L'intervista
venerdì 15 Settembre, 2023
di Francesco Barana
La ragione e il sentimento. Senza scomodare il romanzo capolavoro di Jane Austen, qui parliamo di tennis. «Il sentimento del tennis di ieri e la ragione di quello di oggi» dice Omar Camporese, numero uno italiano negli anni Novanta ed ex 18 del mondo, sulla rinuncia di Jannik Sinner alla Coppa Davis in corso questa settimana a Bologna, che Camporese sta commentando per la Rai assieme ad Adriano Panatta e Paolo Cané. Una reunion in piena regola – anche se dai microfoni – della squadra di trent’anni fa, quando Turbodiritto (così Giampiero Galeazzi chiamava Camporese) in azzurro tra il 1989 e il 1997 batteva fuoriclasse come Bruguera, Sampras, Stich, Emilio Sanchez e Moya.
Mercoledì invece l’Italia di Volandri ha perso 3-0 contro il Canada e, in attesa della sfida di oggi contro il Cile, decisiva per le finali di Malaga del 21-26 novembre, sono (ri)montate le polemiche sul grande assente, Sinner.
Altri big però hanno dato forfait, in primis Alcaraz e Zverev. Come se lo spiega, Camporese?
«Il fatto è che nel tennis di adesso tutto gira intorno ai soldi e ognuno pensa solo per sé. Si è perso il sentimento».
Lei in Davis ha perfino giocato con un braccio rotto per l’epicondilite…
«E Gaudenzi con una spalla lussata, Cané con gli addominali rotti, Pescosolido con i crampi. Per noi la Coppa Davis era tutto. Ci andavamo gratis, a differenza di adesso. Quelle emozioni non te le dava nemmeno Flushing Meadows, il Roland Garros o Wimbledon. C’era il calore del pubblico e milioni di italiani che ti seguivano in tv…»
Oggi invece?
«La Davis di adesso è un’altra cosa, l’hanno rovinata con l’attuale format e i palazzetti deserti. Ho apprezzato il video di Wawrinka che prima di entrare in campo a Manchester con la Svizzera ha immortalato al telefono gli spalti vuoti. Sono convinto che presto si tornerà alla formula tradizionale. Poi è cambiata la mentalità dei giocatori…».
Manca il sentimento, diceva…
«Il dio denaro comanda e si è egoisti. E il calendario non aiuta. Hanno messo la Davis all’indomani degli Us Open e prima dei ricchi Masters 1000 autunnali. E tra due mesi ci sono le Atp Finals. Nessun big vuole rischiare di farsi male. È un ragionamento che noi non avremmo mai fatto».
Sinner è stato molto criticato dagli appassionati…
«Per i tifosi italiani la Coppa Davis ha ancora un significato, spero che Sinner e chi gli è vicino in futuro se ne rendano conto. C’è ancora l’eco delle nostre imprese. L’altro giorno ho messo una foto social con Panatta e Cané e la gente ha commentato entusiasta».
Negli anni 90 avete creato un’epica, pur senza mai vincere l’Insalatiera…
«Mi eccitavo a giocare in Nazionale, ci ho sempre messo qualcosa in più e ho vinto match che in altri contesti forse avrei perso».
Qual è il suo ricordo più vivido?
«Maceiò, in Brasile, nel 1992. Mai visto un pubblico simile. Avevamo anche paura, nel turno precedente, contro la Germania, a Becker avevano tirato i serpenti. Fu una torcida. Contro Mattar mi sembrò di vincere solo contro il mondo».
A proposito di Becker, è l’unico campione che non ha mai battuto…
«Nel ‘91 a Dortmund subii e subimmo un furto. Fu l’unico nella storia in cui cambiarono il giudice di sedia talmente era inadeguato. Ero avanti di due set e non mi diede un punto sulla palla break del 3-2 del terzo set, quando fece ripetere a Becker una seconda di servizio nettamente out. Sfasciai lo spogliatoio dalla rabbia».
Come se la spiega la disfatta contro il Canada?
«I giocatori sono stati condizionati dalle polemiche e dal clima da tutti contro tutti che si è scatenato dopo rinuncia di Sinner e la mancata convocazione di Fognini. In Davis poi la palla pesa una tonnellata, devi avere giocatori tosti altrimenti fai flop».
Eppure non tira bella aria, uno tra Musetti e Sonego rischia il posto da singolarista.
«Io li confermerei entrambi, escluderli sarebbe una mazzata psicologica per loro. Possono riscattarsi, con il Cile non sei favorito e questo potrebbe aiutarli ad avere meno pressione».
Appunti a Volandri?
«Fognini in doppio sarebbe servito come il pane, al suo posto è stato chiamato Vavassori, che però è stato escluso per Arnaldi che non è un doppista. Ma è lui che vede i giocatori, le sue scelte vanno rispettate».
Il capitano avrebbe potuto gestire meglio le polemiche di cui sopra?
«Non so, non è facile essere capitano, serve carisma. Ho avuto la fortuna di avere Panatta, che ne aveva da vendere. Lo ammiravamo. Ci litigai solo una volta, quando in Austria mi preferì Nargiso. Non volevo più saperne di lui e volò fino a New York per convincermi a restare in azzurro. Sui giornali non uscì una riga, non una mezza polemica».
l'intervista
di Davide Orsato
L’analisi del giornalista che ha di recente pubblicato un manuale per spin doctors dal titolo «Non difenderti, attacca» e contiene 50 regole per una comunicazione politica (imprevedibile e quindi efficace)