Il caso
domenica 17 Settembre, 2023
di Benedetta Centin
Il giorno dopo la notizia della vittoria, da parte del dottor Saverio Tateo, della causa di lavoro intentata contro l’azienda sanitaria provinciale che lo aveva messo alla porta nell’ottobre 2021, in seguito alla decisione del giudice del lavoro, Giorgio Flaim, di reintegrarlo quale direttore dell’Unità operativa di ginecologia e ostetricia del Santa Chiara, considerando il suo licenziamento «illegittimo per difetto della giusta causa addotta», da più parti si guarda a chi, in quel reparto, ci lavora. A partire dal presidente dell’ordine dei medici di Trento, Marco Ioppi. «Le sentenze si rispettano e non vanno commentate — chiosa — di certo c’è che se il dottor Tateo dovesse essere reintegrato in quel reparto bisogna che l’azienda sanitaria riporti un clima di salubrità, che faccia in modo che siano superati i dissidi e i conflitti che hanno determinato questa situazione eccezionale, sfociata in tribunale. Una cosa grave, seria, che bisogna ricomporre, per far sì che il reparto continui a lavorare con efficienza». Ioppi spiega ancora che «la preoccupazione dell’ordine è che i medici esercitino in un clima più sereno possibile in favore dei pazienti».
Ferrari: «Lavoratrici da tutelare»
Manifesta «preoccupazione per le professioniste che lavorano nel reparto in cui dovrà essere reintegrato il dottor Tateo e che stanno portando avanti la denuncia penale» anche Sara Ferrari, deputata trentina del Pd. «Il mio appello è rivolto a loro, perché tengano duro e non si sentano frustrate — fa sapere — Quanto all’azienda sanitaria provinciale mi auguro che sappia intervenire a tutela loro e del servizio pubblico, e che la politica, chi governa la Provincia, ora sappia gestire la situazione». Azienda che, secondo Ferrari, «con colpevole leggerezza, per lungo tempo non ha pesato le segnalazioni fatte e ha soprasseduto su quei comportamenti vessatori, legittimando che ci fosse un clima insalubre. E le 60 fughe in cinque anni dovevano pur dire qualcosa». Per la deputata «c’erano i presupposti perché l’azienda sanitaria perdesse la causa di lavoro dato il suo comportamento incoerente, visto che ha prima rinnovato il contratto al dottor Tateo e poi lo ha licenziato.
«Danno alle casse pubbliche»
C’è poi il capitolo dell’indennità risarcitoria che, come disposto dal tribunale, l’azienda sanitaria dovrà a Tateo. Si tratta di circa due anni di stipendi, oltre ai contributi previdenziali. Una somma che, approssimativamente, potrebbe arrivare a 300 mila euro se si considera che la retribuzione annua lorda del 2019 di Saverio Tateo (i dati sono stati pubblicati in Rete dalla stessa azienda sanitaria provinciale) ammontava a 175 mila 397 euro, con in più 17 mila 670 euro della libera professione. «Si tratta di un danno alle casse pubbliche e qualcuno dovrà risponderne — continua la deputata — spero comunque che questa sentenza possa essere ribaltata in sede di appello e che non abbia ripercussioni sulla vicenda penale, rispetto alla fermezza dei testimoni».
Fenalt: «Chi ha sbagliato paghi»
A parlare di danno è anche il sindacato autonomo, del pubblico impiego, Fenalt, che si aspetta appunto che «chi ha commesso sbagli paghi il danno, e che se ci sono stati errori amministrativi vengano perseguiti». Maurizio Valentinotti, segretario generale Fenalt, commenta così: «La reintegrazione del dottor Tateo sta destando stupore e suscitando commenti fra lavoratori, politici, osservatori. Va detto che la sentenza prima va letta: difficile pensare che la commissione disciplinare dell’Apss, sempre così precisa e puntuale con tutti i lavoratori che commettono qualche piccolo errore, abbia agito senza aver valutato la gravità degli elementi emersi, possibile invece che il procedimento sia stato viziato nella forma». Per il referente del sindacato «Se così fosse direi che i responsabili del procedimento dovrebbero a loro volta essere immediatamente sottoposti a procedimento disciplinare e dovrebbero pagare il danno» continua Valentinotti. A chi poi, come l’ex assessore Zeni, «si vanta per aver avuto un atteggiamento prudente in questa vicenda, atteggiamento che a posteriori sembrerebbe l’opzione giusta, vorrei dire — sono ancora parole del segretario generale — che auspichiamo che ogni tanto ci sia al posto giusto chi ha sia la competenza, sia il coraggio, per fare le cose giuste al momento giusto. Solo così si possono evitare i danni, alle persone e all’azienda».
Zeni: «Era una procedura forzata»
L’ex assessore alla salute e consigliere provinciale uscente del Pd Luca Zeni, su Facebook venerdì ha scritto: «Quando scoppiò il “caso Tateo”, venni criticato per la mia “cautela”. Feci infatti notare che il diritto del lavoro ha delle regole, ed è del tutto anomalo che un dirigente medico riceva una valutazione con il massimo dei voti, e poche settimane dopo, in seguito alle dichiarazioni a mezzo stampa di Fugatti che invocava interventi esemplari, l’azienda sanitaria avviasse le procedure di licenziamento senza mai aver svolto una contestazione. Fui facile profeta nel manifestare la mia forte perplessità rispetto a quella procedura così forzata». Zeni spiega: «Feci anche una richiesta di accesso agli atti per visionare la documentazione della commissione nominata per l’indagine, ma mi venne denegata. Decisi di ritirare il ricorso (che credo di poter dire avrei avuto buona probabilità di vincere, come già mi è capitato) dopo l’apertura dell’indagine penale, che possiede una sfera di riservatezza maggiore». Per il consigliere «rimane la constatazione di un modo di agire che ancora una volta subordina il diritto alla volontà politica, e questo, a prescindere dalle situazione e dal merito della vicenda, è sempre un fatto grave per le istituzioni e per il loro rapporto con la società».