Trento sud, destinata al concerto di Vasco Rossi. Che si è tenuto a maggio 2022. Adesso la rimozione del dirigente è al centro di ripetuti pronunciamenti da parte della magistratura del lavoro. Che ha già dato ragione per due volte a Marzio Maccani. Ieri, il giudice Flaim ha rinviato al 24 novembre due udienze in merito al mancato reintegro del dirigente rimosso, con l’invito alla Giunta Provinciale di dar seguito alle prime due sentenze. Tempo due settimane. Nonostante porti il nome del dio della guerra Marzio Maccani è una persona mite. Nella prima intervista a un giornale, dopo cinque mesi dalla sua traumatica rimozione, si avvertono l’amarezza, i dubbi, lo sconforto. Dietro gli occhiali scuri si individuano occhi lucidi. Anche perché da mesi dorme poco la notte ed è stato costretto a far ricorso a presidi sanitari. «Certo – dice – non ho perso il posto di lavoro, ma l’umiliazione subita è stata grande».
Non fatichiamo a crederlo.
«Ho sempre concepito il lavoro con grandissima passione. Sono in Provincia dal gennaio del 1987; sono dirigente da vent’anni. Non ho mai fatto un giorno di malattia e i riscontri che mi vengono da privati cittadini, da associazioni di categoria e dalle forze dell’ordine sono sempre stati tutti positivi. Per sette anni ho gestito il servizio commercio e cooperazione; sono stato nel consiglio di amministrazione di Terfidi. Dopo tanti anni le valutazioni, sia dei miei collaboratori come dei miei superiori, sono state altissime. Essere cacciato con un provvedimento dove si dice che avrei violato gravemente e ripetutamente il codice di comportamento dei dirigenti non è solo un atto amministrativo».
Lo vive come uno sfregio alla sua dignità?
«Sì, uno sfregio alla mia professionalità e alla mia dignità».
Aveva messo nel conto che dietro il diniego all’autorizzazione ad ospitare 120 mila persone su quell’area, a insistere nella sua «vita spericolata» ci potesse essere la rimozione dal suo ufficio?
«Io l’ho intuito il 27 ottobre 2021 quando la Commissione di vigilanza ha prospettato gravi problemi di sicurezza su quell’area. Quella stessa sera sono stato convocato dal presidente Fugatti, dall’assessore Failoni, dal dottor Nicoletti e dall’ingegner De Col e sono stato “bastonato” brutalmente. L’ho scritto, l’ho detto in tempi non sospetti. Non ho mai rilasciato interviste, non ho mai pubblicato nulla contro la Provincia. Ho sempre seguito quello che mi suggeriva il mio codice deontologico di dirigente pubblico. Ho solo lavorato per la sicurezza delle persone. Gestivo questo servizio da 35 anni. In provincia di Trento, dai cinema al palazzetto dello sport, dagli stadi ai teatri, al giro d’Italia, tutto quanto riguardava la sicurezza è passato dal mio ufficio».
Prima delle minacce c’erano state blandizie da parte dei suoi superiori?
«Nella fase iniziale, non ho timore a dirlo, si è cercato di portarmi a più miti consigli».
E oggi, sul posto di lavoro, i suoi colleghi come la guardano?
«La situazione è complicata. La signora che aveva promosso una raccolta firme a mio favore, una persona eccezionale che lavorava per tre, è stata di fatto estromessa».
Si può parlare di mobbing?
«Devo stare attento a ciò che dico, ma è un fatto che questa signora, stanca di queste umiliazioni, ha chiesto di andar via dall’ufficio di Polizia amministrativa. Altri due colleghi, che avevano esaminato le misure di sicurezza sull’area di San Vincenzo, sentiti come testi in Tribunale, sono stati reticenti».
Avevano paura, secondo lei?
«Avevano paura. Si trattava di attestare che erano stati scritti vari messaggi di intimidazione nei confronti di altri componenti della Commissione, messaggi che mi erano stati letti. E in Tribunale, sotto giuramento, si è cercato di negare l’evidenza».
Che cosa significa tutto questo?
«È sconvolgente. Vuol dire che la paura è tale che, anche chi fino a ieri era uno stimato collega di lavoro, colleghi che lavoravano con me da vent’anni, in certe situazioni può ridursi a un don Abbondio».
Tirato il sasso volevano nascondere la mano?
«Terribile, questo mi ha ferito profondamente. Al di là del mio caso personale, significa che si è instaurato un clima di paura, di terrore, di blandizie, di promesse, che colleghi che lavoravano come me in modo splendido, in Tribunale e sotto giuramento hanno negato la verità. Salvo poi, grazie anche all’abilità del mio avvocato che ha smascherato le contraddizioni, far dire al giudice che si trovava di fronte ad “amnesie mirate”. Terrificante anche dal punto di vista etico».
Queste amnesie stanno dilagando e avvelenando il clima anche all’interno della Provincia?
«Sono sintomatiche di quello che accade, non solo per la pratica di Vasco Rossi. È un sistema, è un messaggio anche per tutti i miei colleghi. Soprattutto adesso che si sta decidendo come utilizzare i fondi del Pnrr. Ai dirigenti viene fatto capire: occhio a come vi comportate».
Lei è stato spostato in un ufficio che non esisteva…
È stato inventato ex novo: supporto al coordinamento degli aspetti giuridici dell’Istruzione. Dove, peraltro, c’è già un ufficio preposto a questo. Sono stato due mesi a non far niente come supporto al dirigente generale dell’artigianato, commercio e turismo. Mi hanno dato l’incarico di controllare gli aspetti giuridici del Pnrr, ma mi è stato vietato di controllare le pratiche.».
Dopo l’invito del magistrato alla Provincia, questa vicenda si chiuderà a breve?
«Secondo me, no».
Questa intervista potrebbe crearle qualche problema?
«Ho subito di tutto e di più. Mi hanno accusato di avere infangato la reputazione dell’ente Provincia. Vorrei ribadire che il mio Ente è composto da migliaia di persone che lavorano con grande impegno e competenza. Se c’è qualcuno che ha rovinato e rovina detta immagine, quello non sono certo io».
Lei dorme la notte?
«Vivo la vicenda con molta sofferenza. Sono tre mesi che mi consigliano di staccare, di andarmene via, per non rimetterci anche la salute. Ma mi sembrerebbe di darla vinta alla prepotenza. Lo faccio per me stesso ma anche per altri. Sennò è come autorizzare il sopruso. E questo proprio no».
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