l'evento
mercoledì 27 Settembre, 2023
di Emanuele Paccher
La mafia, in Trentino, c’è. A dimostrarlo ci sono più sentenze di primo grado del processo «Perfido» – pur tenendo fermo il principio di non colpevolezza fino alla definitività della sentenza –, che lo scorso 27 luglio ha condannato in primo grado 8 imputati per un totale di 76 anni di carcere; nonché altri filoni dello stesso processo che si sono incardinati su regimi processuali differenti e che hanno portato a condanne anche in secondo grado, come la sentenza a carico di Saverio Arfuso, condannato in primo grado a 10 anni e 10 mesi e, in appello, a 8 anni e 10 mesi.
Uno scenario che ai più sembrava impossibile. Ma la presenza della ‘Ndrangheta non è in dubbio, e il Trentino e i trentini devono prendere coscienza di questa realtà. È a questo obiettivo che ambiscono Libera, Arci, Acli, l’istituto Martino Martini, Questotrentino e il coordinamento lavoro porfido, che nella serata di ieri hanno organizzato – in collaborazione con il Comune e l’Università di Trento – un incontro con don Luigi Ciotti all’auditorium Santa Chiara di Trento.
Sold out al Santa Chiara
Un incontro molto partecipato, con tutti i posti disponibili – oltre 800 – che si sono riempiti. Ampia anche la partecipazione giovanile, con oltre 300 ragazze e ragazzi provenienti da vari istituti superiori della città. Presente in sala anche il primo cittadino di Trento, Franco Ianeselli. «La mafia vige se non c’è una società civile attiva e attenta. Voglio poi lanciare un monito: io spesso uso la parola infiltrazione parlando di mafia. Penso sia un rischio: è più corretto dire presenza. Questo perché se noi parliamo di infiltrazione può esserci l’idea che se si chiude l’infiltrazione sia tutto a posto. Invece se si parla di presenza si riesce ad avere una consapevolezza storica del fenomeno», le parole del primo cittadino.
Un sistema mafioso che ha potuto insinuarsi in regione anche grazie all’omertà e all’ignoranza dei più, come ha spiegato Ettore Paris, direttore di Questotrentino. «La cittadinanza sa poco delle infiltrazioni mafiose in Trentino, forse perché non la ritiene una cosa grave. C’è stato però un pestaggio (del cittadino cinese Hu Xupai nel 2014, ndr) e ci sono state numerose sentenze che hanno riscontrato il reato di associazione mafiosa nel nostro territorio. I carabinieri di Albiano quando c’è stata la denuncia non hanno arrestato i picchiatori. L’operaio, inoltre, non è stato portato subito in ospedale. Molti magistrati hanno archiviato degli esposti, dichiarando che il Trentino era libero dalla mafia».
«Cambiare insieme»
Il culmine della serata si è raggiunto con l’intervento di don Luigi Ciotti. Nato a Pieve di Cadore nel 1945, Ciotti ha trascorso l’infanzia in condizioni di semi povertà a Torino. Negli anni ’60 si avvicina al mondo cattolico, prendendo i voti nel 1972. Risale a quel periodo la sua attenzione agli ultimi, alle disuguaglianze, alle ingiustizie. Don Ciotti vuole cambiare le cose: nel 1965 fonda il «Gruppo Abele» e, nel 1973, il «Centro Droga», luoghi di accoglienza e ascolto per giovani con problemi di tossicodipendenza.
Negli anni ’90 rimane scosso dalle stragi di mafia e decide di fondare, nel 1995, il mensile «Narcomafie» – dal 2020 divenuto un bimestrale dal titolo «Lavialibera» – e, successivamente, l’associazione Libera, che oggi è un punto di riferimento per tutte le realtà impegnate nell’antimafia.
Dall’auditorium del Santa Chiara don Ciotti ha lanciato un forte appello alla responsabilità individuale: «Questa è una Provincia meravigliosa. È la natura, l’ambiente e l’onestà di tante persone. Non dobbiamo preoccuparci, ma dobbiamo prendere coscienza che la mafia c’è, che il male c’è», le sue parole. «Ciò che dobbiamo fare è unire le forze per diventare una forza di cambiamento. Il cambiamento ha bisogno di ciascuno di noi. Non possiamo pensare che tocchi sempre ad altri fare. L’illegalità mette piede solo in terra fertile di irresponsabilità».
«Responsabilità, primo punto»
La consapevolezza è che per arginare il fenomeno mafioso non c’è bisogno di eroi, ma del contributo di ognuno di noi. «Dobbiamo essere cittadini responsabili. La responsabilità è la spina dorsale della democrazia. L’attuale declino politico, economico e culturale che si respira in questo clima viene anzitutto da un deficit etico», ha spiegato don Ciotti. «Il male non è solo di chi lo commette, ma anche di chi guarda e non vede, di chi assiste ma non fa nulla. Il male vive anche nelle nostre omissioni. Ci sono dei momenti della vita in cui tacere diventa una colpa, e parlare diventa un dovere civile, un imperativo categorico».
Lo spettacolo teatrale
Durante la serata c’è stato spazio anche per l’arte teatrale, nella consapevolezza che questa può farsi veicolo di forti messaggi sociali. Ad andare in scena è stato lo spettacolo «PERFIDO. PER sFIdarli Dobbiamo impegnarci», interpretato dagli studenti dell’istituto tecnico Martini sull’infiltrazione ‘ndranghetista nell’area del porfido e realizzato sotto la guida di Federica Chiusole e Alessandra Evangelisti.
«Esprimo grande affetto a questi ragazzi che hanno portato in scena questo spettacolo. Ci aiutano a riflettere, a scendere in profondità, a prendere conoscenza e coscienza del problema», il commento di don Ciotti. Che ha concluso: «Ricordatevi che il male esiste, ma va affrontato. Il primo passo è riconoscerlo e nominarlo. Dobbiamo avere coraggio e guardare un po’ dentro di noi».