La biografia

sabato 23 Settembre, 2023

Addio a Giorgio Napolitano, dal Pci al Colle. Il primo presidente eletto due volte

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Scomparso a 98 anni è cresciuto nel Pci e ha reinterpretato il ruolo di Capo dello Stato pur di mettere al sicuro il Paese

Primo Capo dello Stato rieletto nella storia della Repubblica, unico presidente nato e cresciuto politicamente nelle fila del Pci, europeista e atlantista convinto (tanto da essere considerato l’unico comunista amato Oltreoceano), uomo così impegnato nella difesa delle istituzioni da reinterpretare, in qualche caso, le prerogative previste dalla Costituzione per il suo ruolo pur di mettere al sicuro il paese. Giorgio Napolitano si è spento ieri sera all’età di 98 anni, compiuti lo scorso 29 giugno. Da tempo era ricoverato e negli ultimi giorni le sue condizioni si erano molto aggravate.

Eletto quale undicesimo inquilino del Colle la prima volta il 10 maggio 2006 e la seconda volta il 20 aprile 2013, Napolitano ha indossato, in entrambi i mandati da presidente della Repubblica, oltre alle vesti che gli competevano come garante della Costituzione, anche quelle di un Capo di Stato con maggiori poteri esecutivi, indirizzando e guidando il lavoro dei cinque governi che ha battezzato.

Quasi nove anni trascorsi nelle stanze del fu Palazzo dei Papi e prima una vita in politica e per la politica, come deputato (viene eletto per la prima volta nel 1953 e ne fa parte – tranne che nella IV legislatura – fino al 1996), presidente della Camera dal 1992 al 1994, europarlamentare, ministro dell’Interno del governo Prodi dal maggio 1996 all’ottobre 1998. E’ proprio in seguito alle dimissioni del secondo governo Prodi che Napolitano si trova a gestire le sue due prime crisi dell’esecutivo, da presidente della Repubblica: nel 2007 e nel 2008, quando poi decide di sciogliere le Camere.

Nel 2013, dopo le elezioni politiche della ‘non vittoria’ del Pd, l’allora inquilino del Colle affida a Pierluigi Bersani un mandato esplorativo. Beppe Grillo e compagni dicono no e ne segue uno stallo che coinvolge anche la scelta del suo successore al Colle. Dopo 5 votazioni andate a vuoto Napolitano dice sì al secondo mandato. «E’ un segno di rinnovata fiducia che raccolgo comprendendone il senso, anche se sottopone a seria prova le mie forze», dice. ‘Re Giorgio’, però, non risparmia il j’accuse: bisogna «offrire, al paese e al mondo, una testimonianza di consapevolezza e di coesione nazionale, di vitalità istituzionale, di volontà di dare risposte ai nostri problemi. E’ a questa prova che non mi sono sottratto», dice, ma mentre i parlamentari lo applaudono punta il dito contro quanto accaduto: «Il punto di arrivo di una lunga serie di omissioni e di guasti, di chiusure e di irresponsabilità», che partono dalle mancate risposte a «esigenze fondate e domande pressanti di riforma delle istituzioni e di rinnovamento della politica e dei partiti».

Il 31 dicembre 2014 Napolitano spiega la decisione di lasciare, di «rassegnare le dimissioni», interrompendo dopo meno di due anni il suo secondo settennato: «Ho il dovere di non sottovalutare i segni dell’affaticamento e le incognite che essi racchiudono, e dunque di non esitare», dice chiaro. Il suo però non è un addio. La mancata attuazione delle riforme istituzionali gli impone nuovi interventi, anche se da senatore a vita e presidente emerito. Così accade con il contestato disegno di legge Boschi, che però «deve essere portato al suo compimento». Fino alla battaglia referendaria, quando richiama alla pacificazione e al dialogo costruttivo ricordando «lo spirito che condusse una larghissima maggioranza ad approvare la Carta nell’Assemblea costituente nonostante, su punti non da poco, molti avessero forti riserve».