giornata dell'autonimia
martedì 5 Settembre, 2023
di Alberto Folgheraiter
Il 5 settembre 1946, a Parigi, fu firmato l’accordo fra il ministro degli esteri italiano Alcide Degasperi e il ministro degli esteri austriaco Karl Gruber. Con una legge provinciale (numero 13) del 30 luglio 2008 è stata istituita la «Giornata dell’autonomia». L’articolo 1 della legge stabilisce che «la Provincia autonoma di Trento istituisce la giornata dell’autonomia per celebrare la ricorrenza del riconoscimento alla comunità trentina dell’autonomia speciale e promuovere, nel rispetto del pluralismo culturale, lo studio e l’approfondimento storico-giuridico dell’autonomia trentina e delle istituzioni locali, nonché la conoscenza delle prerogative statutarie. Nella giornata dell’autonomia sono valorizzate le peculiarità culturali della comunità trentina, in particolare quelle delle minoranze linguistiche».
Per la celebrazione di oggi è stato a Trento il professor Giorgio Mezzalira (1954) di Bolzano, studi di Storia contemporanea all’Università di Bologna, socio fondatore del gruppo «Storia e regione/Geschichte und Region», vicepresidente del Comitato di indirizzo della Fondazione Museo Storico del Trentino, componente del Comitato scientifico della rivista «Qualestoria» (Irsml FVG), membro della Fondazione Alexander Langer Stiftung e referente dell’archivio di Alexander Langer. I suoi studi si occupano, prevalentemente, di storia regionale del ‘900, immigrazione italiana in Alto Adige, fascismo di confine, minoranze e questione nazionale.
Professor Mezzalira, come sta l’autonomia trentina?
«Continua ad essere, com’è giusto che sia, un cantiere aperto. C’è ancora da lavorare, penso tra l’altro al rapporto con le province vicine; oggi anche dentro la cornice dell’Euregio. A mio avviso c’è da insistere sulle materie che possono tenere insieme, con le opportune sinergie, le due province di Trento e di Bolzano nell’ambito di una collaborazione capace di rafforzare l’Autonomia. Quest’ultimo dovrebbe essere il comune obiettivo».
Vent’anni fa la Regione fu smantellata per accontentare soprattutto la Svp.
«Diciamo che non fu solo per accontentare la Volkspartei ma per dare il giusto riconoscimento a un territorio che vedeva compromesse le proprie prerogative di autogoverno. Non dimentichiamo che nel periodo della cosiddetta prima autonomia furono molte le norme di attuazione promesse e mai emanate».
Vent’anni dopo alcuni pensano, tuttavia, che fu un errore. Almeno da parte di Trento che sta assistendo ad una «padanizzazione» strisciante dell’autonomia.
«Dentro ai nuovi equilibri dell’autonomia è naturale porsi il problema di trovare il proprio baricentro e capire da che parte guardare, se a nord o a sud, a est o a ovest. Si tratta di scelte che stanno in capo a chi governa. A chi governa spetta anche decidere con quale vicino collaborare e in che forme. Non entro nel merito se sia stato o meno un errore “staccarsi” da Bolzano, dico solo che fu un percorso condizionato dalla crisi del primo statuto e dal progressivo svuotamento della Regione, che la Svp ha perseguito».
L’impressione, peraltro, è che la provincia di Bolzano sia molto più avanti della provincia di Trento, almeno sul piano economico e strutturale. Non è colpa solo della politica, evidentemente, perché i rappresentanti sono eletti dal popolo. E la deriva, anche culturale, del Trentino è sotto gli occhi.
«Non sono in grado di valutare se e quanto sia più avanti la provincia di Bolzano rispetto a quella di Trento sul piano economico e strutturale. Mi limito a osservare che l’Alto Adige visto da Trento sembra sempre essere più ricco, più pronto alle sfide dei nostri giorni, più avanti anche culturalmente. Si tratta di una lente che non aiuta a calarsi criticamente in una realtà, quella altoatesina, che presenta non poche problematiche».
C’è l’impressione, almeno in provincia di Trento, che l’autonomia interessi poco alla classe politica e meno di niente agli elettori.
«Credo che il tema sia quello di investire sempre di più negli strumenti che permettano di irrobustire la cultura dell’Autonomia, farla diventare patrimonio comune, giungere a farla considerare, anche oltre i confini provinciali, una delle chiavi della tenuta della democrazia di un Paese».
Le nuove visioni di riforma delle autonomie scoprirebbero altri capitoli di spesa, probabilmente insostenibili per una politica centralista e in crisi finanziaria come l’attuale.
«Il quadro economico del Paese è tutt’altro che buono, lo sappiamo. Non è nemmeno escluso che le visioni di riforma delle autonomie restino tali. E certo non aiutano coloro che, pur ispirandosi ai principi dell’autonomia, pensano che autogoverno significhi chiudere la porta di casa, esercitare un proprio sovranismo domestico e proclamare la propria autosufficienza da tutti e da tutto».
Un tempo si diceva che l’autonomia si esercita a Trento e Bolzano ma si difende a Roma. Dove, a quanto par di vedere, oggi è difesa un po’ poco.
«Si fa molta fatica a far capire, anche a Roma, che l’autonomia non è espressione dell’egoismo delle periferie ed erosione dei poteri centrali, quanto piuttosto uno dei cardini di un nuovo equilibrio di poteri, la risultante di processi di devoluzione: verso il basso, cioè verso regioni, province, comuni ma anche verso l’alto, cioè verso l’Europa».
Per esempio la sanità che la pandemia ha denudato, dimostrando la Babele delle singole gestioni regionali.
«La gestione del Covid è stata la cartina di tornasole in questo senso».
Da Roma si promette a più voci che alle regioni a statuto ordinario sarà concessa a breve un’autonomia dinamica. Torneranno a vigilare i prefetti del Ventennio?
«Non è facilmente prevedibile che tipo di piega prenderà e se si avvierà questa riforma. Se si arriverà ad una maggiore devoluzione dei poteri anche alle regioni a Statuto ordinario. Senza avere sottomano una palla di vetro, credo che se una lezione deve venire dal nostro passato è che la conquista dell’autonomia è un processo dinamico e deve prevedere un continuo dialogo, una continua mediazione fra la periferia ed il governo centrale».
La nostra storia, infatti, ha dimostrato che non si può procedere a strappi.
«Gli strappi lacerano e lasciano indietro sempre qualcuno».
Tra poco più di un mese si va alle urne con due sistemi elettorali differenti fra Trento e Bolzano. Un segnale forte di autonomia e di autogoverno provinciale, o solo un segno di debolezza complessiva?
«È chiaro che dare stabilità ai territori e garantire la governabilità dovrebbe essere preoccupazione di tutti. In Alto Adige un sistema maggioritario cozzerebbe con la garanzia di una rappresentanza equilibrata dei vari gruppi linguistici. Altra preoccupazione dovrebbe essere quella di saper governare insieme, indipendentemente dal colore dei governi locali, le molte questioni che non si fanno costringere dentro ai confini delle rispettive province».
Già, ma non sempre c’è stata o c’è concomitanza di vedute fra Trento e Roma.
«Vero. Evidentemente quando l’autonomia si comincia a declinare emergono visioni e prospettive diverse».
Per quanto riguarda la provincia di Trento si sta avverando il timore di Bruno Kessler di «un Trentino piccolo e solo».
«Non si difende l’autonomia se non si fa massa critica, se non si trovano le ragioni per collaborare insieme. Penso sempre alle sinergie tra Trento e Bolzano che sarebbe possibile avviare. L’Euregio è un altro ambito da rafforzare, in cui il Trentino coopera in proiezione europea. Una cosa è certa, non sarà la Regione di settant’anni fa a far sentire in futuro il Trentino meno piccolo e solo».
Il 5 settembre a Trento e Bolzano, come accade ormai da 15 anni, si celebra la «Giornata dell’autonomia». In codesta situazione ha ancora senso?
«La cultura dell’autonomia si esprime anche attraverso i suoi momenti simbolici e celebrativi. Momenti che possono essere l’occasione per riflettere pubblicamente sulla propria storia e trasmettere l’idea che l’autonomia è una conquista di tutti. Aggiungo che la scelta di celebrare questa giornata a Trento con una riflessione sull’opera di un sudtirolese, Claus Gatterer, mi pare un bel segnale di attenzione verso la condivisione di una comune cultura dell’Autonomia».
l'intervista
di Davide Orsato
L’analisi del giornalista che ha di recente pubblicato un manuale per spin doctors dal titolo «Non difenderti, attacca» e contiene 50 regole per una comunicazione politica (imprevedibile e quindi efficace)