La storia
domenica 8 Ottobre, 2023
di Francesco Morandini
Ha 93 anni, una soglia in cui l’età non si nasconde, anzi si rivendica. Maria Varesco, per tutti la «Mariota da Mont», ci accoglie nel bar dell’hotel Torretta di Bellamonte, oggetto dell’ultimo ampliamento dell’albergo che ha rilevato nel 1963, e che gestisce assieme alle figlie Rita e Donatella.
La vista scarseggia, ma non la vivacità che segna anche il suo confronto con la figlia Rita su qualche particolare della propria storia. La Mariota è l’ultima rimasta di 8 figli di Gustavo, quel «Nonno Gustavo», (che ha dato il nome al noto museo realizzato dal figlio Rinaldo) sposatosi nel 1924 con Maddalena Volcan di Moena proveniente da una famiglia che gestiva anche l’ospizio di S. Pellegrino, i Monzoni e altri rifugi fassani oltre al rifugio Passo Lusia dove Maddalena lavorava.
Dall’unione nacque Alberto che morì a pochi mesi, come il figlio che Maddalena diede alla luce subito dopo e che chiamò ancora Alberto: due figli con lo stesso nome morti entrambi fra il 1926 e il ’27. Nel ’28 nacque Rinaldo, nel ’29 Irene seguita da Maria nel ‘30, e tre anni dopo dai gemelli Mario e Luigi. Una famiglia, quella dei «Gustavi» che ha fatto la storia del turismo di Bellamonte, accompagnata da difficoltà e tragedie come la scomparsa di Paolo nel 1994 a 23 anni sotto una slavina a pochi metri dalla cima del Monte Bianco.
Una storia iniziata con il nonno Basilio che a fine ‘800 aprì un’osteria, seguita nel 1898 dall’albergo Stella alpina che non riuscì però a completare per un infarto che lo colpì mortalmente a 36 anni. Nel ’24, tornato dalla guerra lo prese in mano il figlio Gustavo. Era una locanda con la sosta dei cavalli, un punto di riferimento per l’alpe del fieno com’era chiamata un tempo la frazione. «Nel ‘39 – racconta Mariotta – l’ampliò con due appartamenti. Dopo la guerra c’era bisogno di alloggi per i lavoratori della diga e di una scuola per i loro figli. Così Gustavo, che era in Comune, andò a alla Pia Opera diocesana di Trento a chiedere un insegnante».
La storia della Mariotta albergatrice iniziò nel 1955 all’età di 25 anni, quando prese a gestire quello che era diventato l’albergo Stella alpina con le sorelle Maddalena e Irene. E gli uomini? Facevano i «caradori», e il fieno, «circa 700 quintali a falce – ricorda Maria – sfalciavano anche Viezzena e lo vendevano ai tedeschi».
Ma il suo rapporto con l’ospitalità iniziò ben prima. «Io avevo fatto la scuola alberghiera – racconta – alla quale era stata chiesta una cameriera per alcuni mesi da una famiglia di Milano. Nessuno voleva andarci, non avevamo visto nemmeno Cavalese. Io mi sono detta: devo morire in queste quattro montagne? Così sono finita a Milano a servizio da Susanna e Margherita Agnelli. Dovevo starci un mese per sostituire il maggiordomo in attesa di una operazione, che morì purtroppo di peritonite. Così sono rimasta lì 14 mesi prima che trovassero un sostituto».
Quando tornò a Bellamonte alcuni albergatori sollecitarono nonno Gustavo a trasformare gli appartamenti in albergo. «Macchè albergo, disse mio padre, non se ne parla proprio, so quello che incasso con gli appartamenti. ”Devi lasciarmi fare un albergo -gli dissi – sennò io vado a Milano”, da dove continuavano a scrivere a mio padre, perché io non intendevo continuare ad andare nei prati e campi con i miei fratelli. Così mi lasciò provare, furono eseguiti i lavori necessari, ma temeva che facessi debiti. A fine stagione gli chiesi: quanto prendevi degli appartamenti? Eccoteli dissi, glie ne diedi tre volte tanto e restò anche la mancia per noi donne».
Così lo Stella alpina divenne definitivamente albergo che Maria Varesco condusse fino al 1961 avviando anche la gestione della Casetta in Canadà di proprietà di un suo cliente. «Era il primo cliente dello Stella Alpina e mio padre mi convinse, quando mi sono sposata, a gestirlo allorché restò improvvisamente senza personale». Ma lo sguardo era già sulla «Torretta» in aria di essere venduta. Si trattava originariamente di una villa costruita a fine ‘800 da Vitale Demattio. Acquistata nel 1929 dal generale Astuti, «Villa Maria» venne rilevata dalla Smirrel, la società che ottenne l’appalto della costruzione della diga di Fortebuso, per sistemare lo staff tecnico, mentre gli operai venivano collocati in baite e case nei pressi della diga. Fu così che venne battezzata «pensione Maria». «Non volli coinvolgere la mia famiglia, andai in banca e chiesi un prestito di 20 milioni con la mia sola firma. Me lo diedero».
Era appena nata Rita, era il giugno del ’63 e a dicembre nella Torretta nacque Donatella, la seconda figlia. Ci vollero più di 15 anni per ottenere l’autorizzazione ad ampliare l’albergo, ricorda Maria Varesco, fra ostacoli posti dall’amministrazione comunale e vicissitudini familiari che portarono alla separazione dal marito Aldo Dallabona e a causa delle quali le figlie vissero per tre anni a Trento a Maria bambina dove frequentarono le scuole medie. Una vicenda drammatica che Rita e Mariota raccontano con serenità. «In attesa della separazione il papà mi convinse a mantenere l’azienda e fare solo la stagione estiva, il Natale, Pasqua e carnevale e il resto dell’anno lo trascorsi a Trento vicino alle figlie». Dopo la metà degli anni ’70 tornarono a Bellamonte e ripartirono. Rita frequentò la scuola alberghiera e partì per la Germania per imparare il tedesco, nel ’79 aprirono una dependance e nell’81 l’ampliamento più consistente, che portò la struttura alle dimensioni attuali, cui ne seguirono altri per la sala da pranzo e bar nel ’96 e nel 2001. Un albergo acquistato 60 anni fa da una donna, e oggi guidato da tre donne.
Il 25 luglio scorso, festa patronale, la comunità e l’amministrazione di Predazzo hanno festeggiato la «Mariota da Mont», «donna tenace e di classe, pioniera nel campo del turismo», recita tra l’altro la targa consegnatale dall’amministrazione comunale assieme all’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica conferitale lo scorso novembre dal presidente della Repubblica Mattarella.
L'intervista
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