Elezioni 2023
martedì 26 Settembre, 2023
di Margherita Montanari
Erano sei su sette. Sul palco della nuova sala della Cooperazione, nell’ordine in cui sono stati sorteggiati i loro nomi, sedevano Maurizio Fugatti (Centrodestra), Alex Marini (M5s), Francesco Valduga (Centrosinistra), Filippo Degasperi (Onda), Sergio Divina (Alleanza per il Trentino) e Marco Rizzo (Democrazia Sovrana). Cinque sfide, tempi scanditi dal cronometro e per i candidati presidente che il prossimo 22 ottobre si contenderanno la guida della Provincia di Trento poco margine per sgarrare nel rispondere alle domande del direttore del quotidiano «Il T», Simone Casalini. Davanti a loro una platea di cittadini e alcuni degli 800 candidati che li affiancano nella corsa. Il dibattito promosso ieri dal coordinamento provinciale imprenditori (Cpi) partiva da alcune richieste contenute nel dossier presentato dal raggruppamento delle aziende trentine per contribuire al dibattito politico. Ma ha finito per toccare anche temi di stringente attualità. Sanità, crisi demografica e bypass ferroviario hanno diviso i protagonisti della contesa politica ma anche la platea di potenziali elettori. Divisa tra applausi di approvazione e mormorii più esitanti.
Qual è la sua visione di autonomia? Nei rapporti con Roma, con Bolzano e nella collocazione geopolitica, quale ruolo e futuro può avere l’autogoverno?
Fugatti: «I rapporti con Roma sono collaborativi, leali e rispettosi. Proprio stamattina abbiamo chiuso un accordo che è andato a sanare un accordo risalente al 2014, relativo ad arretrati che lo Stato doveva a Trento e Bolzano. Una partita che vale 468 di milioni per il Trentino. All’interno di questo il rapporto, abbiamo lavorato con Bolzano seriamente. Il disegno sull’autonomia differenziata può essere usato per accelerare a nostro vantaggio alcune partite con Roma»
Marini: «La sede della Regione è quella opportuna per portare avanti l’autonomia. Il fatto che la Regione abbia poco controllo sulla trasparenza delle società da lei controllate è emblematico del fatto che non sia valorizzata. Inoltre, oggi abbiamo un’autonomia centrata a Trento, ma non una vera esperienza di autogoverno. Lo vediamo dai Comuni: la loro dipendenza finanziaria dalla Provincia va svincolata».
Valduga: «L’autonomia è un modo d’essere, di fare comunità. Come Trentino abbiamo davanti una grande opportunità: trasformare il territorio in corridoio di sostenibilità. Questo rende necessaria la relazione dell’autonomia con chi è più a nord: verso Bolzano e verso l’Euregio. È dentro tale contesto che vogliamo mostrare a Roma la nostra specialità e attraverso cui difendiamo la nostra autonomia»
Degasperi: «Il Trentino corre il rischio di omologazione, l’autonomia è la sola cura. Non serve una bulimia di competenze, ma vanno valorizzate al meglio le competenze esistenti. Ci impregneremo perché l’autonomia torni ad essere esercizio di pensiero e non sinonimo di identità. Lavoreremo per un’autonomia per tutti e non solo per qualcuno».
Divina: «La debolezza della nostra autonomia la vedo nella frammentazione della Regione, a cui serve un presidente. Bolzano è più forte, la nostra è una provincia sempre più cenerentola. Il cappello regionale va rafforzato per rafforzare anche la nostra».
Rizzo: «Non può esserci autonomia senza sovranità. L’autonomia è un appartamento di cui abbiamo le chiavi, ma se non abbiamo la sovranità non abbiamo le chiavi del palazzo, e quindi non possiamo entrarci».
La crisi demografica rischia di indurre al collasso il sistema economico, sociale, previdenziale. Quali misure per contrastarla?
Fugatti: «A inizio legislatura abbiamo introdotto l’assegno di natalità, un sostegno economico alle famiglie che dovrà essere valutato nel lungo periodo. L’altro obiettivo è avere più donne lavoratrici. Pensiamo a incentivi per le imprese che favoriscono l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro».
Marini: «Il primo punto è dare una risposta a chi non è autosufficiente, dato che gli over 65 saranno sempre di più: nuovi posti letto nelle Rsa e una sanità più efficiente. E poi il problema del divario di genere sul lavoro: dobbiamo assicurare permessi parentali a donne e uomini: è una questione normativa ma anche culturale».
Valduga: «Dobbiamo creare lavoro e servizi per i giovani, affinché restino sul territorio e vogliano costruirci le proprie famiglie. Quindi serve lavorare sull’attrattività».
Degasperi: «Per affrontare il calo demografico dobbiamo migliorare le politiche del lavoro e sulla casa. I giovani d’oggi sono precari e la sicurezza dell’abitare non è più garantita».
Divina: «La spesa sociale deve pensare seriamente alle problematiche legate all’anzianità. Manca un focus sul lavoro femminile: occorre pensare a politiche di lavoro flessibile, non soltanto nel pubblico ma anche nel settore privato. E poi agire sulla retribuzione diretta del lavoro, promuovendo politiche come la compartecipazione degli utili».
Rizzo: «Dobbiamo studiare politiche sul lavoro per far lavorare chi c’è già in Italia. Con un piano straordinario di manutenzione del territorio per occupare le persone».
Quali sono le due leve per aumentare l’attrattività del territorio?
Fugatti: «Crediamo che occorra legare al percorso delle giovani borse di studio che leghino alla permanenza sul territorio, o borse di studio per andare all’estero ma che poi incentivino o obblighino a tornare. L’università di medicina, con il 50% di allievi che arrivano dalla regione, ha un effetto attrattività che è importante. Basti pensare che per la prima volta dal 2004 siamo tornati in attivo per attrattività sanitaria».
Marini: «Per attrarre imprese occorre eliminare la burocrazia e alleggerire il carico fiscale. Servirebbe forum fiscale per definire le politiche in materia di tassazione in una logica condivisa. E poi c’è l’istruzione, insieme all’università e alla ricerca, che può svolgere un ruolo fondamentale per attrarre capitale umano sul territorio»
Valduga: «Servono investimenti forti in formazione e ricerca e nel rapporto tra formazione e impresa. Un circolo virtuoso in grado di creare attrattività. Ma prima dobbiamo lavorare sulla qualità della vita, sui servizi, sulle infrastrutture e sulle politiche della casa: per chi viene da fuori va predisposta una vita familiare che invogli a rimanere sul territorio».
Degasperi: «La mobilità e la libera circolazione dei giovani non vanno biasimati. Ma per incentivare il ritorno serve intervenire sulle retribuzioni: in Trentino i salari sono i più bassi del Nord Est»
Divina: «Il parametro per essere attrattivi nei confronti delle imprese è la buona amministrazione».
Rizzo: «Dobbiamo cambiare il paradigma della scuola, troppo legato all’attività delle imprese. Serve più qualità».
In tema di grandi investimenti (dal Bypass al termovalorizzatore alle infrastrutture come la Valdastico) quali manderebbe avanti e quali non ritiene prioritarie?
Fugatti: «Sul Bypass rimaniamo favorevoli. Chiaramente occorre avere tutte le attenzioni ambientali e di tutela della salute: Rfi deve lavorare in modo rispettoso su questi due temi. Quanto al termovalorizzatore, il ciclo dei rifiuti va chiuso e quindi un impianto serve. Abbiamo messo tanti altri investimenti a bilancio in questa legislatura».
Marini: «Sul Bypass siamo scettici. Non so chi abbia rilasciato le autorizzazioni, nel 2008, soprattutto in relazione alla bonifica dell’area. Anche sulla Valdastico diciamo no. E per il termovalorizzatore dovremmo considerare che pagheremo per ogni tonnellata di anidride carbonica emessa dall’impianto, per effetto delle norme Ue».
Valduga: «Condividiamo il progetto del Bypass. Deve essere il meno invasivo ambientale dal punto di vista del territorio che occupa. Sulla chiusura del ciclo dei rifiuti, peccato che si sia persa l’opportunità di un ragionamento regionale con Bolzano. La Valdastico? Il progetto è devastante dal punto di vista ambientale»
Degasperi: «Il problema del Bypass è la disconnessione con l’obiettivo di trasferire la mobilità delle merci da gomma a rotaia. Rimaniamo contrari. Alla Valdastico proponiamo alternative, come la ferrovia della Valsugana, per sgravare il traffico».
Divina:«Il Bypass è un’opera che serve e che va fatta, ma che è stata calcolata molto male. I terreni di Trento Nord sono ben conosciuti da chi abita in città e non vi è tracciato più sbagliato di quello progettato. Spostando l’uscita della circonvallazione ancora più a nord si andrebbe a risolvere la questione. Sull’inceneritore: è il peggior sistema per smaltire i rifiuti, servono soluzioni più innovative».
Rizzo: «Siamo contrari al paradigma delle grandi opere, che puntano alla redditività in termini di occupazione compensata con la salute dei cittadini e l’ambiente»
Quale sarebbe il suo primo atto politico, nel caso fosse eletto Presidente della Provincia?
Fugatti: «Continuerei con quanto avviato. Serve tenere fermo il tema degli investimenti, importanti nell’ultima legislatura. Scelta positiva, visto che i valori di crescita del Pil mettono la Provincia in cima alle classifiche. Come prima delibera, l’ampliamento a pubblici esercizi e sanità di quanto fatto per gli albergatori per la rifunzionalizzazione di strutture dismesse».
Marini: «Una legge contro consumo di suolo e un piano di mitigazione dei cambiamenti climatici, affiancati da un piano di efficientemente degli edifici».
Valduga: «Trovare risorse per gli adeguamenti dei contratti pubblici e sbloccare investimenti per le imprese che virano verso la conversione ecologica. In materia di sanità, ridurre le liste d’attesa e efficientare la qualità del servizio pubblico».
Degasperi: «Per rimotivare il personale, si potrebbe assegnare la scelta dei vertici aziendali ai lavoratori. Poi investire nella scuola, che ha perso la sua leva di ascensore sociale».
Divina: «Un atto politico: una riunione fra tutti i dirigenti, per spiegare loro l’utilità dell’ascolto di ogni bisogno dei cittadini».
Rizzo: «Un piano straordinario di manutenzione del territorio. Solo dal lavoro possiamo rinascere. Il Bypass ha solo effetti negativi. Citerei il caso della diga del Vanoi: non vorrei che questa opera, voluta da Zaia, fosse subìta dal Trentino».