La condanna
mercoledì 27 Settembre, 2023
di Redazione
Ergastolo per tutti e tre. E’ la richiesta avanzata ai giudici dal pm del caso Ziliani, la ex vigilessa di Temù (Brescia) uccisa nel maggio del 2021. Secondo l’accusa a soffocarla, dopo averla sedata con dei farmaci, sarebbero state le due figlie insieme al fidanzato della più piccola (che era anche l’amante della più grande). Il movente? L’eredità. Il pm ha chiesto la pena più pesante per per Paola e Silvia Zani e per il fidanzato di quest’ultima, Mirto Milani. L’accusa contesta infatti le aggravanti di premeditazione e mancata considerazione della terza sorella malata che aveva bisogno della mamma. Inoltre, secondo il sostituto procuratore, per alcuni istanti la vittima avrebbe avuto modo di accorgersi di quello che stava accadendo. Mentre la confessione degli imputati è stata tardiva e ormai del tutto ininfluente per le indagini. Soltanto il 18 settembre le due imputate erano state giudicate capaci di intendere e di volere, in base alla perizia dello psichiatra Giacomo Filippini. Laura Ziliani, ex vigilessa 55enne di Temù (Brescia), era stata stordita e soffocata a morte l’8 maggio del 2021. Paola, Silvia e Mirto, che da tempo pianificavano l’omicidio della donna, ne avrebbero nascosto il cadavere e avrebbero poi tentato di depistare le indagini. In un primo momento hanno denunciato la sua scomparsa poi, man mano che proseguivano le ricerche, avevano fatto trovare alcuni suoi indumenti, come una scarpa vicino a un sentiero, inscenando un incidente in montagna. La donna infatti era grande appassionata di escursioni, hobby che coltivava insieme al marito prima che morisse proprio in un incidente in montagna travolto da una valanga. I tre, invece, avevano già seppellito il corpo di Ziliani in una buca vicina al fiume Oglio. Cadavere che è stato poi restituito dal torrente nell’agosto dello stesso anno. Pochi giorni dopo, Paola, Silvia e Mirto vennero arrestati con l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere, ma solo dopo otto mesi hanno confessato.
I tre imputati sono stati sottoposti a perizia psichiatrica. Questa ha rilevato come «tutti e tre non abbiamo a che fare con patologi di tipo psicotico», ha affermato lo psichiatra Filippini davanti ai giudici. Perciò, erano tutti in grado di intendere e di volere nel momento dell’omicidio.
Nell’udienza di ieri, inoltre, il consulente di parte Mario Massimo Mantero, ha spiegato che Paola, Silvia e Mirto avevano creato un gruppo «molto chiuso, autoriferito», che a causa dell’isolamento imposto dalla pandemia si sarebbe acuito. Secondo Mantero, il delitto è stato compiuto «da tre persone che singolarmente non avrebbero avuto un vissuto violento». Aspetti dell’omicidio emersero grazie alle confidenze che Milani fece in carcere a un compagno di cella. Il detenuto raccontò che la sera del delitto Milani e le due sorelle Zani stavano preparando dei muffin e riempirono quello destinato a Laura Ziliani con benzodiazepine, che come noto hanno anche funzioni sedative. La vigilessa mangiò il muffin ma non crollò “come previsto” in pochi minuti. «Laura a un certo punto è ormai rintronata – raccontò il detenuto compagno di cella di Milani – e va in cucina per prendere da bere dal frigorifero. A quel punto scatta la furia di Silvia che prende da dietro la madre. Laura cade sulla figlia, le salta sopra Paola per tenerla ferma, ma la mamma non muore. Con Mirto le mettono il sacchetto di plastica sulla testa e lo chiudono con una fettuccia e una porzione di prolunga». Agli inquirenti il compagno di cella ha detto che Milani aveva il dubbio che Ziliani fosse ancora viva quando è stata seppellita. Nelle loro deposizioni in aula le due sorelle Zani hanno invece avuto atteggiamenti e riportato versioni differenti.
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