Il ricordo
sabato 30 Settembre, 2023
di Tommaso Di Giannantonio e Davide Orsato
«Un bravo ragazzo». Per molti che l’hanno conosciuto, Federico Pezzè, 22 anni, rimarrà così: lo studente coscienzioso e dagli ottimi voti, timido, schivo, e con una cerchia di amici molto affezionata. È difficile, difficilissimo per chi ha avuto a che fare con questo ragazzo, parlarne oggi. È una della due persone morte nell’incidente di giovedì sera. E, secondo i primi riscontri, su di lui grava allo stesso tempo, l’accusa di aver viaggiato a velocità altissima, si parla addirittura di 150 chilometri orari, in una strada urbana dove il limite è cinquanta. Sono dati oggettivi, che dovranno essere chiariti da chi è impegnato nella ricostruzione dell’incidente. Ma prima, prima del terrificante boato in via Venezia, c’era una persona, giovanissima come l’altra vittima dello schianto. Federico Pezzè, 22 anni, aveva vissuto la sua intera vita a San Donà, poco metri più a monte del luogo dell’incidente. Era figlio unico: lascia la madre, Marilisa Beltrame, viceprocuratrice generale della Corte dei Conti, impegnata nella capitale dopo essere stata magistrata a Catanzaro e a Trieste, e il padre, Alessandro Pezzè, avvocato civilista specializzato in diritto d’impresa. Federico aveva scelto di seguire le orme dei genitori: studiava giurisprudenza, era al terzo anno e se le cavava molto bene. Ieri, il dipartimento universitario, come da prassi, ha inviato una lettera di condoglianze ai familiari. Federico aveva le sue passioni, che coltivava, c’era la moto, certamente, lo contraddistingueva anche nelle foto dei suoi profili social. Ma c’era anche un interesse, genuino, per la cultura classica. Matteo Taufer è stato il suo docente di latino e greco al liceo classico Giovanni Prati. «È stato un mio allievo per tutto il triennio, dal 2017 al 2020. Ho un ottimo ricordo di lui. Era uno studente dedito alla materia, serio, con notevoli abilità nel tradurre i testi antichi dal greco e dal latino – racconta – era un ragazzo a modo, non esuberante, con capacità decisamente oltre la media». Federico aveva concluso le sue superiori nel pieno della pandemia. L’esame di maturità fu cambiato in corsa. «Lui scelse di portare alcuni dei brani più difficili. Si cimentò in un testo intricato di Sant’Agostino, in particolare di un passo sulla teurgia. Fece una bella figura anche nell’esame conclusivo». Poi il ragazzo aveva intrapreso il percorso universitario «Lo avevo rivisto questa estate per caso – prosegue il suo ex professore – e mi ha parlato del progresso dei suoi studi. È veramente una notizia terrificante – conclude – che colpisce tutti e lascia senza parole». E non è un caso, forse, se mamma e papà hanno scelto proprio una frase di Sant’Agostino per salutarlo definitivamente: «Coloro che amiamo e abbiamo perduto non sono più dove erano ma sono dovunque noi siamo», recita il suo necrologio. Il funerale di Federico Pezzè si terrà già oggi, alle 11, in cimitero. Tempi velocissimi per decisione esplicita della famiglia. A celebrare le esequie ci sarà un sacerdote che ha conosciuto personalmente Federico, don Pietro Rattin, già parroco di Piedicastello, dove vivevano papà e mamma prima di trasferirsi a San Donà di Cognola. «Me lo ricordo come un ragazzo molto bravo a scuola, volenteroso — racconta ora — ma anche, allo stesso tempo, timido e schivo».
Solo lui può sapere, fino in fondo, cosa sia accaduto quella dannata sera di giovedì, quando ha posto fine alla sua vita e a quella dei una sedicenne che sognava di fare l’artista. Federico viaggiava velocemente. Stava per tornare a casa. Meno di un chilometro, un minuto o poco più, e ci sarebbe arrivato. Anche correndo meno.