La vicenda

giovedì 14 Settembre, 2023

Levico, accuse al vicesindaco su Telegram: scatta la diffamazione aggravata

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In un gruppo un levicense aveva pubblicato gli estremi di una pratica edilizia a nome dell'amministratore

Molto spesso l’utilizzo dei social e di altri sistemi di messaggistica istantanea vengono utilizzati dai residenti per accusare i politici. Capita, però, che possa scattare il reato di diffamazione e si finisca in tribunale. A Levico c’è un caso a riguardo. La vicenda risale al 2022, quando un cittadino ha pubblicato un commento ai danni del vice sindaco Patrick Arcais, che si è visto costretto a querelarlo. Il cittadino levicense aveva inviato in un canale Telegram, che contava allora oltre 120 membri, gli estremi di una pratica edilizia a nome di Patrick Arcais, aggiungendo il commento «sanatoria di abuso edilizio di Arcais ecco perché si diventa vicesindaco».
Arcais, dopo aver appreso la diffusione di quel messaggio, ha proceduto con la querela, assistito dall’avvocato Morgan Betti. A seguito del rinvio a giudizio, a conclusione della prima udienza, tenutasi presso il giudice di pace di Borgo Valsugana lo scorso 5 settembre, la giudice Tiziana Toma ha rilevato la propria incompetenza in tema, inviando nuovamente i fascicoli alla Procura, ritenendo il capo di imputazione aggravato dalla diffusione a mezzo stampa o altro metodo di comunicazione. La palla passerà quindi ora al tribunale, il quale valuterà la questione non più come diffamazione semplice, ma aggravata. Il vicesindaco Arcais, raggiunto telefonicamente, riferisce di aver agito dopo aver letto quel messaggio poiché «l’utente in questione, con l’invio di quel messaggio, è uscito dalla sfera della legittima critica politica per entrare pesantemente e soprattutto ingiustamente in quella personale. Sono assolutamente certo dell’infondatezza relativa a quella frase e, fiducioso nella giustizia, attenderò silenziosamente e pazientemente che questa faccia il suo corso». Diverso, invece, il pensiero della controparte e del suo avvocato, Paolo Chiariello, legale dell’accusato. «Chiaramente avremmo preferito cavarcela prima, senza arrivare in tribunale – spiega l’avvocato Chiariello -. In ogni caso credo si possa parlare di manifestazione del diritto di critica. Si tratta, dunque, del classico caso di diritto di critica politica ed è anche quello che ci aspettiamo poi in tribunale. Ora non voglio parlare del caso specifico e mi riferisco quindi più in generale: siamo di fronte a un periodo storico in cui molti sono intolleranti alla critica politica. Questo aspetto, in una democrazia, rimane di fondamentale importanza».